La creazione di una robusta architettura regionale di sicurezza, che veda Israele integrato con altri partner USA nella regione è stato uno dei temi della visita di Biden in Medio Oriente. Gli equilibri stanno subendo significativi mutamenti: la firma degli Accordi di Abramo, l’istituzionalizzazione del Negev Forum e la maggior integrazione economica e militare di Israele con paesi arabi crea in ambito di difesa la possibilità di portare avanti un progetto di maggiore integrazione regionale, auspicata dagli USA. Molti sono però ancora gli ostacoli verso una cooperazione ufficialmente dichiarata ed istituzionalizzata tra tutti i partner USA ed ancora più complessa risulta al momento la creazione di un’alleanza militare tra Israele ed i paesi arabi.
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L’incontro del Comitato direttivo del Negev Forum a Manama: istituzionalizzazione e multilateralismo in tema di sicurezza regionale
Dopo lo storico Negev Summit a marzo 2022 a Sde Boker che ha portato alla creazione del Negev Forum, come framework permanente per la cooperazione regionale, il 27 giugno in Bahrain a Manama si è riunito il primo comitato direttivo, a cui hanno partecipato i rappresentanti di Israele, Bahrein, Egitto, Marocco, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti. L’obiettivo principale, ribadito nel comunicato finale, è un maggior coordinamento degli sforzi collettivi e l’avanzamento di una visione comune e condivisa per la regione. “Il meeting dimostra la forza dei nostri rapporti, il nostro impegno comune a cooperare e le importanti opportunità derivanti dal miglioramento delle relazioni tra Israele ed i suoi vicini”, si legge nel comunicato finale. Vengono inoltre individuati sei temi per i gruppi di lavoro: energia pulita, istruzione e convivenza, sicurezza alimentare e delle fonti idriche, salute, sicurezza regionale e turismo. Il tema della cooperazione nell’area della sicurezza è particolarmente sentito da Israele, come dimostrano le dichiarazioni antecedenti al summit del generale israeliano Oded Joseph, Foreign Ministry Deputy Director: “Vediamo in questo meeting la possibilità di formulare l’architettura regionale[…]. La presenza della delegazione americana è molto importante, così come l’arrivo del presidente Biden nella regione”.
Yael Lempert, del Dipartimento di Stato USA, ha dichiarato che gli USA stanno cercando di costruire un framework regionale e di portare avanti iniziative tangibili, che sostanzino il Negev Forum: “Si tratta di un approccio olistico per creare una nuova architettura che porti dei risultati significativi”.
Possiamo quindi inserire il Meeting di Manama nel quadro più ampio che vede Israele come punto centrale per la nuova architettura regionale del Medio Oriente, nell’ottica USA di sviluppare un nuovo equilibrio, anche visto il ritiro dall’Afganistan e lo stallo dei negoziati con l’Iran per il rinnovo dal JCPOA. Un punto di svolta, come sottolineato anche dal generale Joseph, è il format multilaterale in tema di sicurezza: in passato Israele ha cooperato con altri paesi arabi solo a livello bilaterale e/o non pubblicamente, vista la mancanza di relazioni diplomatiche. Il Negev Forum porta alla luce i rapporti già esistenti, in una cornice multilaterale ed istituzionalizzata e quindi è un passo avanti nel progetto a guida USA.
Middle East Air Defense Alliance: a che punto è la cooperazione tra Israele e paesi arabi?
