I risultati delle elezioni venezuelane sono un forte segnale contro le politiche di Maduro. Dopo la vittoria di Macri in Argentina e la grave crisi brasiliana, gli equilibri dell’America latina sono definitivamente mutati, ma la fase di transizione per il paese che ha guidato lo spostamento a sinistra nella regione sarà complessa.
La vittoria dell’opposizione in Venezuela è stata netta e decisa, perfino il distretto 23 de Enero, considerato una vera e propria roccaforte del chavismo, tanto da ospitare la tomba di Hugo Chávez ha votato contro Nicolás Maduro. I numerosi tentativi di Maduro di occupare, anche parzialmente, il vuoto mediatico lasciato dalla morte di Chávez sono miseramente falliti. Gli interminabili show con cui il defunto presidente intratteneva il paese sono stati imitati e replicati da Maduro e da altri esponenti dell’assemblea nazionale con risultati sia di audience che di ritorno d’immagine assolutamente scadenti. Le cadenas nacionales, una modalità di comunicazione prevista dalla costituzione che permette al presidente di parlare alla nazione interrompendo i programmi televisivi, hanno costituito il vero e proprio tratto fondante della politica di Chávez.
Oltre 2200 apparizioni in undici anni di presidenza, circa una trasmissione ogni due giorni, hanno accompagnato ogni momento della vita del paese. Le cadenas e il successivo fallimento delle tentate riedizioni di Maduro rappresentano al meglio l’impossibilità di raccogliere il lascito politico della rivoluzione bolivariana iniziata da Chávez nel 1999. Un sistema basato sul superamento del liberismo economico e del “capitalismo selvaggio” in favore di un modello di crescita autonomo, ispirato a un misto di giustizia sociale e populismo nazionalista. Ma soprattutto una autocrazia basata su un vero e proprio culto della personalità che ha avviato un processo di concentrazione della gestione del potere nelle mani di un élite di anno in anno sempre più ristretta. Le difficoltà economiche legate all’abbassamento del prezzo del greggio hanno influito in maniera determinante ma la personalizzazione della scena politica avviata da Chávez ha di fatto reso impossibile un prosieguo credibile.
La corruzione nel paese caraibico è giudicata come endemica da tutti gli osservatori internazionali, il tasso di criminalità è tra i più alti al mondo e le città venezuelane primeggiano nelle classifiche delle metropoli più pericolose del globo. La triste vicenda che ha visto coinvolti due cugini della first lady, arrestati negli Stati Uniti per traffico di droga, non ha certo aiutato la campagna elettorale e al tempo stesso rappresenta una metafora di un paese oramai ripiegato su stesso. L’inflazione ha raggiunto tassi iperbolici, circa il 200 per cento nell’ultimo biennio e le file per acquistare beni di prima necessità sono la norma ormai da alcuni anni. Maduro ha dichiarato che accetterà il verdetto delle urne “con etica e morale”, ma gli ostacoli sul percorso del chavismo in Venezuela sembrano essere molti.
I riferimenti ai complotti internazionali e a fantomatici nemici esterni non hanno impressionato i cittadini venezuelani e la situazione economica del paese appare gravissima. Il rischio di un default per il prossimo anno sembra concreto e le uniche soluzioni percorribili in tempi brevi sono uno smantellamento del complesso sistema sistema statale messo in piedi da Chávez e una riforma del controllo valutario della Banca Centrale del Venezuela, praticamente una vera e propria rinuncia al lascito della rivoluzione bolivariana. Anche i prossimi passi del partito di opposizione uscito vincitore dalle urne, la Mesa de la Unidad Democrática (MUD), non semplici. Le prime mosse saranno probabilmente legate alla liberazione dei tanti prigionieri politici detenuti nelle carceri venezuelane, la campagna elettorale è stata fortemente incentrata su questo tema e la popolazione si è mostrata molto sensibile alle continue violazione dei diritti umani esercitate dal governo.
La maggioranza dei due terzi permetterà alla MUD di controllare sia l’autorità elettorale che la nomina dei giudici della corte suprema. La minaccia di un possibile referendum costituzionale per sottoporre al giudizio popolare il prosieguo della presidenza Maduro giocherà un ruolo fondamentale, ma la riconversione ad una economia di mercato sarà un processo lungo e complesso. La grave crisi del paese potrebbe ulteriormente acuirsi e generare scenari drammatici e una possibile coesistenza tra la MUD e il chavismo sembra improbabile. La maggior parte dei leader dell’opposizione hanno vissuto in prima persona le conseguenze della repressione politica e la contrapposizione tra i due blocchi appare insanabile.
Gli equilibri della regione sono sempre più instabili, con il Brasile che si sta avviando verso una probabile nuova fase politica e un vento di liberismo ispirato dalla vittoria di Macri in Argentina. Un supporto della comunità internazionale per il Venezuela appare come la soluzione più auspicabile e il paese potrebbe trasformarsi in un laboratorio politico per la regione, cercando un equilibrio con l’Europa e soprattutto trovando un inedito rapporto con gli Stati Uniti.