I water conflicts sono conflitti nati da una cattiva gestione o divisione dell’acqua tra gruppi etnici o Stati. Per conflitto si intende uno scontro di breve o lunga durata in cui attori di diverso tipo competono per una determinata risorsa utilizzando metodi violenti e non. Questi scontri possono emergere anche da competizione per le risorse idriche.
L’ex Presidente del Consiglio italiano Paolo Gentiloni, in un’intervista a Globe Italia del 2015, ha sottolineato questo legame stretto che intercorre tra acqua e conflitti affermando come l’assenza di risorse, di mezzi di sostentamento e la predominanza di catastrofi ambientali possano costituire potenziali moltiplicatori di guerre ed ostilità. Dopo aver esaminato il ruolo importante di water grabbing e land grabbing come possibili cause scatenanti dei water conflicts, si è approfondito il loro impatto su due Stati africani: Nigeria e Mali. Negli ultimi anni si è assistito sui loro territori a un incremento di conflitti tra i vari gruppi etnici per il controllo delle risorse idriche; causa ne è la costruzione di dighe e canali di irrigazione che porteranno a una riduzione della disponibilità d’acqua del fiume Niger e del Lago Ciad. In conclusione si è analizzato se esiste un modo per individuare in anticipo gli hotspot dei water conflicts prima che essi si verifichino grazie all’utilizzo di strumenti scientifici come il Global Early Warning Tool.
Water Grabbing e Land Grabbing
Sul continente africano si sta assistendo al progressivo diffondersi di due fenomeni che possono favorire la nascita di conflitti idrici: il Water Grabbing e il Land Grabbing. Con il termine Water Grabbing (accaparramento dell’acqua) si intendono casi in cui attori potenti (Stati, signori della guerra o compagnie di estrazione) sono in grado di deviare o prendere il controllo di risorse idriche sottraendole a comunità locali o ad altri Stati la cui sopravvivenza si basa su di esse. Si parla invece di Land Grabbing (accaparramento delle terre) quando multinazionali o nazioni straniere si appropriano di terreni fertili per destinarli alla produzione alimentare o energetica. Si tratta spesso di coltivazioni situate in Paesi in via di Sviluppo, estensive e richiedenti ingenti quantità di acqua che vengono così sottratte al territorio e alle popolazioni locali. La combinazione di questi due fenomeni può avere conseguenze devastanti: molte famiglie sono cacciate dalle loro abitazioni per far posto alle grandi dighe e, per l’inquinamento delle falde acquifere per scopi industriali, sono costrette ad emigrare dalle terre di origine. Paesi come Kenya, Somalia ed Etiopia hanno visto milioni di cittadini esposti ad una grave insicurezza alimentare a causa della siccità che metterà a dura prova non solo il continente africano ma, come conseguenza dei maggiori flussi migratori, anche l’Europa. Per coloro che studiano i fenomeni migratori, è chiaro come l’acqua sia una delle principali cause ambientali che influenzano la mobilità e che più risentono del cambiamento climatico. Attualmente quasi 1 miliardo e mezzo di persone risiedono in Paesi con poca disponibilità d’acqua e le previsioni indicano che tra circa vent’anni tale numero potrà raddoppiare.
Due casi specifici: Nigeria e Mali
Secondo le previsioni dell’IPCC in Africa subsahariana si verificheranno sempre più frequenti periodi di siccità. Con l’avanzare della desertificazione, il controllo e l’accesso all’acqua assumeranno un ruolo sempre più importante nel panorama geopolitico africano. Il prelievo dell’acqua a monte di un fiume può incidere sulla disponibilità d’acqua per i Paesi a valle in termini di quantità e qualità. Questo perché, se il Paese a monte introduce fertilizzanti o prodotti tossici, il Paese a valle ne risentirà; da ciò possono nascere tensioni fino a veri e propri conflitti armati. In Nigeria la desertificazione che ha colpito il Lago Ciad ha portato a tensioni tra gli agricoltori e i pastori seminomadi di etnia Fulana per il controllo delle risorse idriche. Nel giugno del 2018 le tensioni si sono tramutate rapidamente in veri atti di guerriglia, già definibili come water conflicts, che hanno causato la morte di 86 agricoltori nigeriani. L’attacco, condotto da un gruppo di pastori nomadi, è avvenuto in alcuni villaggi nella regione di Barikin Ladi dello stato di Plateau.
Solo nel 2018, il conflitto tra pastori e agricoltori ha causato la morte di quasi mille persone. Negli ultimi tempi il governo nigeriano ha cercato di adottare misure per scongiurare ulteriori bagni di sangue: chiusura delle frontiere per impedire infiltrazioni di bande criminali tra i pastori Fulani e un aumento di aiuti economici per risolvere e prevenire i conflitti. Nonostante gli sforzi, queste soluzioni non hanno avuto l’effetto sperato e nel Paese la situazione pare indecifrabile. Anche la regione del Sahel che attraversa il Mali è dilaniata da continui atti di guerriglia tra pastori Fulani seminomadi del nord e gli agricoltori di etnia Dogon del sud. Si combatte per il controllo delle risorse idriche sempre più scarse a causa della desertificazione e di un incontrollabile aumento demografico. In passato il rapporto tra pastori e agricoltori era sì fragile, ma funzionante, visti i frequenti scambi di bestiame e prodotti agricoli. Oggi il legame si è dissolto: la cooperazione è stata sostituita da ostilità e scontri per il controllo di terre e risorse idriche. Come quello nigeriano, anche il governo del Mali si è dimostrato impreparato ad affrontare questa guerra.
Il ruolo del Global Early Warning Tool nel prevenire i water conflicts
Nel 2018 è stata fondata la partnership Water, Peace and Security (WPS) che ha introdotto servizi e strumenti innovativi per individuare e affrontare i rischi legati alla scarsità d’acqua e il più importante è il Global Early Warning Tool. Esso nasce come mappa interattiva (random forest model) in grado di combinare e analizzare variabili ambientali e socioeconomiche, allo scopo di prevedere, con una percentuale di successo dell’86%, le aeree del mondo a maggior rischio di water conflicts. Per arrivare a queste conclusioni, il modello fornisce costantemente informazioni come quelle riguardanti lo stress idrico (rapporto tra i prelievi d’acqua e le risorse idriche disponibili), la tensione idro-politica (mappatura di bacini idrici ad alto rischio di conflitti per il controllo delle risorse idriche) e il rischio di inondazione fluviale (percentuale di popolazione con più probabilità di essere colpita da inondazioni in un determinato anno). Secondo i dati analizzati, Nigeria e Mali sono tra i Paesi più a rischio di water conflicts. Jessica Hartog, dell’International Alert, partner del WPS, si dice preoccupata dei piani di costruzione di dighe e canali diirrigazione in Mali che porteranno ad un’ulteriore diminuzione della disponibilità d’acqua del fiume Niger per oltre un milione di persone che popolano le sue rive. Susanne Schmeier, docente di Diritto delle Acque e Diplomazia all’IHE Delft, afferma come diventi molto difficile trovare soluzioni in caso di escalation dei conflitti. I water conflicts locali, prosegue, sono difficili da contenere perché peggiorano rapidamente e possono avere impatti negativi sulla sicurezza idrica favorendo circoli viziosi di violenza. Il Global Early Warning Tool deve essere utilizzato maggiormente dagli attori politici al fine di avere una maggiore consapevolezza della minaccia reale legata a una cattiva gestione dell’acqua. È necessario agire tempestivamente per prevenire l’escalation dei water conflicts e trasformare l’acqua da fonte di conflitti a strumento di pace e cooperazione.