La sospensione del bando alla fornitura di armi alla Repubblica di Cipro deciso dagli Stati Uniti avrà ripercussioni importanti sul comportamento di Ankara nel prossimo periodo. Il senso di accerchiamento, unito alle pressioni statunitensi per un maggiore distanziamento dalla Russia (alla quale la Turchia ha già dovuto rispondere con la disconnessione dal sistema di pagamento Mir) e l’approssimarsi delle fatidiche elezioni del centenario nel 2023 non potrà che esasperare la posizione della Turchia nei confronti di NATO ed UE.
Al momento dell’elezione del Presidente Biden si era già sottolineato come la Turchia sarebbe stata chiamata presto a decidere “da che parte stare”, cosa che è completamente contraria alla multiforme identità politica della Turchia del dopo Kemal. La capacità seduttiva di Ankara nei confronti degli Stati Unitisi si era dimostrata già notevolmente ridotta quando la proposta di aprire Kanal Istanbul in forma alternativa al Bosforo (permettendo quindi una maggiore penetrazione della Marina statunitense nel Mar Nero) aveva incontrato una risposta tiepidissima a Washington. L’intensificarsi della relazione greco-statunitense coi forti investimenti su Alexandroupolis (che è praticamente in Tracia, a un tiro di schioppo da Istanbul), messo a sistema col desiderio statunitense di aprire basi NATO in Albania (Paese del quale la Turchia ha la prospettiva di addestrare le Forze Armate) limitano la forza di pressione turca sugli Stati Uniti. La forte necessità di energia e le disponibilità di questa attorno a Cipro non potranno quindi che spingere Ankara ad aumentare gli investimenti in quel senso, creando problematiche coi Governi di Atene e Nicosia nel senso dell’ottenimento del riconoscimento della Repubblica del Nord dell’isola o della riforma costituzionale che permetta una riunificazione solo formale, garantendo ai turcociprioti i diritti sullo sfruttamento di ingenti quantità di risorse naturali. Questo non potrà che spingere i greci delle due sponde ad un’aderenza sempre maggiore agli appigli americano ed europeo. Il riarmo cipriota sarà un’ulteriore spinta all’accrescersi delle tensioni nell’area.
Ecco quindi che Ankara comincia a chiedere che le Nazioni Unite presenti a Cipro addivengono alla stesura di un accordo anche con l’amministrazione settentrionale, cosa con ogni probabilità funzionale in vista di uno sperato riconoscimento internazionale che non potrà contare su Mosca. Ankara ha infatti accuratamente evitato di riconoscere l’annessione delle 4 province referendarie, nonostante i segnali da parte di Mosca su un reciproco riconoscimento di Cipro Nord fossero evidenti.
La Turchia non intende chiudere con l’Occidente, solo trarre il massimo vantaggio da ogni relazione. In relazione alla presenza di Ankara allo SCO, qualche giorno fa la versione in lingua inglese della TV di Stato turca TRT asseriva che “Türkiye has alternatives” mentre Aydinlik, sempre interessantissimo, scriveva in prima pagina “siamo tanto europei quanto asiatici”. Eurasismo “a la Turka” che in geopolitica ha il sapore di una partita a poker, quella di sempre ma adattata ad ogni nuova condizione.
Yerevan compie il passo opposto. Un avvicinamento alla Turchia ed all’asse NATO sarebbe cosa utilissima tanto agli Stati Uniti quanto all’Azerbaijan, risultando in un forte smacco per Mosca e Teheran. Ed ecco che, ancora, la Grecia interviene cercando di non fare di questo riavvicinamento un prodotto turco. Alla Conferenza di Praga dell’ European Political Community Summit il Presidente Pashinian ha mantenuto dialoghi tanto con la Presidenza turca quanto con quella greca, nella quale si sono affrontate anche le relazioni trilaterali Armenia – Grecia e Cipro.