Parlare di foreign fighters non significa trattare di un fenomeno nato e terminato in Siria, con i combattenti stranieri legati alle milizie dello Stato Islamico. Per definizione, un foreign fighters è un individuo che si unisce a un conflitto civile senza avere la nazionalità del Paese in conflitto. Andando indietro nel tempo, troviamo esempi in tutto l’arco della storia contemporanea: lord Byron in Grecia, le brigate internazionali in Spagna, i mujaheddin in Afghanistan, Bosnia-Erzegovina e Cecenia. Infine in Siria, dove il fenomeno ha assunto proporzioni mai viste prime: si stimano circa 40.000 foreign fighters da 110 Stati diversi nelle fila dello Stato Islamico. Non solo: c’è chi lo Stato Islamico lo ha combattuto, come i volontari internazionalisti – come si fanno chiamare – che si sono uniti ai curdi delle YPG e alle YPJ.
I foreign fighters in Ucraina
Chi sono e quanti sono i combattenti stranieri in Ucraina? Secondo le stime, sono circa 15-17.000 i volontari stranieri che hanno preso parte al conflitto ucraino. Le stime parlano di un circa 80-90% di nazionalità russa, un modo usato da Putin e dal suo apparato di inviare informalmente militari. Un esempio fu Igor’ Vsevolodovič Girkin, ex militare russo e colonnello dell’FSB che divenne una delle principali figure dell’insurrezione filo-russa nelle regioni di Donetsk e Lugansk. Un altro esempio fu Arsen Sergeevič Pavlov, conosciuto come Motorola, a capo del Battaglione Sparta. Nato in Russia, morirà a Donetsk a seguito di un’esplosione insieme alla sua guardia del corpo in quello che pare un tentativo di epurazione nei confronti delle figure di spicco emerse dall’inizio del conflitto nel 2014. La restante parte di volontari, circa un migliaio, proverrebbero dall’Europa e si sono uniti a entrambi gli schieramenti, quello ucraino e quello separatista.
L’esercito ucraino, in particolare all’inizio delle operazioni militari contro i ribelli nel Donbass, adoperava sul campo sia forze regolari che milizie paramilitari sorti dalle ceneri della rivolta dell’Euromaidan. Queste, diretta espressione di partiti politici estremisti come Pravyi Sektor (Settore Destro) e Svoboda (Libertà), hanno attratto militanti estremisti di destra da tutta Europa. La presenza di queste milizie, tuttavia, non deve indurci nell’errore di considerare valida la narrazione di guerra putiniana, ovvero della denazificazione dell’Ucraina. La maggior parte dei combattenti stranieri si è unita infatti alle milizie separatiste delle due autoproclamate repubbliche popolari, Donetsk e Lugansk, e la principale appartenenza politica di questi individui afferisce al substrato della destra estrema. Il conflitto in Ucraina ha polarizzato le preferenze politiche dei militanti dell’estrema destra europea. Da un lato, infatti, gruppi di chiara tendenza neonazista, come il Battaglione Azov, hanno operato fin da subito a favore dell’Ucraina post-Euromaidan, per venire infine inglobati all’interno della milizia nazionale ucraina; dall’altro lato, la simpatia per Putin e la considerazione del leader russo come figura principale a difesa dei valori tradizionali ha portato molti gruppi a simpatizzare, e operare, con i separatisti. In Italia, la divisione è chiara: il movimento politico di CasaPound è vicino alle posizioni di Pravyi Sektor dell’estrema destra filo-Kiev. Ne sono testimonianze le recenti manifestazioni “contro ogni imperialismo in Europa” a rimarcare la loro posizione contro la politica di potenza di Putin. Dall’altro lato, Forza Nuova, inizialmente vicina alle posizioni dell’estrema destra ucraina, si è spostata verso la Russia, adottando una narrazione pro-Putin nei suoi discorsi.
Estrema destra, estrema sinistra e il ruolo della narrazione
Una piccola parte, tuttavia, è estranea a questo scontro. Alcuni militanti dell’estrema sinistra europea si sono uniti alle milizie. Il merito, in tutto questo, è della precisa narrazione utilizzata da Putin e anche da parte della stampa europea e nazionale. Da un lato, infatti, abbiamo i rivoltosi ucraini: la minoranza più violenta e rumorosa sono effettivamente gruppi di estrema destra, i già citati Pravyi Sektor e anche Svoboda, e attrae un preciso target. Dall’altra parte, tra i separatisti del Donbass, si parla di identità russa messa a repentaglio dagli ucraini, un’identità legata alla figura di Putin. Anche questo attrae un preciso target. Infine, la narrazione anche estetica del conflitto. Le milizie separatiste parlano di conflitto contro i fascisti ucraini, adottano il nastro di San Giorgio arancione e nero simbolo della Guerra Patriottica, la seconda guerra mondiale, combattuta contro dei veri nazisti e fascisti. Nel 2014, a Odessa, manifestanti dell’estrema destra pro-Kiev incendiano la Casa dei Sindacati: morirono quasi una cinquantina di individui. Le due autoproclamate repubbliche adottano nomi da blocco orientale durante la Guerra Fredda, “popolari”. Ed è su queste basi una parte della sinistra europea si mobilita. In Italia, il gruppo musicale punk Banda Bassotti organizza, insieme a decine di militanti dei più svariati gruppi politici della sinistra extraparlamentare, una “carovana antifascista” per portare beni di prima necessità alla popolazione di Donetsk e Lugansk. Tanti ritornano in Italia ma alcuni si fermano in Donbass. Tra le fila delle milizie di Donetsk, per esempio, troviamo combattere, fianco a fianco, la milizia Jovan Šević, composta da serbi di ideologia cetnica (nazionalista), la Brigata Internazionale Carlos Palomino, formata da spagnoli antifascisti, e un’unità di militanti del partito russo di estrema destra Russian National Unity. A Lugansk la storia è molto simile: tra le unità era presente la Brigata Prizrak, formata da due battaglioni, il DKO – Volunteer Communist Detachment, composta da militanti comunisti russi, e la Continental Unit, formata da volontari europei e brasiliani. Al loro fianco combatté la Rusich Company, costituita da europei e russi accomunati da un’ideologia di estrema destra.
Il campo d’addestramento dell’estrema destra europea
L’Ucraina può trasformarsi effettivamente nel campo d’addestramentodell’estrema destra europea: la presenza di militanti dell’estrema sinistra è molto limitata – hanno trovato maggior spazio tra le fila dei curdi delle YPG e YPJ – e hanno un ruolo certamente marginale rispetto alla loro controparte politica. Il maggiore pericolo per la sicurezza interna dei Paesi europei connesso al fenomeno dei foreign fighters viene quindi dall’estrema destra. A partire dal conflitto afghano, i militanti jihadisti sono stati abili nel creare forme di network che gli ha dato le capacità di intervenire in diversi conflitti: Bosnia-Erzegovina, Cecenia, Iraq, Siria, Libia. Questo rappresenta ancora uno dei maggiori fattori di rischio. Un network capace di reclutare, formare, mobilitare ed eventualmente condurre attacchi nei Paesi d’origine. L’estrema destra europea ora ha la possibilità di emulare i fondamentalisti islamici: al di là dell’ideologia, il modus operante è, per loro, quello vincente.