Nell’agosto del 1914 gli Inglesi dichiarano la guerra al Kaiser e a settembre, al fine di convincere gli irlandesi ad arruolarsi nell’esercito di Sua Maestà, il Parlamento britannico decide di adottare una legge sull’autonomia (home rule), la cui applicazione è prevista alla fine del conflitto. Da sempre le difficoltà dell’Inghilterra hanno rappresentato per l’Irlanda un’opportunità per la libertà: sullo sfondo della minaccia della coscrizione e dell’estensione della mobilitazione generale, considerando i gravi problemi inglesi sul fronte occidentale e confidando sull’aiuto degli Imperi Centrali, i patrioti irlandesi ricominciano a cospirare. Il Consiglio supremo dell’Irb, nel dicembre 1915, stabilisce il giorno della rivolta: il 21 aprile 1916, che sarà poi posticipato al 24. Il lunedì di Pasqua del 1916, una forza di irlandesi armati – costituita di circa 1500 fra uomini e donne – cerca di occupare Dublino, con il fine ultimo di eliminare il dominio inglese in Irlanda e di dar vita a una Repubblica indipendente. Le circostanze che hanno portato all’Easter rising sono di grande complessità storica, sociale, politica e psicologica. L’insurrezione di Pasqua si risolse in una totale disfatta, che lasciò gran parte di Dublino in rovina; tuttavia senza di essa, l’Irlanda non sarebbe mai stata liberata dal dominio inglese. I capi, vivi, avevano pochi sostenitori anche fra i patrioti irlandesi; una volta morti divennero e rimasero gli eroi della loro Patria. Fu un grande paradosso storico, che forse gli inglesi non hanno mai compreso.
Dopo l’Atto d’Unione del 1800 l’Irlanda, occupata da sette secoli, è – puramente e semplicemente – annessa al Regno Unito. Per due volte le forze repubblicane insorgono per liberare Erin, col favore della “Primavera dei popoli” del 1848 e poi nel 1867, ma ogni volta la ribellione viene sedata nel sangue dagli occupanti.
Gli avvenimenti precipitano di nuovo nell’immediato anteguerra. Nel gennaio 1913 la comunità protestante “unionista” dell’Ulster decide di creare una milizia paramilitare: la Uvf (Ulster Volunteer Force). Per reazione, nel novembre dello stesso anno la direzione dell’Irish Republican Brotherhood crea la sua milizia: l’Irish National Volunteer Army, mentre il leader sindacale James Connolly mette in piedi l’Irish Citizen Army: un’organizzazione popolare di autodifesa destinata a contrastare le azioni dell’Uvf e a proteggere i cattolici.
Nella primavera del 1914 Pearse annuncia agli Irlandesi d’America che «non sa quando né come i Volontari irlandesi andranno contro l’Inghilterra, ma sa che ciò avverrà un giorno, perché l’Irlanda riprenderà la nobile attività delle armi e che lo si capirà quando si sentirà per le campagne il passo pesante delle legioni in marcia».
Il Consiglio Supremo dell’Irb, nel dicembre 1915, stabilisce il giorno della rivolta, ossia il 21 aprile 1916. L’atmosfera è quella di una veglia d’armi. Ma ai ribelli, galvanizzati dalla certezza di rappresentare la legittimità irlandese dinanzi all’arbitrio britannico, la situazione non appare disperata.
Vari decenni dopo, Nora Connolly, figlia del capo della Citizen Army testimonierà: «Mio padre aveva previsto di organizzare l’offensiva su tutta l’isola. Da Belfast a Cork, da Dublino a Limerick, dovevano combattere dei gruppi dell’Ira. Ma non si deve credere che si trattasse di un’operazione suicida, come ha voluto far credere una certa leggenda e soprattutto la propaganda inglese. Quel giorno mio padre e i suoi compagni giocarono le loro carte per mettere in difficoltà l’impero inglese».
Connolly non è un novizio nell’arte militare, ha l’animo di un guerrigliero; ha studiato in profondità le precedenti insurrezioni popolari sia in Irlanda che sul Continente. Ha firmato anche opere di strategia. Scrive Faligot: «Uomini come Connolly hanno realizzato la sintesi fra la tradizione delle guerre contadine irlandesi e i complotti urbani simbolizzati dal rivoluzionario francese Blanqui».
Il 24 aprile lo Stato maggiore repubblicano divide le sue forze in cinque battaglioni incaricati di neutralizzare i centri nevralgici di Dublino, dove i ribelli sperano di tenere a bada le forze britanniche. Il comandante Daly, alla testa d’un primo battaglione, occupa le Four Courts (il tribunale), Thomas Mac Dnagh prende la fabbrica Jacob, Eamon de Valera prende posizione alla panetteria Boland; Eamon Ceant si installa a South Dublin Union e Ahe al quartiere periferico di Fingall, al nord della città. Lo Stato maggiore della rivolta si stabilisce alla Posta centrale di Sackville Street, poi ribattezzata O’Connell Street.
