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TematicheCina e Indo-PacificoAUKUS: qual è la prospettiva di Tokyo sull’accordo

AUKUS: qual è la prospettiva di Tokyo sull’accordo

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L’annuncio del nuovo patto difensivo AUKUS tra Stati Uniti, Australia e Regno Unito ha sorpreso molti degli alleati americani. Per alcuni, o meglio, per la Francia, l’accordo è una doccia fredda che ha suscitato profonde critiche. La maggior parte degli alleati ha invece accolto il nuovo patto con favore. Tra questi, Tokyo ha immediatamente espresso la propria approvazione per l’alleanza che va ad “assumere un ruolo cruciale nel mantenimento della pace e stabilità nell’Indo-Pacifico”.

AUKUS e capacità di deterrenza nell’Indo-Pacifico

L’accordo AUKUS si propone di approfondire la collaborazione tra i tre alleati in campo diplomatico, securitario e di difesa. La novità dell’accordo non è, di per sé, la formazione di un ulteriore meccanismo di collaborazione “minilaterale”. Nell’Indo-Pacifico, tali meccanismi abbondano, soprattutto quelli informali: oltre al più famoso Quad, si pensi ad esempio alle varie forme di “trilateral strategic/security dialogue” che già legano i vari attori regionali. La novità riguarda invece la prima iniziativa promossa attraverso la nuova alleanza: il trasferimento a Canberra della tecnologia per lo sviluppo di sottomarini a propulsione nucleare. Si tratta di un accordo storico se consideriamo che la prima ed unica volta in cui Washington ha condiviso tale tecnologia con un alleato (proprio il Regno Unito) risale al 1958. 

Nonostante il completamento di questo processo richiederà tempi prolungati e l’Australia non avrà, quindi, immediatamente in dotazione questi sottomarini, l’iniziativa ha importanti ripercussioni sull’assetto strategico della regione. I sottomarini a propulsione nucleare sono difficili da localizzare e svolgono un ruolo cruciale nelle operazioni di intelligence e sorveglianza. Tale sistema di propulsione consente lunghi periodi di autonomia in mare, senza la necessità di rifornimenti, garantendo quindi un dispiegamento prolungato e su distanze maggiori. Di conseguenza, il programma andrà sicuramente a potenziare le capacità deterrenti di Canberra, estendendone il ruolo nell’Indo-Pacifico.

Prima di Parigi, c’era Tokyo.

In seguito alla firma nel 2014 dell’accordo tra Giappone e Australia concernente il trasferimento di equipaggiamenti e tecnologia di difesa, la Mitsubishi Heavy Industries e la Kawasaki Shipbuilding, le due imprese del settore difensivo giapponese, avevano partecipato all’appalto per la fornitura di sottomarini alla Royal Navy australiana. Se l’accordo si fosse materializzato, il Giappone avrebbe fornito uno dei suoi gioielli militari, i sottomarini classe Sōryū a propulsione anaerobica (convenzionale). Questa opportunità sarebbe stata un punto di svolta per l’industria difensiva giapponese, la cui attività, fino a pochi anni prima, era limitata al solo mercato interno a causa di un bando sulle esportazioni di armamenti approvato dalla Dieta giapponese nel 1967.

Nel 2016, però, la vittoria era andata alla Francia che si era assicurata un contratto da circa $38 miliardi di dollari, uno dei maggiori contratti di difesa nell’Indo-Pacifico. I sottomarini francesi, anch’essi a propulsione convenzionale, sarebbero originariamente dovuti entrare in servizio nel 2030. Le negoziazioni tra Parigi e Canberra si sono però prolungate e, con l’accordo AUKUS, l’Australia ha praticamente abbandonato il contratto con la Francia a favore dell’accordo con Washington e Londra.

Il ruolo dell’AUKUS nella strategia di Tokyo

Che Tokyo abbia accolto calorosamente l’accordo tra Canberra, Londra e Washington non sorprende. Gli obiettivi taciti e non del patto sono in linea con la postura strategica giapponese, quella di garantire un Indo-Pacifico libero e aperto attraverso la collaborazione tra like-minded partners. Agli occhi di Tokyo, il patto va quindi a rafforzare la rete di alleanze e partnership che già animano la regione. Per Tokyo, l’accordo va, inoltre, a rinvigorire le garanzie e l’impegno statunitense in Asia e lancia a Pechino il segnale di un fronte sempre più allineato.

Secondo gli esperti giapponesi, l’AUKUS andrà certamente ad assumere un ruolo cruciale in tutte quelle situazioni che mettono a rischio non solo la stabilità regionale, ma anche la sicurezza del paese, ad esempio una possibile crisi nello stretto di Taiwan o un’escalation delle cosiddette aree grigie. Alcuni commentatori hanno quindi sottolineato la necessità che il Giappone mantenga il proprio coinvolgimento andando prontamente a istituire legami con l’AUKUS, ad esempio, approfondendo la condivisione di intelligence in preparazione di possibili contingenze e crisi nella regione. 

Uno degli scenari avanzati nel contesto di questo dibattito è quello di un “AUKUS Plus 1”, in cui il Giappone parteciperebbe in qualità di osservatore. Al di là della questione dei sottomarini a propulsione nucleare, che sarebbero difficili da vendere all’opinione pubblica giapponese, la collaborazione in campo informatico, di intelligenza artificiale, e tecnologie quantistiche promossa dall’accordo potrebbe infatti suscitare l’interesse di Tokyo. Questo scenario però non sembra coincidere, al momento, con l’opinione di Washington. La Casa Bianca ha infatti prontamente smentito la possibilità che il Giappone, così come l’India, possano venire coinvolte nell’iniziativa in futuro. 


Alice Dell’Era
Geopolitica.info

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