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Tsai Ing-wen vince le elezioni a Taiwan con le parole d’ordine “sovranità” e “democrazia”

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Un’analisi dei risultati delle elezioni presidenziali e parlamentari a Taiwan di sabato 11 gennaio 2020. Le consultazioni hanno visto un’ampia conferma per la presidente Tsai Ing-wen che ha conquistato il maggior numero di voti, ben 8 milioni e 170 mila, dalle prime elezioni presidenziali del 1996. Tutti gli analisti hanno sottolineato come il risultato sia innanzitutto una sconfitta del candidato del Kuomintang (KMT) Han Kuo-yu e un chiara risposta dell’elettorato taiwanese rispetto alle proteste di Hong Kong e alle pressioni cinesi sulla sovranità di Taiwan.

La scelta vincente di una campagna incentrata su identità e sovranità

Nel suo discorso di ringraziamento Tsai Ing-wen ha detto che “queste elezioni sono incentrate sulla nostra scelta per la libertà e la democrazia. Dobbiamo lavorare per proteggere il nostro paese e difendere la nostra sovranità”. Parole evidentemente sgradite a Pechino, mai come in questa elezioni la campagna elettorale taiwanese è stata rivolta vero l’esterno. La presidente Tsai è riuscita a impostare un’agenda basata sulla proiezione di Taiwan al di fuori dei propri confini, facendo leva sulle proteste di Hong Kong il DPP ha presentato le consultazioni come una vera e propria scelta di campo. L’opposizione era tra la preservazione della sovranità taiwanese e l’apertura a rinnovati rapporti con la Cina. La posizione del candidato del KMT di un pragmatico rapporto di avvicinamento alla Cina, ben rappresentato dal suo slogan “safety for Taiwan, money for the people” e la sua strenua difesa dell’istituzione della Repubblica di Cina (ROC) sono state le principali cause della sconfitta elettorale. La contrapposizione con lo slogan di Tsai “Hong Kong today, Taiwan tomorrow” è probabilmente la principale spiegazione del risultato elettorale. Una débâcle personale quella di Han, in quanto il suo partito il KMT ha fatto registrare una performance accettabile.

Tsai Ing-wen insieme al gruppo dirigente del DPP ringrazia i suoi sostenitori. I politici taiwanesi ringraziano sempre gli elettori in questa maniera. Allo stesso tempo il candidato del KMT ha ammesso la sconfitta e ringraziato per il sostegno durante la campagna. Pur se talvolta durante la campagna i toni diventano molto accesi, a urne chiuse l’approccio dei politici taiwanesi è molto diverso da quello degli omologhi italiani ed occidentali.

Le prime reazioni da Pechino

La posizione rispetto alla Cina è stato l’elemento cruciale di questa elezione, la scelta del candidato del KMT di visitare l’ufficio di rappresentanza di Pechino a Hong Kong e aver incontrato l’allora direttore Wang Zhimin a porte chiuse lo scorso marzo ha pesato fortemente, in particolare alla luce degli avvenimenti di Hong Kong nei mesi successivi. La scelta di spostare l’intera campagna sui temi dell’identità e della sovranità si è dimostrata vincente e ha saputo creare il giusto coinvolgimento delle giovani generazioni che sono andate in massa a votare. Tsai durante il discorso di ringraziamento si è direttamente rivolta alla leadership del Partito Comunista cinese, dicendo che “è disposta a incontrarli fintanto che la parte cinese riconosca l’esistenza di Taiwan e rispetti i desideri dei suoi 23 milioni di persone”. Un’offerta che non verrà neanche considerata a Pechino, molto probabilmente la Cina continuerà lo sforzo per isolare Taiwan sulla scena internazionale, insieme a delle coercizioni economiche e militari. Le prime reazioni da Pechino non si sono fatte attendere, l’organo ufficiale del Partito Comunista in lingua inglese il Global Times ha esplicitamente citato la necessità di accelerare il processo di riunificazione. Mentre la risposta delle istituzioni, nella persona di Ma Xiaoguang, portavoce dell’ufficio di Taiwan del Comitato centrale del Partito comunista cinese e dell’Ufficio degli affari di Taiwan del Consiglio di Stato, è restata ancorata alla usuale e consueta rappresentazione di Pechino nelle Cross Strait Relation. Ma Xiaoguang ha dichiarato che “rispettiamo i principi di base della riunificazione pacifica e di one country, two system salvaguardando risolutamente la sovranità nazionale e l’integrità territoriale restiamo fermamente contrari ai tentativi separatisti che agiscono per l’indipendenza di Taiwan mentre promuoviamo risolutamente gli interessi e il benessere dei compatrioti di Taiwan”. Insomma bisognerà aspettare per conoscere le mosse di Pechino.

