L’ordine cinese, a metà ottocento non resse l’impatto con un sistema eurocentrico di stati-nazione. Con il crollo dell’ultima dinastia imperiale (1911), la Cina conobbe un fase di forte frammentazione interna. Sposando le teorie Marxiste uscì paradossalmente dall’isolamento internazionale ed entrò nell’era moderna, in cui l’Occidente tecnicamente avanzato, aveva fondato un ordine mondiale sul primato del potere statale, della diplomazia e della difesa dei propri confini.
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In questo ordine, l’Impero di Centro cinese, ha necessità di trovare una sua collocazione storica prima che politica. E’ impossibile leggere la storia cinese moderna, che comprende l’esperimento rivoluzionario di Mao, escludendo la parentesi repubblicana che seguì all’incontro con l’Occidente. Basandoci sulle teorie classiche ogni cosa è portata a seguire una “relazione di tipo armonico” yin-yang. Aprendosi alla contaminazione delle idee di rinnovamento sociale esposte dal Marxismo, la Rivoluzione Culturale Cinese cancellò la sua lunghissima storia imperiale per poter rientrare nella “Storia” con la S maiuscola, in adesione, a quello che era ormai ritenuto il corso universale del progresso sociale. Lo shock susseguito alla colonizzazione occidentale era stato tale da prevedere un ripensamento identitario e una chiusura. Nel periodo storico che seguì al 1949, i concetti di tradizione e modernità furono ampiamente sostituiti nel dibattito politico dall’unico termine: Rivoluzione. La Cina oggi ha ancora bisogno delle categorie del paradigma rivoluzionario per essere interpretata? La risposta è probabilmente no. Una risposta che sembrerebbe quasi scontata ma che per molti analisti oggi ancora non lo è.
E’ possibile identificare una forte volontà politica cinese di ricucire un rapporto tra passato e presente della Cina, tanto nei discorsi quanto nella pragmatica politica di Xi per il quale il “grande passato imperiale” e il “grande futuro” che spetta alla Cina moderna oggi è ‘possibile’. Non lo era ai tempi di Deng quando la Cina aveva appena cominciato la sua pacifica ascesa, e la sua apertura al resto del mondo nell’ottica di trasformare la relazione di alterità con l’Occidente. Nella formulazione della Teoria dei Tre Mondi di Deng, la Cina sosteneva l’unione del secondo e del terzo mondo in funzione anticapitalistica. Ma sbaglieremmo qui a pensare che allora la Cina di Deng fosse ancora ispirata ai principi rivoluzionari. Quello che ho inteso sottolineare fin dall’inizio di questa analisi è la necessità, per comprendere il mondo cinese contemporaneo, di sciogliere le categorie deterministiche di capitale e lavoro per interpretarne modernità e la direzione politica in chiave rinnovata. Ne è un esempio la narrativa di Xi, che persegue l’ideale nazional-patriottico promosso dalle classi intellettuali dirigenti della sua fazione nel Partito, fissando nel superamento della povertà il riscatto delle classi povere e rurali, perseguendo l’accentramento del potere, una più rigida presenza dell’apparato di controllo e di propaganda statale, unitamente ad una strenua lotta alla corruzione. Obiettivi che hanno di fatto concesso una libertà di azione al Presidente, oggi a capo di quasi ogni organo politico cinese, quasi totale.
Quello a cui stiamo assistendo è l’espressione più completa di quel socialismo con caratteristiche cinesi, di origine denghiana, – concetto probabilmente formulato a partire dalla necessità dei cinesi stessi di essere compresi e meglio raccontati dagli occidentali – come via cinese alla modernità, caratterizzata da una sostanziale stabilità politica, con il potere nelle mani di un unico Partito il PCC cui espressione diretta è il Congresso, (ufficialmente il più importante organo politico), e dall’apertura all’Occidente. Non è questa la sede per valutare se in ciò risieda una minaccia all’ordine occidentale attuale oppure no. Certo, è sotto gli occhi di tutti, analisti, operatori del mercato, governi e comuni cittadini, come la forte presenza cinese in termini di hard power economico stia trasformando alcune delle alleanze più consolidate. Oggi la Cina è un Paese moderno e tradizionale allo stesso tempo che bussa alla nostra porta e al quale dovremmo presto imparare a rispondere, con o senza l’aiuto di Marx.