Nei giorni dal 8 al 10 agosto, poco tempo dopo la conclusione del tour africano di Sergei Lavrov, il Segretario di Stato Antony Blinken ha visitato – in ordine – Sudafrica, Repubblica Democratica del Congo (RDC) e Rwanda. Ben oltre l’obiettivo di contrastare l’avanzata dell’influenza russa nel continente, le visite di Blinken mirano a gettare le basi per un ambizioso rilancio dei rapporti tra gli Stati Uniti e l’Africa sub-sahariana.
L’Africa sub-sahariana vista dall’amministrazione Biden
Blinken ha presentato ufficialmente la nuova strategia per l’Africa sub-sahariana durante il primo giorno di vertice bilaterale in Sudafrica, in un discorso tenuto presso l’Università di Pretoria. La strategia si articola in quattro obiettivi e si contraddistingue per alcuni elementi di innovazione che contribuiscono a dare l’idea di un profondo ripensamento dei rapporti tra Stati Uniti e Africa sub-sahariana, pur non abbandonando il presupposto della tutela degli interessi nazionali statunitensi.
(1) “Foster Openness and Open Societies”. La prima priorità ha come scopo quello di sostenere l’apertura delle società e dei governi africani. Questo in virtù del fatto che le società aperte sono, per definizione, vicine all’orizzonte valoriale degli USA (e dell’Occidente). Tuttavia, a ciò Blinken aggiunge una premessa fondamentale: «gli USA non porranno veti sulle scelte dell’Africa, così come nessun altro dovrebbe fare. […] Al tempo stesso gli USA chiedono all’Africa di prendere le parti dell’ordine internazionale e di difenderlo». In altre parole, per gli USA apertura implica anche riconoscere il diritto dei paesi africani di compiere autonomamente le proprie scelte di politica estera senza pressioni esterne e, soprattutto, senza paura di dover incorrere in ritorsioni di fronte all’eventualità di decisioni non gradite; ovviamente rimangono limiti imprescindibili potenziali minacce agli interessi nazionali USA e il rispetto dell’ordine e dei princìpi del diritto internazionale (un implicito riferimento all’aggressione Russa dell’Ucraina).
(2) “Deliver Democracy and Security Dividends”. Anche il secondo punto della strategia contiene un nuovo approccio al sostegno della democrazia in Africa, così presentato da Blinken: «noi non tratteremo la democrazia come un campo dove l’Africa ha problemi mentre gli USA hanno soluzioni; noi riconosciamo che le nostre democrazie sono minacciate da sfide comuni che dobbiamo affrontare insieme da partner eguali». L’approccio si fonda dunque sull’idea che gli Stati Uniti abbandonino la pretesa di “educare” alla democrazia, nella consapevolezza che la realizzazione delle promesse della democrazia globale debbano essere compiute attraverso un percorso di crescita reciproca e condivisa, in linea con quanto già affermato nel corso del Summit for Democracy tenutosi a dicembre dello scorso anno. Assicurare la qualità della democrazia, sostiene Blinken, significa anche garantire la sicurezza, in virtù di un profondo linkage tra i due elementi.
(3) “Advance Pandemic Recovery and Economic Opportunity”. Il terzo obiettivo è incentrato a mitigare gli effetti della pandemia sulla crescita economica dell’Africa, ulteriormente limitata dalle vaste conseguenze negative provocate dalla guerra in Ucraina. Questi aspetti si traducono, oltre a programmi di assistenza economica in diversi settori, nell’impegno ad una nuova cooperazione nella sanità (che gode già di consolidate esperienze pregresse) che renda l’accesso ai vaccini anti-Covid19 più agevole ai paesi africani e in una maggiore attenzione alle attività volte a garantire la sicurezza alimentare delle regioni africane più a rischio.
(4) “Support Conservation, Climate Adaptation, and a Just Energy Transition”. Infine, il quarto e ultimo obiettivo è incentrato su tutela dell’ambiente e lotta al cambiamento climatico. Blinken ha espressamente riconosciuto l’enorme divario tra le emissioni prodotte dai paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, confermando l’impegno degli USA a ridurre drasticamente le proprie emissioni e, al tempo stesso, impegnarsi per assicurare una giusta (just) transizione energetica senza precludere l’Africa dello stesso diritto al perseguimento della crescita economica.
Anche alcuni aspetti discussi durante le visite ufficiali con i ministri degli esteri dei tre paesi aggiungono informazioni interessanti sui rapporti tra gli USA e l’Africa, e sull’adeguatezza della strategia di partenariato americana.
