Nome: John Kerry
Nazionalità: Statunitense
Data di nascita: 11 dicembre 1943
Ruolo: Inviato Speciale per il Clima dell’Amministrazione Biden
Formazione e primi impegni politici
John Kerry nasce da una famiglia di origini europee e borghesi. I nonni paterni sono infatti di origine austriaca e nel 1900 si trasferiscono negli Stati Uniti cambiando il nome da Kohn – Lowe in Kerry, negli anni seguenti in nonno paterno diverrà un affermato uomo d’affari per poi morire tragicamente nel 1921. Ancora più borghese può definirsi la famiglia della madre essendo il nonno paterno un banchiere di fama internazionale e appartenente alla famiglia Forbes. Il padre di Kerry, Richard John, è stato un collaudatore dell’aeronautica durante la Seconda Guerra Mondiale e un diplomatico del Dipartimento di Stato.
Laureato nel 1966 in Scienze politiche a Yale, già negli anni dell’università si mostra un sostenitore dei democratici ed in particolare della figura di Kennedy (suo amico) per cui tiene il suo primo discorso politico nel 1960 in occasione della sua campagna presidenziale.
Uno dei tratti distintivi di quegli anni è stato il fervido antimilitarismo ed una forte critica all’intervento statunitense in Vietnam che va tuttavia ad affiancarsi a quasi dieci anni di servizio nella U.S. Navy. Kerry infatti ha prestato servizio come volontario in Vietnam tra il golfo del Tonchino ed il delta del Mekong distinguendosi per le sue azioni e rimanendo ferito più volte. Nel 1969 torna negli Stati Uniti come pluridecorato (Medaglia di Bronzo, D’argento e Cuore di porpora) per congedarsi nel 1972 e rimanendo nella riserva fino al 1978. Come detto, all’impegno attivo nelle forze armate si affianca un pensiero antimilitarista che lo vede nel 1971 tra gli organizzatori della manifestazione pacifista contro l’invasione del Laos e come testimone per l’inchiesta sui crimini di guerra statunitensi nel Sud-Est Asiatico.
Carriera politica
Per due anni a partire dal 1983 è vicegovernatore di Dukakis nel Massachusetts per essere eletto nel 1985 come senatore di tale Stato che lo ha visto in carica fino al 2013 quando fu scelto da Obama come Segretario di Stato al posto di Hilary Clinton per poi lasciare il posto nel 2017 a Rex Tillerson della neo Amministrazione Trump.
I principali punti della sua agenda politica spiegano come, sin dagli anni ’80, abbia ottenuto determinate nomine alle diverse commissioni del Senato e presso le amministrazioni democratiche. Da sempre è infatti sostenitore di politiche che puntano ad una riduzione della dipendenza degli Stati Uniti da fonti di energia non rinnovabili, di un’espansione della copertura sanitaria pubblica e privata e dei matrimoni civili per coppie omosessuali. Di notevole interesse è il pensiero che lega istruzione gratuita e servizio militare, Kerry infatti è stato sostenitore di un percorso gratuito di quattro anni per chi avesse effettuato almeno due anni di servizio militare. Su quest’ultimo propose invece una suddivisione tra servizio militare obbligatorio e volontario.
Guardando alla sua agenda si comprende il perché nel corso degli anni abbia assunto determinate cariche come, per ben tre volte, quella di Presidente della Commissione Piccole e Medie Imprese tra il 2001 ed il 2008 (va ricordato come sia considerato uno dei politici più ricchi degli Stati Uniti) e della Commissione Esteri fino al 2013. Proprio nel 2013 lascia il suo ruolo di presidente alla Commissione Esteri per subentrare in quello di Segretario di Stato dell’Amministrazione Obama-bis.
Il punto più controverso della sua carriera da senatore è stato l’appoggio all’invasione dell’Iraq nel 2003 nonostante il suo esplicito dissenso a tale approccio preferendovi l’invio di truppe dell’ONU.
La corsa alla presidenza del 2004
Il 2004 è stato uno il banco di prova decisivo per l’Amministrazione Bush Jr. Dopo i controversi risultati in Florida del 2000, i quattro anni seguenti sono stati tra i peggiori vissuti dagli Stati Uniti dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Segnati dall’attacco al World Trade Center, gli Stati Uniti hanno avviato in rapida successione due campagne militari in Afghanistan e Iraq e quella che venne definita “Guerra al terrorismo”. A ciò si è aggiunto un “set-back” in termini di privacy e diritti dei cittadini con l’approvazione del Patriot Act a fine 2001 che ha fatto parlare di una vera e propria limitazione della libertà d’espressione. Il clima delle presidenziali del 2004 era quindi molto complesso con un Paese ancora ferito per gli attacchi di tre anni prima e diviso tra una linea dura verso le minacce esterne e una di forte criticismo verso l’aggressività delle politiche interne ed estere dell’Amministrazione Bush. Il tema della campagna elettorale verteva inevitabilmente sui principali temi di politica estera e di contrasto al terrorismo.