Una prima analisi dei dati elettorali

I sondaggi avevano indicato in maniera abbastanza chiara la tendenza, mentre rimaneva un dubbio sulla capacità del Partito Progressista Democratico (DPP) di mantenere il controllo del parlamento taiwanese, lo Yuan Legislativo. Invece il partito di Tsai Ing-wen riesce a ottenere una buona maggioranza nello Yuan, tuttavia l’analisi dei voti di lista ci mostra come nel trend generale il KMT mantenga una solida presa su una parte consistente dell’elettorato e come il DPP non sia riuscito a “sfondare” nonostante l’ottimo risultato della presidente. Il DPP perde 7 seggi rispetto al 2016 (61 contro 68), mentre il KMT ne guadagna 3 (38 contro 35).

L’avanzata delle “third forces”

Il partito Taiwan People’s Party (TPP) appena fondato dal sindaco di Taipei guadagna ben 5 seggi, un risultato molto significativo vista l’esigua campagna elettorale portata avanti dai candidati e la piattaforma elettorale creata appena qualche mese prima. Il TPP non ha vinto in nessuno dei collegi uninominali ma grazie al 11,6 dei voti ha conquistato 5 seggi. Solo il New Power Party (NPP) registrò un risultato analogo al suo esordio nel 2016 ma il partito era il diretto discendente del Sunflower Movement e poteva contare su un vasto appoggio specialmente tra le giovani generazioni. In questa tornata elettorale il NPP ha conquistato 3 seggi, 2 in meno dei 5 del 2016. Il Taiwan Statebuilding Party (TSP), un partito con forti aderenze ai movimenti di base e una spiccata tendenza alla difesa della sovranità taiwanese, ha conquistato 1 seggio. Il TSP si è formato a seguito delle elezioni presidenziali del 2016 quindi era alla sua prima elezione parlamentare. Sono stati poi eletti 5 candidati indipendenti, 4 in più del 2016. Tirando le somme i seggi destinati ai partiti al di fuori del binomio DPP/KMT sono stati 13 nel 2020, mentre erano 10 nel 2016. Per quanto riguarda la tornata elettorale del 2016 ai seggi sopracitati vanno aggiunti i tre del People First Party (PFP) e un seggio della Non-Partisan Solidarity Union (NPSU) che non sono riusciti ad aggiudicarsi seggi in questa elezione. Quindi 13 seggi del 2020 contro i 10 del 2016, ma i margini in molte circoscrizioni sono stati veramente esigui, i cosiddetti candidati “third forces” avrebbero potuto far registrare un risultato veramente dirompente.

Il sindaco di Taipei e Chairman del TPP Ko Wen-je in una posa inusuale. Ko si fa spesso ritrarre in situazione “poco istituzionali” e questo è uno dei motivi della sua popolarità tra la popolazione taiwanese. Il sindaco di Taipei ha sempre ostentato poca attenzione ai rituali istituzionali, conquistando molti elettori.

Diversificazione del “green camp”

La maggior parte dei voti della “terze forze” sono perlopiù provenienti da elettorali del DPP delusi dalle scelte del partito o dalla debole opposizione rispetto alle istanze di Pechino. Insomma da un lato la diversificazione del “green camp”, un campo che va dai sostenitori della sovranità taiwanese fino a vere e proprie istanze indipendentistiche, e dall’altro il KMT che pur mantenendo una solida base elettorale è ben lontano dal successo delle amministrative dello scorso anno. Il DPP vince per la prima volta un seggio nelle liste riservate alle popolazioni indigene della montagna. Le liste riservate alle popolazioni indigene sono una peculiarità del sistema elettorale taiwanese, ideata per garantire la rappresentatività in parlamento ai discendenti delle popolazioni aborigene.

