Gli stati de facto sono generalmente considerati “entità illegali, esistenti in condizioni che vanno al di là del normale corso delle relazioni internazionali, estranei alle importanti dinamiche che coinvolgono invece i cosiddetti stati sovrani”. Questa condizione di paria che li caratterizza e ci permette di definirli, non può però essere considerata sinonimo di isolamento politico ed economico: gli stati de facto sono esclusi dai normali canali delle ufficiali relazioni bilaterali, non sempre siedono alle tavole rotonde delle organizzazioni inter- governamentali che contano, ma non sono “buchi neri”.
Che cosa questa apparente contraddizione voglia significare è presto spiegato: il “National Security Strategy of the United States of America”, definisce “engagement”, la partecipazione attiva degli Stati Uniti alle relazioni con paesi che vanno oltre i propri confini nazionali. L’”engagement” è considerata una determinante imprescindibile della politica estera degli USA, in quanto permette di stipulare con un determinato paese terzo delle “relazioni strumentali” in grado di influenzare i cambiamenti politici, sociali ed economici che coinvolgono il paese in questione.
La strategia dell’”engagement” rappresenta quindi il lato B della politica del “non riconoscimento”, e anche se secondo alcuni osservatori essa potrebbe essere definita illegale, l’evidenza dimostra che gli stati de facto non sono ignorati dalla comunità internazionale.
La ricerca a cui questo articolo si riferisce è stata in particolare dedicata alle relazioni tra gli Stati Uniti e lo stato di Taiwan (Repubblica di Cina) e quello della Transnistria (Repubblica Moldava di Pridniestrov). Essa è basata sulla classificazione dei messaggi (cables) Wikileaks destinati dalla diplomazia statunitense a questi due “stati ostili”. Da un punto di vista numerico la differenza nei messaggi analizzati è rilevante: nel caso della Transnistria infatti, il sito “cables.mrkva.eu”, a cui abbiamo fatto riferimento, ha restituito circa 96 messaggi (dal 2003 al 2010), nel caso di Taiwan invece il numero totale di messaggi risultati è stato pari a 2020 (dal 1989 al 2010). La ricerca in questione è stata condotta nel 2014. La scelta di fare riferimento a questo sito di ricerca, piuttosto che a quello ufficiale (www. cablegatesearch.net), è legata alla volontà di non includere nella ricerca i cables di secondaria importanza.
I messaggi ottenuti sono stati classificati in una tabella excel secondo diverse variabili:
– la specifica città in cui è localizzata l’ambasciata americana da cui ha origine il messaggio
– la classificazione dello stato di riferimento (patron state: il principale sostenitore dello stato de facto, parent state: lo stato da cui lo stato de facto in questione vuole separarsi, uno stato vicino o regionale)
– il livello di engagement degli Stati Uniti (diretto: nel caso di incontri diretti tra rappresentanti degli Stati Uniti e quelli del paese de facto, indiretto: nel caso di incontri tra i rappresentanti degli Stati Uniti e quelli di altri paesi, per discutere dello stato de facto in questione, nessun contatto)
– l’identificazione dei rappresentanti degli Stati Uniti coinvolti (Segretario di Stato, Ufficiali del Dipartimento di Stato, Ambasciatori)
– l’identificazione dei rappresentanti dello stato de facto coinvolti (presidente, primo ministro, società civile)
– Parent state/Patron State (i rappresentanti dello stato dal quale lo stato de facto vuole separarsi, o quelli dello stato che invece lo sostiene, sono contattati o coinvolti? Sono contattate o coinvolte altre organizzazioni politiche o statali?)
– Iniziatore (Chi dà inizio al contatto con lo stato de facto?)
– Argomento di discussione (Gestione del conflitto, economia, sicurezza, politica estera o interna, riconoscimento)
– Definizione specifica dell’oggetto del messaggio
– Definizione dell’atteggiamento degli Stati Uniti (neutrale, ostile, di supporto o poco chiaro)
L’analisi portata avanti ha dimostrato che sono gli eventi politici internazionali a determinare il livello di “engagement” degli Stati Uniti. Questo vale sia contro la convinzione comune che la politica portata avanti dal “parent state” o dal “patron state”, possa avere una qualsiasi forma di influenza rispetto al grado di coinvolgimento (engagement) di un terzo paese, sia rispetto all’ipotesi che il maggior “engagement” degli Stati Uniti con gli stati de facto debba essere ricondotto all’avvento dell’amministrazione Obama.
