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TematicheItalia ed EuropaA Washington, Mītsotakīs svela forza e debolezze di Ankara

A Washington, Mītsotakīs svela forza e debolezze di Ankara

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La visita del Premier greco negli Stati Uniti avviene in un momento cruciale. La posizione turca, chiusa fra una feroce necessità di energia, un difficile equilibrismo fra Russia ed Ucraina e fra Atlantico ed Eurasia, è di strumentale opposizione nei confronti dell’accesso di Svezia e Finlandia alla NATO. La Presidenza turca ne aveva esplicitato le diverse motivazioni, tra le quali aveva annoverato anche il suo precedente assenso all’accesso greco alla NATO, definito “un errore” viste le risalenti “animosità” greche verso la Turchia. Difficile che dal Premier greco in visita a Washington non arrivassero risposte, che infatti sono state regolarmente consegnate – sebbene da Mītsotakīs la Turchia non sia mai stata esplicitamente nominata.

Analizziamo i punti di maggiore interesse dell’intervento del Premier greco presso il Parlamento statunitense del 18 maggio, come riportati dalla stampa greca (citazioni fra « ») che attinge da fonti governative:

  • LA QUESTIONE ENERGETICA: la questione energetica è emersa al principio, con un ineffabile rimando alla Grecia quale «potenza leader nei Balcani e nel Sud-Est Europeo. Un Paese centro di stabilità, diritto, sicurezza e sviluppo. Un Paese che mantiene le chiavi della pace e della stabilità energetica nella ”regione allargata” (wider region)”». Una presentazione importante e piena di contenuti, molto varia e soprattutto di aperta sfida alla presenza di Ankara. Perchè se Mītsotakīs parla apertamente nel centro decisionale statunitense di Paese che “mantiene le chiavi della pace e della sicurezza energetica”, il riferimento ad un suo ruolo di gestione centrale (le “chiavi”) dei flussi dal Mediterraneo orientale è evidente. Si è più volte analizzata l’importanza dei progetti di connessione fra Israele ed il continente attraverso Cipro e, appunto, la Grecia, dai quali tuttavia gli Stati Uniti avevano ritirato la propria partecipazione (Eastmed). Ankara aveva attivato un TurkStream capace di apportare gas russo verso la Bulgaria e da lì al resto d’Europa. L’importanza di questo connettore “greco centrico” è massima proprio per Atene e Nicosia, che agirebbero in partnership con Israele, un Israele col quale la Turchia ha mantenuto rapporti deteriorati. La necessità di  riavvicinamento fra Ankara e Tel Aviv ha portato la Presidenza turca ad un incontro col Presidente israeliano Herzog lo scorso 9 marzo. Difficile non vedere una connessione con la questione energetica. Il Presidente israeliano aveva lasciato Ankara asserendo che le relazioni fra i due Paesi si sarebbero giudicate dai fatti, e che questi stessi avrebbero dovuto riflettere mutuo rispetto e rendere entrambi i Paesi capaci di meglio affrontare le sfide comuni a livello regionale e globale. Una dichiarazione quantomeno disillusa e generica. A questo primo incontro ai massimi livelli avrebbe dovuto seguirne uno il mese dopo, in Israele, fra i Ministri degli Affari Esteri Çavusoglu e Lapid, per (parola di Herzog) «parlare di quei meccanismi e dell’agenda che tu (Erdogan, ndr) hai ampiamente descritto in ogni campo». L’incontro si terrà il 24 prossimo venturo;
  • REVISIONISMI E RUSSIA: “revisionismo” è un termine sul quale Mītsotakīs ha fatto riferimento in modo deciso e con un evidente rimando alle posizioni di Ankara sulle frontiere marittime e sulla sua proiezione mediterranea (c.d.  dottrina della ”Patria Blu”), con ulteriore e subitaneo passaggio ai  «sorvoli di isole abitate» e (ecco il punto più spinoso) a Cipro ed alla inaccettabilità «da parte di nessuno» della soluzione dei due Stati, argomenti legati dal filo logico del tema dell’aggressione – introdotta con un rimando ai fatti di Ucraina. Secondo Mītsotakīs, i «segnali di avvertimento e le azioni da parte russa con l’annessione della Crimea» sono stati ingenuamente ignorati e che, pur non nutrendo i Greci alcuna animosità verso il popolo russo, questi non possono restare indifferenti di fronte «a un’agonia che ci ricorda la nostra stessa agonia per la libertà». Aggiunge poi che i Greci sanno cosa vuol dire affrontare un’invasione, non soccombere al fato, e riconoscere il valore degli alleati “senza i quali non ci sarebbe stata la riconquista della libertà”.