La rappresentanza femminile senza “quote rosa”

46 su 113 seggi sono andati a donne, si tratta di più del 40 per cento del totale. Si tratta di una delle percentuali più alte tra le democrazia rappresentative. Tutto questo senza una legge apposita, c’è una sorta di quota rosa, legata però solo ai 34 seggi del proporzionale. La metà di questi 34 seggi devono andare a persone di sesso femminile, quindi solo 17 dei seggi totali sono espressione di una legislazione dedicata. Un’altissima partecipazione al voto ha poi caratterizzato le consultazioni.

Il candidato del KMT Han Kuo-yu mentre ringrazia i suoi elettori

Il futuro del KMT

L’incognita principale rimane il futuro del KMT, la scelta di Han si è dimostrata sbagliata ma non dobbiamo dimenticare il grande entusiasmo che il sindaco di Kaohsiung aveva generato sia durante la campagna elettorale delle amministrative sia nei mesi successivi. Il partito nazionalista sembrava aver trovato un candidato in grado di catalizzare l’attenzione dei media, dei giovani e di tutte quelle persone che solitamente non si occupano di politica. La scelta, che si è rivelata disastrosa, era ponderata su un estremo interesse nei confronti di Han. Va ricordato come buona parte della gerarchia del KMT non abbia mai gradito la figura di Han Kuo-yu e il suo stile comunicativo. Gli altri candidati alle primarie del KMT sembravano non adatti per varie ragioni, Eric Chu era la scelta più scontata. L’affidabilità e la preparazione dell’ex sindaco di New Taipei era fuori discussione, così come la sua lealtà al partito ma i sondaggi rivelarono uno scarso gradimento tra i giovani e gli indecisi. Mentre Terry Guo, il miliardario fondatore di Foxconn, era fortemente vincolata dagli interessi che il magnate taiwanese mantiene in Cina proprio tramite l’azienda che ha lasciato appena poche settimane prima della campagna per le primarie. Ma il KMT nonostante le problematiche emerse dal voto di sabato mantiene dei solidi rapporti con il mondo degli affari, dell’educazione, dei media, delle Forze Armate, delle istituzioni civili e religiose. D’altra parte il DPP non è riuscito in nessuna occasione a conquistare consensi e voti nel “blue camp”, tra i sostenitori del partito nazionalista. Una frangia di elettori che sembra lentamente ridursi, in particolare a causa della posizione rispetto all’ingombrante vicino cinese, ma che comunque è destinata a restare un cruciale punto di riferimento nella politica taiwanese.

Una governo al fuori del binomio KMT/DPP?

Mentre la maggior parte dei voti delle “terze forze” sono in qualche modo riconducibili alle posizioni del DPP, spesso portate agli estremi. Le elezioni a Taiwan si tengono con un sistema misto maggioritario-proporzionale, in cui la maggior parte dei seggi, 73, sono eletti in collegi uninominali con il maggioritario. Rimane quindi molto complesso per un partito al di fuori del binomio KMT-DPP conquistare seggi all’interno di un sistema politico fortemente incentrato su interessi legati a dinamiche territoriali di potere, interesse e influenze culturali, istituzionali e religiose. Come spiegato da Giuseppe Carteny in questo articolo la figura centrale del sistema politico taiwanese resta il presidente della Repubblica ma la sua attività è pesantemente influenzata dalle decisioni dell’assemblea legislativa. Per le ragioni sopra brevemente esposte risulta complessa la previsione di un controllo del parlamento da parte di un partito al di fuori del binomio KMT/DPP mentre risulta più plausibile l’idea di un presidente non direttamente collegati ai due principali partiti. Una situazione che comunque metterebbe in bilico il ruolo del presidente senza un solido accordo con uno dei principali partiti.

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