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Venezuela al capolinea? Intervista all’economista Asdrúbal Oliveros

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Dalla morte del Presidente Hugo Chavez, avvenuta il 5 Marzo 2013, il Venezuela ha iniziato una spirale economica negativa che sembra inarrestabile. Quarant’anni fa era la quarta economia del mondo (in termini pro-capite), oggi rischia il default. Per decifrare le cause della crisi economico-politica più grave del Sudamerica (persino peggiore della crisi brasiliana) Geopolitica.info ha intervistato Asdrúbal Oliveros, uno degli economisti più esperti e stimati del Paese. Oliveros è direttore di Ecoanalitica, società venezuelana di consulenza economico-finanziaria, ex Senior Economist di Santander Investment a Caracas, editorialista per Infolatam e altre riviste di settore.

Può descriverci la situazione attuale?

Il Venezuela vive una crisi molto grave, non solo economica, con ripercussioni sociali, politiche, istituzionali e internazionali. Parliamo di un Paese che ha sperimentato una distruzione istituzionale e che, con la caduta dei prezzi del petrolio come detonante, ha portato in superficie una crisi economica molto grave, prodotto dei disequilibri multipli accumulatesi nel tempo senza essere risolti (e che tutt’oggi risultano irrisolti). Il governo ha optato per applicare misure singole, senza una risposta strutturale. Come risultato, dal 2013 gli indicatori economici continuano a deteriorarsi: contrazione dell’economia, incremento dell’inflazione e, di conseguenza, aumento della povertà. Tutto questo prefigura uno scenario sufficientemente complesso.

Pensa che il Paese sia già vicino al default?

Dal punto di vista tecnico il Venezuela ha rispettato tutti i suoi impegni finanziari (buoni del tesoro e altre obbligazioni). Tuttavia, dal 2012 il debito con il settore privato non ha fatto che aumentare e praticamente il Paese non ha accesso al credito internazionale, così da rendere il finanziamento alle importazioni inesistente.

Quali pensa siano le tre principali cause del fallimento economico?

In primo luogo, la incapacità dell’Esecutivo di creare e mettere in pratica un programma di ripresa economica integrale di ampio respiro. In secondo luogo, il chavismo in quanto modello economico è pensato come una struttura clientelare di distribuzione della rendita petrolifera; è diventato sovra-dipendente da questa portando lo Stato a non avere, oggi, alternative. Terzo, la incapacità [dell’Esecutivo, ndr] di stabilire accordi con i vari attori della società sulle sfide verso i cambiamenti da attuare nell’economia venezuelana.

Recentemente The Economist ha paragonato il Venezuela attuale allo Zimbabwe degli anni 2000. Le sembra una analogia corretta?

Vi sono molte similitudini, soprattutto perché il Venezuela si avvia, se non vengono presi correttivi in tempo, verso un processo iper-inflazionario. Infatti, analizzando i dati fino a marzo, la inflazione sottostante già segna 568,7% anno su anno. Nel 2015 l’inflazione sottostante calcolata da Ecoanalitica segnava  383,1% mentre nei primi tre mesi del 2016 è già salita a 105,1%.

L’opposizione controlla da dicembre l’Assemblea parlamentare. Ha presentato un pacchetto di riforme economiche in contrasto al “paquete economico” già presentato dal Presidente Maduro?

Oltre ai poteri che vengono riconosciuti all’opposizione con la maggioranza qualificata, la grande sfida che i deputati eletti hanno di fronte a loro sarà legiferare, svolgere il ruolo di controllori e contrappeso al potere esecutivo. L’Assemblea Nazionale deve concentrare i suoi sforzi su tre aree chiave. La prima, interpellare i ministri e chiedere un rendiconto sul loro operato valutando le misure economiche prese e le azioni che intendono prendere per superare la crisi. La seconda, esercitare un maggior controllo sull’esecuzione del bilancio, dato che attualmente la spesa non è né controllata né trasparente. La terza, esigere la trasparenza e la prontezza nella pubblicazione delle statistiche e dei dei dati ufficiali, così come l’implementazione della Ley de Acceso a la  Información, misura imprescindibile per valutare le politiche pubbliche.

