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Tokyo e la visione strategica per un Free and Open Indo-Pacific (FOIP)

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Negli ultimi anni, la regione compresa tra l’Oceano Indiano ed il Pacifico è divenuta una dei principali teatri della geopolitica mondiale. L’area dell’Indo-Pacifico, termine che ha velocemente soppiantato il concetto di Asia-Pacifico, è oggi considerata uno dei più importanti hub dell’economia e del commercio mondiale, e una delle aree più dinamiche dal punto di vista strategico. 

Tra il 2016 ed oggi, molti sono i paesi che hanno, quindi, elaborato una propria strategia per l’Indo-Pacifico. Si tratta non solo di paesi interni alla regione, ma anche di numerose potenze esterne, tra cui alcuni paesi europei. Il primo a formulare una nuova visione geostrategica imperniata sull’Indo-Pacifico è il Giappone di Abe che nel 2016, durante la sesta Conferenza Internazionale di Tokyo sullo Sviluppo Africano (TICAD) tenutasi in Kenya, ha annunciato per la prima volta la strategia di una “Free and Open Indo-Pacific” (FOIP).

Quali sono le origini della strategia FOIP?

Le origini della strategia giapponese FOIP risalgono alla visita di Abe in India, durante il suo primo mandato, nel 2007. In un discorso al parlamento indiano, Abe ha parlato della “confluenza dei due mari”, un’espressione tratta dal libro del principe moghul e scrittore persiano Dara Shikoh (1655). Secondo Abe, non c’è espressione più adatta per descrivere la dinamicità dell’area compresa tra l’Oceano Indiano ed il Pacifico. I due mari rappresentano, infatti, un’arteria fondamentale per la libera circolazione di merci, servizi, persone, capitali e conoscenze, e sono, pertanto emblema della libertà e prosperità della regione asiatica. La regione dell’Indo-Pacifico assume, quindi, un ruolo centrale nella strategia diplomatica della prima amministrazione Abe, una strategia che, a partire dal 2006, è volta a creare un “arco” di democrazie e prosperità (“Arc of Freedom and Prosperity”). Il discorso di Abe in India riprende tale iniziativa ed annuncia l’impegno di Tokyo a costruire una regione stabile e prospera attraverso la promozione di una serie di partnership con paesi che condividano valori liberal-democratici ed il rispetto per i diritti umani. 

L’iniziativa, accantonata a seguito del cambio di governo, riemerge nel 2012 durante il secondo mandato di Abe. L’idea di un “Arc of Freedom and Prosperity” con al centro la regione indo-pacifica viene sostitutita dal concetto di “Democratic Security Diamond” (Diamante della sicurezza democratica). Il termine si riferisce ad un gruppo di democrazie al cui vertice vi sono Giappone, USA, India e Australia, ed il cui obiettivo è quello di garantire la pace, stabilità e libertà di navigazione nella regione indo-pacifica dove, a partire dal 2010, la Cina appare sempre più come una potenza navale ambiziosa e risoluta. Tra il 2013 ed il 2016, il Giappone di Abe rivaluta, inoltre, la propria politica di sicurezza. Attraverso una serie di riforme a livello legislativo ed istituzionale, il paese si ripropone come un contributore proattivo alla pace e stabilità sia della regione che della comunità internazionale. È in tale contesto di ritrovato attivismo giapponese che la strategia FOIP prende forma. 

I cardini della FOIP di Abe e le differenze con l’approccio americano.

La strategia FOIP è volta ad espandere gli orizzonti della politica estera giapponese attraverso la formulazione di un approccio omnicomprensivo. L’iniziativa associa la prosperità e stabilità economica del paese e della comunità internazionale allo sviluppo, stabilità ed apertura dell’area geografica che spazia dalle coste orientali dell’Africa alle coste occidentali del continente Americano. L’obiettivo principale della FOIP è, quindi, quello di garantire che le rotte commerciali che attraversano l’Indo-Pacifico rimangano fondamentalmente un bene pubblico.