08/08: Sudafrica
Il vertice bilaterale tra Blinken e la sua omologa, la ministra degli affari internazionali Naledi Pandor, è stato un incontro molto importante come primo approccio per verificare la validità della strategia USA. La cordialità ed il mutuo rispetto dei due interlocutori hanno indubbiamente messo in luce le ottime relazioni che permangono tra USA e Sudafrica, riaffermando profondi legami storici e attuali ambiti di cooperazione, con enfasi su commercio, clima e affari spaziali. Al tempo stesso, la ministra Pandor ha sottolineato diverse volte con risolutezza il collocamento del suo paese all’interno dell’ordine internazionale: ha apprezzato e accolto con favore che «l’America non ci sta chiedendo di scegliere [in merito alla questione Ucraina, nda]” in quanto “è importante che tutti noi accettiamo la nostra capacità di avere opinioni diverse». Ovviamente non è mancato l’auspicio per la cessazione del conflitto in Europa, ma al tempo stesso ha richiamato il suo interlocutore a dimostrare lo stesso impegno a difesa dell’ordine internazionale in maniera coerente, senza doppi standard (un non celato riferimento alla situazione tra Palestina ed Israele).
09/08: RDC & 10/08: Rwanda
I vertici successivi coi ministri degli esteri di RDC e Rwanda hanno toccato questioni bilaterali specifiche a ciascuno dei due paesi (ambiente, risorse minerarie, democrazia e diritti umani); tuttavia, il recente contesto di deterioramento dei rapporti tra i due paesi ha reso imprescindibile un’attenzione verso la situazione in RDC orientale. Blinken ha invitato gli interlocutori, ciascuno forte delle proprie ragioni, a risolvere diplomaticamente la crisi, sostenendo l’attività di mediazione compiuta dagli attori regionali (Angola, Kenya, SADC, EAC) e da MONUSCO. L’amministrazione Biden si impegna a sostenere qualsiasi sforzo al fine di cessare la prosecuzione di proxy wars tra i paesi dei grandi laghi e terminare le attività delle formazioni ribelli in RDC orientale, in virtù del rispetto dell’integrità territoriale di entrambi i paesi.
Conclusioni
Sicuramente il giro di visite in Africa da parte della Russia ha indotto l’amministrazione Biden a compiere una scelta analoga, soprattutto in chiave della ricerca di sostegno a favore della causa ucraina. Molti commentatori ed analisti, per questo motivo, hanno accostato questi tour africani all’idea di un ritorno alle logiche di competizione bipolare della Guerra Fredda. Questa interpretazione circa l’esistenza di un nuovo “scramble” di sfere d’influenza in Africa, anche se contiene indubbiamente un fondo di verità incontestabile – ulteriormente confermato dai costanti riferimenti alla situazione in Ucraina fatti da Blinken in tutti e tre i vertici – rischia di non dare la giusta attenzione all’importanza dell’idea di partenariato che gli USA vogliono costruire con l’Africa. Idea di rilancio necessaria perché, come anche evidenziato da un articolo pubblicato su l’Institute for Security Studies, e chiaramente messo in luce dalla posizione espressa dalla ministra Pandor, i paesi africani non possono – e non vogliono – più essere considerati come oggetto di competizione passiva tra potenze e sempre più difficilmente accettano diktat provenienti dall’esterno; stanno consolidando una marcata identità diplomatica ed internazionale. L’amministrazione Biden, grazie ai toni coi quali Blinken ha affrontato il tour, ha finora dimostrato di saper interpretare e capire questi cambiamenti.Infatti, l’aspetto più innovativo ed interessante della nuova strategia per l’Africa è proprio l’immediata ammissione che i paesi africani sono i soli detentori del proprio destino e hanno l’ultima parola sulle loro scelte concernenti gli affari internazionali. L’approccio mira, nelle intenzioni, all’abbandono di un anacronistico tono paternalistico da parte degli USA, e il riconoscimento dei paesi africani come partner di pari livello nell’ordine internazionale. Ovviamente esiste la possibilità che queste posizioni possano in realtà rivelarsi strumenti retorici di circostanza (nella strategia ufficiale pubblicata e resa disponibile online, infatti, sono presenti diversi espliciti richiami in ottica anti-Russa e anti-Cinese), una scommessa su una loro ricezione positiva da parte dei governi africani, che tuttavia si distingue rispetto all’approccio utilizzato da Lavrov, incentrato sulla rievocazione dei passati coloniali e sulla demonizzazione dell’Occidente. Da questo punto di vista, il vertice USA-Africa in programma per dicembre (il primo dal 2014) sarà un passo fondamentale per osservare le modalità dell’effettiva prosecuzione di questa strategia di partenariato.