Questo passaggio merita specifica attenzione. Al di là del rimando classico (al fato), i riferimenti alle altre storie contemporanee sono chiarissimamente la dichiarazione di fedeltà greca all’asse atlantico, con non troppo velato rimando al desiderio di prendere in eredità lo scettro che era turco. Lo spazio garantito a Mītsotakīs stride fortemente con l’indifferenza con la quale il Governo Biden sta trattando l’Esecutivo turco. Mītsotakīs questo lo sa benissimo, e propone la Grecia come partner naturale degli Stati Uniti  (anche per ragioni culturali – direi quasi antropologiche – che emergono come piccole antologie qua e là durante l’intero discorso e che sono tipiche del sentire nazionale ellenico, soprattutto quando di mezzo ci sono “gli asiatici”. E’ un evergreen greco dai tempi delle Guerre Persiane). A quale agonia fa riferimento il Premier greco? Probabilmente all’indipendenza del suo Paese, del quale si è da poco celebrato il secondo centenario, frutto naturalmente di un cruento percorso di conflitto. E qual è l’invasione  alla quale fa riferimento? Vengono in mente due eventi: l’attacco italiano della Seconda Guerra mondiale (al quale però sembra azzardato volersi riferire) e quello di Cipro, ammesso che con “Greci” si intenda un’ etnia e non un’ appartenenza statuale: se così fosse, l’affondo di Mītsotakīs sarebbe inaudito e molto sfidante nei confronti di Ankara. Il riferimento palese a Cipro viene comunque fatto, subito dopo, seguito dall’invito del premier graco a prendere in considerazione la situazione del Mediterraneo orientale al momento di scegliere se inviare forniture militari (esplicito rimando alla richiesta turca di forniture di mezzi aerei) e di voler risolvere ogni situazione col solo strumento del diritto internazionale. Mītsotakīs parla anche di Odessa, di Kiev come dei luoghi “dove l’idea di una rivoluzione è nata”. Il riferimento? Non certo alla rivoluzione filosovietica di Odessa del 1917, ma alla “Rivoluzione della Dignità” del 2014, seguente ad EuroMaidan. Un rimando ad un concetto, quello di dignità, di fortissimo valore simbolico (se non esoterico).

In sintesi, e per usare un ellenismo, la Grecia si sente al suo apogeo e spera in un consolidamento dei rapporti con Washington che porti ad un cambiamento di paradigma nelle politiche statunitensi nel Mediterraneo Orientale. Atene vuole essere il centro dei nuovi interessi, gestire da azionista di maggioranza Cipro, screditare la Turchia e rilegarla in una zona periferica degli interessi NATO. In questo, elabora una descrizione delle debolezze di Ankara: isolamento da Washington e problemi nello spiegare alla Russia la vendita dei droni all’Ucraina. Ankara è tanto preoccupata che a marzo aveva mandato  in missione in Russia un dirigente dell’AKP a spiegare che la Turchia non aveva idea del fatto che i droni sarebbero stati usati contro i Russi e che  l’appartenenza alla NATO era un errore. Ma in una situazione di tanto doloroso isolamento, il Premier greco elabora “a contrario” un disegno della forza di Ankara: in primis, il fatto che nessuno smuoverà l’Anatolia da dove si trova, e che le mosse statunitensi verso la Turchia (volte a spingere Ankara a rompere con la Russia, smettere i flirt con altri attori sgraditi della regione e tornare in linea) potranno essere solo tattica ma non strategia, perchè se la Turchia ha bisogno degli Stati Uniti, questi e la NATO hanno un enorme bisogno della Turchia, che tanto sta soffrendo ma tanto potrebbe anche minacciare di togliere all’asse occidentale.

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