Nel caso specifico della Transnistria, come dimostra un cable del 26-11-2007 dell’ambasciata di Chisinau in cui è manifestata disponibilità di aiuto da parte degli USA nella gestione della crisi di siccità che sta affliggendo la popolazione della Transnistria, è impossibile non considerare gli eventi che in quello stesso periodo si stavano verificando nel sud del Caucaso. Al riguardo, è possibile trovare una conferma nelle stesse parole dell’Ambasciatore M. Kirby, secondo il quale una simile offerta, che poteva essere considerata “inusuale” e “senza precedenti”, rappresentava però un’importante opportunità per costruire il supporto necessario all’impegno statunitense in Transnistria. Di rilievo al riguardo devono comunque essere considerati anche i messaggi del 25 ottobre 2007 e del 9 aprile 2008 relativi alla gestione del conflitto, in cui emerge una strategia di supporto da parte del “parent state” (Moldavia) al coinvolgimento degli USA in Transnistria.
L’analisi dei cables wikileaks portata avanti permette di affermare che il caso della Transinistria contraddice la convinzione secondo la quale il coinvolgimento nelle dinamiche proprie di uno stato de facto deve essere ricondotto alla promozione del processo di democratizzazione o alla volontà di influenzare il processo politico interno al paese, favorendo l’equilibrio tra le forze politiche moderate e quelle più estremiste. Al riguardo di fondamentale importanza risultano essere i messaggi del 22-10-2007, 22-05-2008 e 16-06-2008, relativi alla presidenza Smirnov e alle proteste contro il suo regime. Così come emerge dai messaggi del 22 ottobre 2007 e da quelli del 22 maggio e 16 giugno 2008, il caso della Transnistria sembra confermare piuttosto l’ipotesi secondo la quale la strategia dell’”engagement senza il riconoscimento” risulta essere perfettamente coniugabile con una strategia di lungo periodo che predilige la neutralità e promuove l’equilibrio tra l’isolamento e la dipendenza dal “patron state”. Il messaggio a cui precedentemente si è fatto riferimento, relativo alla disponibilità ad aiutare la società civile a fronteggiare la crisi di siccità, e un altro messaggio del 26 novembre 2007 relativo alla disponibilità alla cooperazione bilaterale circa lo sviluppo di un’associazione di agricoltori locali, dimostrano tuttavia che così come nel caso delle relazioni governative, anche le relazioni con la società civile hanno visto un largo supporto da parte della Moldavia (parent state), e che nel caso specifico dell’engagement americano in Transnistria il riferimento alla società civile è stato più importante rispetto a quello verso i rappresentanti governativi (così come chiaramente indicato nel NSS).
Ancora una volta, è necessario sottolineare che l’importanza del cable del 24 giugno 2008, direttamente collegato a quello di risposta del 26 novembre 2007 relativo all’emergenza idrica, in cui gli Stati Uniti esprimendo sostegno all’integrità territoriale della Moldavia, sostengono la partecipazione della Transnistria al “Millenium Challenge Corporation” come parte del “Moldova Compact Program”, è legata al fatto che la posizione degli Stati Uniti sulla crisi di siccità, rappresenta la chiave di analisi della politica del paese in Transnistria. La convinzione espressa dalle stesse parole dell’ambasciatore M. Kirby: “The Transnistrians made a high-level policy decision to engage with the US Government…and Chisinau officials are becoming more flexible in their dealings with Tiraspol”, permette di sintetizzare perfettamente la politica di “non riconoscimento” portata avanti dagli Stati Uniti in Transnistria, nonostante, come emerso precedentemente, non si può affermare che essa si riferisca ad una strategia ad hoc. Non è possibile infatti parlare nel caso della Transinistria di una specifica e definita politica di “engagement senza riconoscimento” da parte degli Stati Uniti.
Come già detto precedentemente, il caso di Taiwan presenta rispetto a quello della Transnistria delle notevoli differenze. Innanzitutto è necessario sottolineare che, nel caso di Taiwan la ricerca dati su cui questo articolo è basata non è stata oggetto di analisi e sistematizzazione, così come è accaduto con la Transinistria. I risultati della classificazione dei cables relativi alle relazioni degli Stati Uniti con Taiwan, possono quindi considerarsi soltanto correlati ad ipotesi di ricerca basati su deduzioni che in gran parte risultano essere statistiche.
Considerare le dinamiche che permettono di definire la storia di Taiwan come stato de facto impone di considerare lo stretto di Taiwan secondo la logica del contenzioso Stati Uniti – Cina. I messaggi analizzati confermano quindi che la strategia principale portata avanti dagli Stati Uniti non è stata mirata, a differenza di quanto emerso nel caso della Transinistria, al contenimento della Cina, quanto piuttosto alla stabilizzazione delle relazioni nello Stretto.