Il 20 giugno, alla Knesset, il ministro della difesa israeliano Gantz ha parlato dell’esistenza di un progetto, a guida USA, per rafforzare la cooperazione nell’area della difesa tra Israele e paesi arabi, per contrastare le minacce aeree provenienti dall’Iran ed ha denominato il progetto Middle East Air Defense Alliance, aggiungendo che “è operativo e ha già contrastato dei tentativi iraniani”. Secondo il NYT il 15 marzo 2021 Israele avrebbe abbattuto due droni prima che entrassero nei suoi confini grazie al permesso di entrare nello spazio aereo di un vicino paese arabo. La minaccia di droni e missili provenienti dall’Iran ed alcuni suoi proxies è certamente una minaccia condivisa da Israele e molti dei vicini arabi come EAU, Arabia Saudita ed Iraq e la possibilità di una maggiore integrazione che consenta di coordinarsi sugli early warning potrebbe essere vantaggiosa. Non sono stati rivelati dettagli sui membri di questa alleanza e non ci sono altre conferme ufficiali da parte di altri paesi ma l’ex comandante del CENTCOM McKenzie ha dichiarato a The War Zone che il percorso per arrivare al livello di cooperazione in ambito militare desiderato tra Israele e paesi Arabi è ancora lungo ma il progetto è avviato e non è al primo step. McKenzie non ha confermato nessun episodio specifico ma ha sottolineato la capacità di condividere informazioni sulle minacce emergenti e di cooperare. Per meglio comprendere a che punto si siano infittiti i rapporti tra Israele ed i paesi Mediorientali è illuminante una precisazione di Gantz: ci sono stati circa 150 incontri tra personale della difesa israeliana e controparti regionali, esclusi
Egitto e Giordania, dalla firma degli Accordi di Abramo. Secondo il WSJ a marzo 2022 sarebbe avvento un incontro segreto a Sharm el Sheik, a guida USA, tra vertici militari di Israele, Arabia Saudita, Qatar, Giordania, Egitto, EAU e Bahrein. Al netto delle dichiarazioni e degli incontri, dalla firma degli Accordi di Abramo ci sono stati dei passi avanti notevoli nella cooperazione militare tra Israele ed alcuni vicini. I Memorandum of Understanding con Marocco e Bahrein pongono le basi per una maggiore cooperazione in campo militare e condivisione di informazioni. L’export di armi è un altro importante punto che segna un avvicinamento tra Israele e paesi del Golfo: Israele ha infatti venduto più di 3 miliardi di dollari di armi ai paesi del Golfo e nel 2021 il 7% degli armamenti è andato a paesi firmatari degli accordi di Abramo. In campo di cyber security Israele ha accordi con il Marocco (2021) e collabora con gli Emirati Arabi Uniti, con cui c’è un proficuo scambio di informazioni secondo il Dr. Mohamed al-Kuwaiti, capo della cybersecurity degli EAU. Un passaggio sostanziale per l’integrazione israeliana in un progetto di architettura di difesa regionale è il trasferimento di Israele da EUCOM a CENTCOM nel 2021, che lo pone sotto il medesimo comando degli altri partner USA in Medio Oriente. Nel 2021 Israele, EAU e Bahrein hanno svolto una esercitazione navale congiunta, coordinata dagli USA, nel Mar Rosso; il comandante dell’aeronautica degli EAU, al- Alawi, ha partecipato come ospite all’esercitazione israeliana Blue Flag e nel 2022 Israele ha partecipato per la prima volta all’esercitazione navale IMX, che riuniva 60 partecipanti, tra cui Arabia Saudita e Oman, paesi che non hanno relazioni diplomatiche con Israele. Passi avanti certamente simbolici ma anche concrete spinte verso l’integrazione di Israele e la cooperazione.
La dichiarazione di Gerusalemme e l’incontro a Jeddah con i paesi del GCC +3
Durante la visita di Biden a Lapid in Israele è stata firmata il 14 luglio la Jerusalem U.S.-Israel Strategic Partnership Joint Declaration che, oltre a confermare l’impegno USA verso il Qualitative Military Edge e ad impedire lo sviluppo dell’atomica all’Iran, ne sottolinea la partecipazione alla creazione di una nuova architettura regionale. In particolare, si ribadisce come il Negev Summit sia stato fondamentale per gli sforzi congiunti tra Israele e USA verso la creazione di un nuovo framework regionale in Medio Oriente e si plaude agli sviluppi dell’incontro a Manama. Gli Stati Uniti dichiarano il loro ruolo attivo nel costruire una “robusta architettura regionale”, in riferimento anche alla visita prevista in Arabia Saudita e nel favorire le relazioni tra Israele e tutti i partner del Medio Oriente, sempre in ottica di integrazione regionale. Il 16 luglio, Biden nel discorso tenuto al Summit GCC +3 ha ribadito che gli USA non lasceranno un vuoto in Medio Oriente, ha sottolineato l’impegno per la sicurezza marittima e la libertà di navigazione ed ha parlato di integrazione dei sistemi di difesa aerea e di early warning per contrastare le minacce aeree. Nel comunicato congiunto tra i leader del GCC c’è un punto sull’integrazione in ambito di difesa: i leader hanno discusso di vari modi per sviluppare la cooperazione volta a rafforzare la deterrenza e le capacità di difesa degli stati del GCC, così come a migliorare l’integrazione e l’interoperabilità delle piattaforme di difesa aerea e missilistiche, delle capacità marittime, dei sistemi di early warning e dello scambio di informazioni. Temi condivisi sono la cooperazione per contrastare la crescente minaccia derivante dai droni e dai missili e la cooperazione in ambito marittimo per la libertà di navigazione e la protezione degli stretti.