La FOIP di Tokyo si sviluppa attorno a 3 cardini fondamentali:

  • Promozione e protezione dell’ ordine mondiale fondato sul diritto e sulle istituzioni internazionali: parole chiave sono quindi il rispetto del diritto internazionale, dei principi del libero commercio e della libertà di navigazione, e la risoluzione pacifica di qualsiasi controversia.
  • Promozione di collegamenti intra e inter-continentali e sviluppo di partnership economiche al fine di garantire la prosperità della regione: parola chiave di questo cardine è “connettività”. L’obiettivo di Tokyo è triplice, migliorare innanzitutto la “connettività fisica” della regione attraverso investimenti in infrastrutture di qualità al fine di creare una serie di corridoi economici (la cosiddetta iniziativa “quality infrastructure investments”). In secondo luogo, migliorare la “connettività people-to-people,” investendo nello sviluppo di risorse umane. Infine, rafforzare la “connettività istituzionale,” attraverso la riduzione di ostacoli burocratici che impediscano stretti legami commerciali. 
  • Impegno a sostenere la pace e stabilità regionale: in particolare, assistenza ai paesi della regione nell’ambito di capacity-building, e cooperazione nel campo di assistenza umanitaria ed operazioni di soccorso in caso di calamità naturali.

L’idea di un Indo-Pacifico libero e aperto è stata prontamente adottata dai partner più stretti del paese, in particolare gli USA. Sebbene le strategie FOIP dei due alleati presentino molte affinità, l’approccio giapponese mantiene, tuttavia, una serie di caratteristiche distintive. Innanzitutto, l’iniziativa FOIP di Tokyo ricopre un’area geografica maggiormente estesa. Se per gli USA, l’Indo-Pacifico spazia dal continente Indiano alle coste americane, per Tokyo, la regione si estende oltre i confini dell’Asia-Pacifico e comprende anche parte del Medio Oriente e dell’Africa orientale. Inoltre, il focus operativo degli USA rimane principalmente quello strategico-militare. La FOIP americana, perlomeno durante l’ex Amministrazione Trump, sembra aver dato priorità alla cooperazione in campo di sicurezza, mentre la dimensione economica della strategia ha continuato ad essere per lo più inconsistente, se non completamente assente. Al contrario, i cardini della FOIP giapponese dimostrano che la visione di Tokyo è, in primo luogo una strategia diplomatica ed economica improntata prevalentemente allo sviluppo di infrastrutture che favoriscano connettività e collegamenti commerciali tra i paesi della regione. Il fatto che il concetto di “infrastrutture di qualità”, un’iniziativa che precede la FOIP, costituisca uno dei cardini centrali dell’approccio giapponese, ne è un chiaro esempio.

Strategia esclusiva o visione inclusiva? 

La strategia FOIP ha attratto pareri discordanti. Per alcuni si tratta di un tentativo di contenere una Cina sempre più influente. Per altri, la strategia è volta a mantenere il Giappone in gioco nello scacchiere delle grandi potenze. Per altri ancora, FOIP offre un’alternativa alla nuova Via della Seta cinese. Se, in principio, l’“Arc of Freedom and Prosperity” e il “Security Diamond” sembravano segnalare un tentativo di contenimento della Cina, nel caso della FOIP, i toni del governo giapponese risultano essere maggiormente moderati. Tokyo ha più volte sottolineato che la strategia non mira, infatti, ad arginare la crescita della potenza cinese. Nonostante il governo giapponese, sia sotto Abe che, più recentemente sotto Suga, abbia più volte espresso la propria preoccupazione per il comportamento della Cina, il Giappone non ha infatti apertamente aderito alla retorica provocatoria di Trump. Inoltre, per riferirsi alla FOIP, Tokyo ha preferito abbandonare il termine strategia in favore dell’espressione più sobria di visione. L’approccio più bilanciato del Giappone non sorprende, soprattutto se consideriamo l’importanza della Cina per l’economia giapponese. Secondo i dati della JETRO (Japan External Trade Organization), la Cina è il principale mercato di destinazione delle esportazioni nipponiche (22% nel Dicembre 2020) e la principale fonte di importazioni (25% nel Dicembre 2020). La necessità di mantenere un approccio che bilanci cooperazione con moderata competizione sembra quindi essere alla base della trasformazione della FOIP da una strategia esclusiva ad una visione che non preclude necessariamente i rapporti con la Cina, purchè questa si impegni però a rispettare gli standard e le norme del diritto internazionale. In sostanza, più che una sfida al gigante cinese, l’iniziativa riprende l’invito a trasformare la Cina in uno stakeholder non soltanto forte, ma anche responsabile. Allo stesso tempo, tuttavia, l’approccio rilancia certamente la visibilità ed immagine del paese a livello internazionale, permettendo a Tokyo di riproporsi come una potenza benevola e leader dell’ordine liberale asiatico. 

Alice Dell’Era,
Geopolitica.info

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