Durante le primarie del 2004 Kerry sbaraglia di fatto tutta la concorrenza democratica ma le elezioni sono a favore di Bush che vince con un minimo scarto nello stato dell’Ohio mentre i democratici perdono negli stati chiave di Florida e Iowa oltre a vedere il passaggio ai repubblicani del New Mexico.
La nomina a “Inviato speciale per il clima”
Con la vittoria di Joe Biden (suo predecessore alla presidenza della Commissione Esteri del Senato nel 2009) Kerry è stato recentemente nominato Inviato Speciale per il Clima che, dato il suo curriculum sulle tematiche ambientali, lo rende uno dei soggetti più adatti a tale ruolo.
Nel 2015 è stato infatti uno dei personaggi chiave per gli accordi sul clima di Parigi. Questo elemento è forse il più importante dato che la precedente amministrazione ha formalmente abbandonato tali accordi il giorno dopo le elezioni del novembre 2020. Il nuovo corso ha tra gli obiettivi un riallineamento con determinati standard in materia di politiche climatiche ed ecologiche e la figura di Kerry è perfetta per poter di nuovo rientrare nel quadro degli accordi del 2015 nel modo più rapido e fluido possibile. In tema di clima nel corso degli anni Kerry è stato inoltre promotore di diverse iniziative in tema di legislazione per la lotta al cambiamento climatico ed è stato il fondatore dell’organizzazione World War Zero che raccoglie leader politici, militari e stelle dello spettacolo di tutto il mondo per la lotta al climate-change a prescindere dalle loro posizioni politiche. Nello specifico le iniziative ambientaliste promosse e sostenute nel corso degli anni da John Kerry hanno riguardato la salvaguardia degli oceani, la riduzione delle emissioni degli idrofluorocarburi e di carbonio e la lotta contro la proliferazione nucleare.
La scelta di Biden è stata quindi ben veicolata dal curriculum di Kerry in quanto il presidente eletto potrà contare non solo su un uomo di lunga esperienza politica al suo fianco, ma su un esperto in materia di politica estera e di cooperazione internazionale su temi che hanno profondamente danneggiato l’immagine degli Stati Uniti durante l’ultimo mandato presidenziale tanto sul fronte interno quanto su quello esterno. Politiche ambientaliste ben ponderate e sponsorizzate da un volto “affidabile” di un uomo dalla lunga tradizione ambientalista sono una mossa che potrebbe dare i suoi frutti verso quella parte di elettorato (e soprattutto della società) che ha maturato una sfiducia sempre più profonda verso le istituzioni. Il tessuto sociale degli Stati Uniti è, ad oggi, attraversato da numerose fratture (molte delle quali di tipo conflittuale) che necessitano di essere sanate e politiche vincenti sui temi ambientali potrebbero essere uno di quei passi necessari (ma non sufficienti) per riavvicinare una certa parte della società alle istituzioni.
Sul piano internazionale il ritorno ad una politica di cooperazione più ampia riaccrediterebbe in parte l’immagine degli Stati Uniti soprattutto verso gli alleati storici. Questi infatti sono anche tra i paesi che più di tutti stanno spingendo verso una maggiore sostenibilità ambientale e la ricomposizione delle fratture su questo campo porterebbe di nuovo un terreno comune di dialogo per un riavvicinamento più estensivo. In generale sul piano internazionale ciò potrebbe comportare una riabilitazione di un’immagine “positiva” degli Stati Uniti quali promotori di un progresso sostenibile anche verso quei paesi che ad oggi soffrono maggiormente del cambiamento climatico come quelli in via di sviluppo.
Si può quindi affermare che se Biden vuole ricostruire l’immagine degli Stati Uniti come leader internazionale “positivo” e al contempo risanare le profonde fratture sociali che si sono acuite negli ultimi anni, deve affidarsi a collaboratori non solo esperti ma anche credibili agli occhi esterni all’Amministrazione e l’ex-senatore John Kerry potrebbe essere una pedina essenziale della prossima presidenza degli Stati Uniti.
Emanuele Appolloni,
Geopolitica.info