La Croazia, entrata ufficialmente nell’Unione Europea nel 2013 ha riscontrato fin da subito diverse criticità nella gestione dei flussi migratori. Le accuse di maltrattamenti riportati in ottobre da alcuni migranti nei confronti di agenti croati della polizia di frontiera, aggiungono un ulteriore episodio alla lista di inadempimenti e violazioni delle procedure comunitarie di asilo da parte del governo di Zagabria. D’altro canto, l’Unione Europea sembra ignara di quanto effettivamente accada presso i suoi confini.
Le violenze di ottobre
Diverse testate giornalistiche internazionali hanno riportato la notizia di violenze, furti e stupri per opera di poliziotti e soldati croati a danno dei migranti (comprese donne e bambini) che provenivano dalla Bosnia-Herzegovina. Simili azioni sono state documentate anche da Amnesty International, dall’UNHCR e da Human Rights Watch tra il 2015 e il 2019. In questo caso, è stata Charlotte Slente, segretario generale del Danish Refugee Council a denunciare i soprusi sui migranti a livello internazionale, e il 21 ottobre Dunja Mijatovic, l’Alto Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa, esprimeva sconcerto per la situazione in Croazia. Di fronte all’evidenza dei fatti, il Commissario europeo per gli affari interni Ilva Johansson ha comunicato: “Ho ricevuto il rapporto del DRC presentato come prova dei respingimenti e del trattamento disumano e degradante delle persone al confine croato con la Bosnia-Erzegovina.” , con l’intenzione prendere provvedimenti in merito al meccanismo di monitoraggio dei respingimenti attuati dalla polizia croata.
Tuttavia, l’Unione Europea non sembra nuova a questi eventi, infatti nel 2017 è stato istituito il cosiddetto “corridoio d’azione” con l’obiettivo di prevenire l’immigrazione irregolare. In questa fase iniziale, l’azione era formalmente legale ed era condotta dagli agenti di polizia. Purtroppo, in seguito all’emergenza umanitaria dei migranti bloccati in Bosnia-Erzegovina, da due anni a questa parte il corridoio d’azione è diventato una “terra di nessuno”, in cui la polizia compiva quotidianamente sequestri e maltrattamenti sui migranti.
Dopo i primi casi di violenze, gli agenti identificati sono stati sostituiti con dei funzionari ordinari reclutati presso delle unità in cui vi era un numero eccedente di impiegati. Questa scelta ha fatto in modo che i controlli non venissero effettuati da professionisti del settore e che la collaborazione tra agenti e funzionari portasse a uno status quo di corruzione (oltre ad impedire la formazione di un’indagine internazionale indipendente).
Il Patto dell’UE sulle immigrazioni e l’asilo
Nel suo recente Patto sulle migrazioni e l’asilo del 23 settembre, la Commissione europea ha proposto che gli stati membri istituiscano dei meccanismi di monitoraggio per prevenire gli abusi alle frontiere. Ma l’esempio della Croazia mostra come la sola proposta della Commissione non sia sufficiente per far fronte alle violenze. È bene ricordare che solo nel giugno di quest’anno, un’inchiesta pubblicata sul giornale britannico The Guardian ha rivelato come alcuni funzionari dell’UE siano stati accusati di aver nascosto le prove del mancato impegno da parte della polizia di frontiera croata nell’applicazione del meccanismo di monitoraggio che i ministri dell’UE avevano accettato di finanziare.
Secondo il rapporto di HRW, per essere efficace, un meccanismo di questo tipo dovrebbe indurre i responsabili politici nazionali e locali a sensibilizzare le autorità competenti sul campo. Nel contempo, l’UE e i singoli stati dovrebbero prevedere delle azioni legali nei confronti sia degli stati membri sia degli organi interni, al fine evitare possibili prevaricazioni. Più urgentemente, la Commissione dovrebbe mettere in guardia la Croazia per la violazione della legge UE sull’asilo e condizionare i finanziamenti per la gestione delle frontiere per il rispetto dei diritti umani.
A tal proposito il 22 ottobre, il commissario per la giustizia Didier Reynders, il commissario per l’allargamento Olivér Várhelyi e il commissario per gli affari interni Ylva Johansson hanno partecipato alla videoconferenza ministeriale UE-Balcani Occidentali. In questa occasione i ministri si sono concentrati su come migliorare la qualità e l’efficienza dei sistemi giudiziari, nonché su aree specifiche in cui sono necessari ulteriori sforzi nella regione. Inoltre, il commissario Reynders ha aggiornato i partecipanti sull’attuazione di due progetti per il monitoraggio e la misurazione delle prestazioni del sistema giudiziario e ha presentato gli ultimi sviluppi sullo stato di diritto all’interno dell’Unione, compreso il primo rapporto sulla Rule of Law. Sebbene questi incontri siano necessari per tenere alta l’attenzione sull’area, sarebbe opportuno sviluppare un piano di azione congiunto ed efficace, con una programmazione puntuale degli obiettivi da perseguire e dei risultati da ottenere.
Quale monitoraggio per i nostri controllori?
Il giornalista Apostolis Fotiadis per BIRN esprime preoccupazione riguardo al meccanismo di monitoraggio previsto dal Patto sulle migrazioni e l’asilo, ritenendolo carente nella prevenzione degli abusi di potere da parte delle forze di polizia locale ai confini dell’UE. Per quanto riguarda la Croazia, l’autore ritiene che le autorità locali abbiano adottato misure per ridurre qualsiasi forma di monitoraggio sulle loro tecniche di controllo e abbiano ignorato le richieste di indagare sulle relative accuse. A seguito di una denuncia anonima presentata nel marzo 2019 da un ufficiale di polizia che lavorava presso una stazione di polizia di frontiera, l’ombudsman (una figura simile ma non equivalente al Pubblico Ministero) ha informato il Procuratore generale dello Stato di non aver preso in incarico la denuncia. Nel giugno 2019, l’ombudsman ha quindi presentato il caso alle commissioni parlamentari competenti e, anche in questo caso, il parlamento nazionale si è astenuto dall’agire.
La Croazia, inoltre, è stata inserita dalla Commissione europea nel suo primo rapporto annuale sullo stato di diritto per aver violato diverse leggi sull’asilo e, insieme al Rapporto annuale sulla gestione delle migrazioni, i due documenti potrebbero svolgere un ruolo importante nel tentativo di introdurre delle condizionalità degli stanziamenti del bilancio dell’UE calcolato in 750 miliardi di euro.
La richiesta di creare un meccanismo di monitoraggio indipendente potrebbe anche influire sulle riforme in corso della legislazione dell’UE sui rimpatri forzati. Un emendamento che chiede agli Stati membri di garantire che saranno presi in considerazione “monitor indipendenti per i rimpatri forzati, adeguatamente formati sui diritti fondamentali e che controllino debitamente tutte le operazioni di rimpatrio forzato”.
Per far fronte all’emergenza umanitaria, prima ancora che giudiziaria, la commissione europea e gli stati membri dovrebbero attivarsi congiuntamente e produrre un quadro efficace di applicazione del meccanismo di monitoraggio, al fine di evitare che episodi come quelli accaduti ad ottobre e nei mesi passati non si trasformino in azioni della semplice quotidianità.
Letizia Storchi
Geopolitica.info