Impegni generici, senza mai far riferimento ad una cooperazione con Israele, che pur affermando le stesse esigenze di sicurezza israeliane, non lasciano molti spiragli verso la creazione di una alleanza. Se da un lato il Re della Giordania aveva affermato di sostenere l’idea di una NATO Araba, purché avesse obiettivi chiari, il ministro degli esteri si era affettato a chiarire che l’alleanza immaginata avrebbe compreso solo stati arabi e nessuna cooperazione con Israele. Dopo il Summit a Jeddah il Principe Faisal ha negato che ci siano state discussioni in merito ad una alleanza tra GCC e Israele e ha ribadito che non c’è nessun piano di normalizzazione dei rapporti con Israele, nonostante l’apertura dello spazio aereo saudita ai voli civili israeliani: prima di stabilire relazioni diplomatiche è necessaria una soluzione a due Stati tra Israele e Palestina. Anwar Gargash, advisor del leader degli EAU, ha annunciato che gli Emirati sono contrari alla creazione di alleanze che siano contro uno stato specifico (con riferimento ad una alleanza anti-Iraniana ndr). Queste dichiarazioni fanno quindi pensare che, almeno formalmente e nel breve periodo non vi sarà una cooperazione istituzionalizzata in termini di difesa e sicurezza, una alleanza militare tra Israele ed i paesi del GCC, in particolare con l’Arabia Saudita.
Le perspettive attuali del progetto USA per una robusta architettura di sicurezza regionale
Già in passato, l’ultimo tentativo risale a Trump con l’idea della The Middle East Strategic Alliance, gli USA hanno cercato di costruire una architettura integrata di sicurezza in M.O., che coinvolga i diversi partner americani nella regione, senza raggiungere i risultati desiderati. Le recenti dichiarazioni saudite sembrano raffreddare la prospettiva di un possibile avvicinamento Arabia Saudita/ Israele e questo incide anche sul progetto di una architettura di sicurezza integrata. L’idea di una vera e propria alleanza appare un progetto difficilmente realizzabile, almeno nel breve periodo sia per motivi politico/ideologici che per motivi pratici. Per creare un’alleanza militare servono obiettivi chiari comuni, una minaccia comune ed un approccio comune. Attualmente non tutti i partner USA della regione vedono l’Iran allo stesso modo e anche tra quelli che lo individuano come minaccia principale (Arabia Saudita, EAU, Bahrain e Israele) gli approcci su come contrastarlo vanno da una linea più dura ed una più diplomatica. Inoltre, le minacce iraniane verso i paesi che sviluppano relazioni diplomatiche con Israele, sono sia una spinta che un vincolo ad una maggiore cooperazione: molti paesi arabi temono l’Iran ma non sono disposti ad avvicinarsi, almeno pubblicamente, ad Israele proprio per non provocare risposte iraniane. Va anche considerato che parte di questa cooperazione potrebbe avvenire senza essere pubblicamente riconosciuta, restando in quella zona grigia che consente ai paesi arabi di non arrivare ad uno scontro diretto con l’Iran, salvare la posizione pro-Palestinese per le proprie opinioni pubbliche ed al contempo creare tangibili vantaggi di sicurezza. A livello pratico bisogna sottolineare come ci siamo problemi di interoperabilità tra le piattaforme delle diverse forze armate da superare e sia necessario un livello di fiducia reciproca alto, che richiede tempo, prima di poter parlare di alleanze. Il rischio, infatti, come sottolinea Andreas Krieg, è di creare una tigre di carta, senza una precisa visione comune ed un livello di fiducia adeguato. Il contesto attuale è comunque più favorevole ad un processo di cooperazione con Israele: gli Accordi di Abramo, il framework del Negev Forum, le esercitazioni congiunte e, soprattutto,
la consapevolezza nei paesi arabi che Israele possa essere non più il nemico ma un alleato contro la minaccia iraniana e/o dei suoi proxies. In questa ottica una cooperazione difensiva tra Israele ed alcuni vicini arabi, delimitata ad alcune dimensioni ben definite sembra già sulla buona strada. Nel campo della difesa aerea Israele ha certamente capacità e risorse notevoli, molti paesi arabi sono interessati all’acquisto di sistemi israeliani e l’ombrello del CENTCOM incentiva la cooperazione: un sistema di early warning con la condivisione di minacce potrebbe essere quindi il primo passo. In questo progetto, il ruolo degli USA, seppur in una fase di disimpegno verso la regione, rimane una componente fondamentale e la visita di Biden può dare un segnale importante per tutti i partner della regione.
In uno scenario in continua evoluzione, il progetto di una architettura regionale di sicurezza a guida USA che integri Israele agli altri alleati Mediorientali richiede sicuramente un periodo lungo per essere proposto ed implementato. I primi tasselli sono stati posti e sono evidenti alcuni risultati ma rimangono ancora molte sfide da affrontare.