L’ideale è che si possa stabilire un meccanismo di costruzione del consenso attorno alle riforme economiche e istituzionali e che queste vengano inserite in una agenda condivida dai poteri pubblici. Tuttavia, date le circostanze attuali ciò risulta improbabile. Quindi, cosa può fare una Assemblea Nazionale controllata dall’opposizione in uno scenario di scontro istituzionale? La Assemblea dovrebbe, oltre ai suoi compiti legali e costituzionali, concentrarsi su una riforma istituzionale che consideri due elementi chiave in una democrazia moderna: la costruzione di contrappesi e la decentralizzazione.

Inoltre, l’Assemblea deve forzare l’Esecutivo ad attuare i correttivi di politica economica. Esiste il rischio che la Assemblea rimanga inattiva, pensando che senza agire non sopporterà costi e che i costi politici siano maggiori nel caso promuovesse correttivi. Data la situazione economica che vive il Venezuela, il costo di continuare ad essere considerato un potere pubblico inoperante può essere molto alto. E questo non è ad esclusivo appannaggio del partito di governo. Questo punto è un fattore chiave per il successo di un programma correttivo: si tratta della capacità di costruire consenso tra diversi attori politici che vantano interessi divergenti. Il lavoro della coalizione di opposizione all’interno dell’Assemblea esige maturità politica. Se è vero che non sono i responsabili diretti della situazione economica attuale, è altrettanto vero che non hanno margine di manovra per implementare un programma di riforme. Così, hanno ora il compito di iniziare a formare le basi per il superamento della crisi con un nuovo quadro istituzionale nel contesto di un modello che ha collassato.

Quale reputa sia la misura più urgente che il Governo, con l’appoggio dell’opposizione, dovrebbe adottare?

Anzitutto, il controllo cambiario (in Venezuela il mercato valutario è regolato dallo Stato, ndr). La teoria economica spiega che i disequilibri nel mercato valutario comportano alte ripercussioni negli altri mercati, soprattutto in quelle economie mono-produttrici e con un alto grado di apertura commerciale. È il caso del Venezuela, dove il 33,5% dei beni finali sono importati. Attualmente il Paese si appoggia su un meccanismo di distribuzione e controllo della vendita di valute che presenta deficienze funzionali, incluso un sistema di cambi differenziali con distorsioni che rendono il cambio non ufficiale posizionato 100 volte più in alto rispetto al tasso ufficiale di VEB 10/US$.

Raccomandiamo una flessibilizzazione dei prezzi partendo da una revisione dei prodotti che sono attualmente controllati. In uno studio abbiamo stimato che circa il 70% del paniere è regolato. La percentuale potrebbe scendere al 20%, includendo il gruppo di prodotti di consumo basici del cittadino venezuelano. Quei prodotti sottoposti a controllo cambiario devono essere soggetti ad una revisione trimestrale dei prezzi. Una politica di flessibilizzazione dei prezzi deve essere orientata a diminuire la scarsità strutturale che affligge il Paese, una misura chiave per la riattivazione dell’apparato produttivo e per incrementare la produzione locale. Sebbene come conseguenza di questa revisione dei prezzi l’inflazione aumenterebbe, è possibile mitigare l’impatto nel potere d’acquisto con misure compensative indirizzata alla fascia di popolazione più colpita.

Per riattivare l’apparato produttivo, oltre alla flessibilizzazione del controllo cambiario è necessario diminuire gli ostacoli prodotti dalla burocrazia nonché offrire una maggiore protezione per la proprietà privata. In altre parole: migliorare gli indicatori Doing Business (Indicatori economici segnati dalla Banca Mondiale, ndr) creando un clima imprenditoriale migliore e propizio per l’attrazione di capitali.  

Sul fronte monetario si deve eliminare il finanziamento monetario del Banco Central de Venezuela (BCV). Per fare questo risulta fondamentale una svalutazione del tipo di cambio Cencoex che consenta a Pdvsa (Petróleos de Venezuela, l’azienda petrolifera statale, ndr) di vendere valuta a un tipo di cambio superiore rispetto a quello attuale. In questo modo si allevierebbe il flusso di cassa di Pdvsa, la quale è e rimarrà in difficoltà per la diminuzione dei prezzi del petrolio.