Di particolare importanza devono essere considerati i messaggi relativi al periodo 2007-2008 (tra gli altri: 29 gennaio 2007, 16 agosto 2007, 26 settembre 2007, 14 gennaio 2008) che riflettono la volontà di Chen Shui-bian, allora presidente, di accelerare il percorso di separazione dalla Cina, proponendo un referendum sulla partecipazione di Taiwan alle Nazioni Unite come Stato indipendente. E quelli successivi, della seconda metà del 2008, relativi alla cooperazione Stati Uniti – Cina, al fine di evitare l’indipendenza di Taiwan. Questa specifica politica cinese deve essere ricondotta alla consapevolezza che un’azione di forza avrebbe avuto l’effetto parallelo di rafforzare la posizione del presidente Chen Shui-bian. L’”engagement” dell’ amministrazione Bush deve essere invece ricondotta all’analisi del “Taiwan Relations Act”, con il quale il paese si impegnava a difendere l’indipendenza di Taiwan. La debolezza dell’impegno americano, circoscritto al verificarsi di determinate condizioni, si accompagnò però alla dichiarazione dell’inutilità del referendum da parte del Segretario di Stato Americano, contribuendo ad erodere il sostegno popolare interno al referendum.
L’importanza dell’influenza cinese nelle relazioni internazionali di Taiwan emerge inoltre analizzando i cables del periodo 2005-2006, relativi in particolare alle relazioni economiche con il Vaticano, il Nicaragua, El Salvador, Haiti, ed altri. La politica cinese ha in questo periodo fortemente contribuito all’indebolimento di queste relazioni, attraverso la leva economica. L’analisi wikileaks conferma comunque la svolta rappresentata dall’avvento al potere del Partito Nazionalista Taiwanese nel 2008, la cui politica era basata sul miglioramento delle relazioni economiche con la Cina. Da notare che già durante la campagna presidenziale, il candidato nazionalista Ma Ying-jeou, aveva auspicato un miglioramento della politica dei “tre links”. L’analisi dei messaggi degli anni 2008 e 2009 conferma il miglioramento delle relazioni tra la Cina e Taiwan: in particolare è importante sottolineare l’invito da parte della Cina al vice presidente V. Siew al “Boao Forum for Asia” (07-04-2008/11-04-2008) e la disponibilità da parte della Cina ad accettare la partecipazione di Taiwan alla “World Health Organization” in qualità di osservatore (tra gli altri 07/25-11-2008, 01/24-12-2008).
La modernizzazione dell’esercito taiwanese, considerata all’interno del paese necessaria rispetto alla possibilità di invasione da parte della Cina, ha continuato comunque a rappresentare, al di là di questa distensione nelle relazioni, la principale strategia di “engagement” degli USA nel paese. I messaggi wikileaks degli anni 2008 – 2009 (tra gli altri 3/11/29-09-2008, 01/06-10-2008, 20-02-2009, 17-03-2009) dimostrano però la contrarietà cinese, che considerava la vendita di armi a Taipei come una violazione della dichiarata sovranità della Cina sul paese.
L’analisi dei cables wikileaks dimostra quindi che sono queste strategie della sicurezza a definire le relazioni degli Stati Uniti con Taiwan e di conseguenza quelle con la Cina. Taiwan, in quanto stato de facto ha rappresentato la bilancia geopolitica nelle relazioni sino-americane, e secondo alcuni studiosi, l’indipendenza de facto di Taiwan continuerà ad essere sostenuta dagli Usa fino a quando la Cina continuerà a rappresentare per il paese un temibile rivale geopolitico.
Questa analisi, che in parte può dirsi ancora embrionale e che merita sicuramente approfondimenti comparati (in particolare nel caso di Taiwan), conferma però che gli stati de facto non sono “buchi neri” illegali nell’establishment della politica e delle relazioni internazionali. Piuttosto, la comunità internazionale è coinvolta nelle relazioni con essi, per vari motivi e con diversi livelli di intensità ed “engagement” (così come perfettamente dimostrano i due casi considerati): essi permettono oggi di definire in certi casi gli equilibri stessi della comunità internazionale, confermando che “gli stati de facto rappresentano unità fondamentali molto più nella definizione delle dinamiche proprie della sovranità esterna di un paese che in quelle relative alla sua sovranità interna” (3).
- Berg, E., Pegg, S., Scrutinizing a Policy of “Engagement Without Recognition”: US Requests for Diplomatic Actions With De Facto States, Foreign Policy Analysis 0, pp. 1-20, 2016
- Huang, C. Y., Lee, J. T-H., Entangled Web: The Wikileaks and US-China Rivalries over Taiwan, International Journal of China Studies Vol. 4, N°. 3, pp. 285-300, 2013
- S., Berg, E., Lost and Found: The WikiLeaks of De Facto State–Great Power Relations, International Studies Perspectives, pp. 1–20, 2014
- Toomla, R., Conditions for informal engagement of states with limited recognition in international relations: an fsQCA analysis, paperroom.ipsa.org, 2014
- mrkva.eu
- cablegatesearch.net
- Lo studio è stato condotto durante il periodo marzo – giugno 2014, nell’ambito del progetto di ricerca del prof. E. Berg dell’Università di Tartu, sulla classificazione di cableswikileaks sul coinvolgimento politico degli USA negli stati de fact, in particolare in Transnistria e a Taiwan.