I repubblicani scelgono così di mettersi sulla difensiva: sarà questa una volontaria condanna alla disfatta?
Non secondo le teorie del generale von Moltke, per il quale: «Se il nemico è costretto ad attaccare, un capo militare intelligente riuscirà spesso scegliendo posizioni difensive per un verso ma offensive da un punto di vista strategico».
Dopo aver respinto il primo giorno una colonna di lancieri, gli irlandesi si lasciano accerchiare dalla truppe inglesi superiori di numero e meglio equipaggiate. Dublino, di giorno in giorno, si trasforma in una trappola mortale per i repubblicani, che rimangono assediati: per cacciare un pugno di insorti gli inglesi sono pronti a radere al suolo la capitale d’Irlanda.
Dopo un ultimo tentativo di rompere l’accerchiamento, il 29 aprile alle 15.45, Pearse dà l’ordine di resa. L’insurrezione è domata. La repressione inglese è implacabile: 80 dirigenti nazionalisti sono condannati a morte per tradimento da una corte marziale; fra il 3 e l’8 maggio quindici di loro, fra cui quelli del Governo provvisorio, sono fucilati. Il sogno irlandese è momentaneamente soffocato nel sangue.
Si è discusso molto sugli errori tattici commessi dagli Irlandesi. Si può considerare che la scelta di concentrare le loro forze su Dublino, mentre gli Irish Volunteers sono meglio organizzati nella campagna, fu un grave errore. Questa scarsa mobilitazione in campagna mette in luce la debolezza degli insorti sul piano della comunicazione.
Sembra inoltre che gli insorti non abbiano valutato un parametro essenziale per la rivolta: lo stato psicologico della popolazione. Non soltanto non ci fu una vera adunata dei Dublinesi (al di là delle truppe del Curragh), ma il primo giorno è sotto i lazzi di una folla montata dalla propaganda inglese che i ribelli percorrono la via Sackville, ed è sotto gli sputi di questa che si consegnano al nemico.
Gli Inglesi non riescono comunque a cogliere i benefici di questa vittoria su un pugno di ribelli scarsamente armati. Per loro il bilancio delle perdite è particolarmente significativo: sono uccisi circa 500 dei loro soldati, mentre le perdite per gli insorti durante i combattimenti ammontano a 63. Ma soprattutto, avendo deciso di distruggere Dublino per domare la resistenza, lo Stato Maggiore inglese dilapida in qualche giorno il capitale di simpatia che poteva avere all’inizio della rivolta. Le circa 300 vittime civili uccise dalle bombe inglesi avranno un grave peso sul bilancio politico; l’esecuzione nella prigione di Killmainhm dei membri del Governo Provvisorio rappresenta un vero e proprio shock: gli Irlandesi non tardano a identificarsi con questi eroi divenuti martiri, e il vecchio odio del Sassenach si rinnova. A tal punto che quando si ripresenta l’occasione di lottare contro il nemico tradizionale, l’assemblea degli Irlandesi si ritroverà tutta unita.
Ė Lloyd George, primo ministro inglese, ad appiccare di nuovo il fuoco alle polveri il 9 aprile 1918, con un decreto che impone la leva obbligatoria per rafforzare le truppe sul Fronte occidentale. L’Irlanda insorge e l’Impero britannico reagisce ancora una volta in maniera molto maldestra, moltiplicando gli arresti fra i repubblicani. Il risultato non si fa attendere. Su una base di estrema tensione le elezioni del dicembre 1918 consacrano la vittoria di un movimento indipendentista. Su 105 deputati ne vengono eletti 73 dello Sinn Fein, che, come promesso, rifiutano di riunirsi a Westminster e creano la Camera nazionale dei deputati d’Irlanda, la Dail Eireann. Il 21 gennaio 1919 i rappresentanti del Popolo irlandese si riuniscono alla Mansion House, l’Hotel della città di Dublino, per proclamare la nascita della Repubblica e lanciare un «appello alle nazioni libere del mondo».
La sera stessa un distaccamento di volontari irlandesi, presso Tipperary, si impadronisce di un furgone, uccidendo due membri della polizia locale. Inizia così la Guerra d’indipendenza. Questa volta, grazie alla avvedutezza, alla conoscenza del terreno, al sostegno deciso della popolazione, e grazie anche a una eccellente strategia di guerriglia e a un’efficace rete d’informazioni, una armata raccogliticcia piegherà il potente Impero britannico!