Si deve programmare una politica monetaria restrittiva che dia al BCV il controllo totale della politica monetaria con l’obiettivo di controllare l’inflazione nei prossimi anni. Visto le dimensioni del deficit fiscale e il suo meccanismo di finanziamento, quanto maggiore sarà il correttivo valutario scelto (e, quindi, minore emissione monetaria), maggiori saranno le ripercussioni sul mercato non ufficiale. Parimenti, è necessario un aggiustamento graduale dei tassi di interesse portandoli a tassi reali positivi, contestualmente all’obiettivo della riduzione di inflazione così da incrementare nel  medio e lungo periodo la capacità di risparmio del venezuelano.

Una importante fonte di disequilibrio economico è la dimensione del deficit fiscale del settore pubblico in senso stretto. Considerando le distorsioni macroeconomiche la svalutazione da sola non è sufficiente. È fondamentale la razionalizzazione della spesa poiché un aggiustamento del tasso di cambio senza una riduzione della spesa pubblica non diminuirà significativamente il deficit.

Inoltre: un aggiustamento importante come quello che si propone deve essere accompagnato da misure sociali compensative orientate ai settori della popolazione maggiormente colpiti. In uno scenario di aggiustamento dei prezzi si deve garantire a questi settori l’accesso ai prodotti basici del paniere, i più soggetti all’aumento dell’inflazione. È altrettanto importante concentrarsi sul settore sanitario salute, area fondamentale nella quale ben si esprime la diseguaglianza. É importante l’enfasi nella prevenzione e nella qualità dei servizi offerti. Per questo è vitale l’accesso delle valute nel settore sanitario, in modo che la rete di ospedali e cliniche possa contare su ingressi che consentano la operatività. Altri settori nei quali canalizzare risorse sarebbero la sicurezza urbana e il trasporto pubblico, che prende in considerazione un settore più ampio della popolazione, così da incrementare la qualità di vita di tutti i venezuelani.

Pensa che, nella situazione attuale, vi sia un vero dialogo tra la dirigenza moderata di Governo e opposizione? Il Governo può ancora contare su alleati in grado di sostenerlo? (Cuba, Bolivia, Equador?)

Penso che non sia ancora stato avviato un processo formale di dialogo. Esistono conversazioni informali, ma nulla di più. La ragione principale risiede nel fatto che il chavismo non si sente sufficientemente debole per propiziare o vedersi obbligato a iniziare questo processo. È un elemento chiave che emergerà nei prossimi mesi e fondamentale per superare la crisi. In merito agli alleati, il Venezuela risulta sempre più isolato nel contesto internazionale benché il resto dell’America Latina stia affrontando i suoi propri dilemmi interni.

La gente in Venezuela si è accorta del cambio di rotta in America Latina, dai governi populisti ai governi liberali di destra?

Certo, anche qui il chavismo ha perso sostegno popolare. Cosa più importante, il chavismo ha smesso di essere maggioranza. Tutti gli studi seri di opinione mostrano che oggi il chavismo è dato perdente in qualsiasi elezione. Questo è un cambiamento di importanza radicale. L’opposizione è riuscita, nel dicembre scorso, ad ottenere la maggioranza dei 2/3 del potere legislativo combattendo una campagna diseguale e senza risorse. Un cambiamento storico. Tuttavia, non bisogna smettere di ricordarlo, il chavismo continua a mantenere il controllo istituzionale dello Stato, un apparato gigante e potente.

Ultima domanda. Perché la Colombia ha fatto un balzo in avanti rispetto al Venezuela negli ultimi 15 anni pur presentando caratteristiche similari? Quali sono state le decisioni economiche chiave dietro a questo successo? Bogotà potrebbe essere un modello per Caracas?

Credo che Colombia e Venezuela non siano così simili, a parte la vicinanza geografica. La Colombia è testimone di un lungo processo di implementazione di riforme, con un quadro istituzionale più forte e il dramma di affrontare per molto tempo un conflitto armato – ciò prefigura una realtà molto diversa. Questo cammino ha permesso alla Colombia di crescere, ridurre la povertà e ampliare il bacino della classe media. Tra le tante sfide, le tocca ora quella della disuguaglianza. Però oggi è molto meglio posizionata rispetto al Venezuela. Invece di imitarla Caracas ha bisogno di sostituire il suo modello con uno che le permetta lo sviluppo di tutto il nostro potenziale, e questo è fattibile e credo che siamo vicini ad ottenerlo.

 

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