Taiwan lontana dai pensieri europei preoccupati per il conflitto in Ucraina e dalle difficoltà energetiche ed economiche che stanno travolgendo il Vecchio Continente. Taiwan che deve impensierire Bruxelles. Le cancellerie europee più avvedute sono preoccupate per le implicazioni derivanti dalla sfida tra le Repubblica Popolare Cinese e gli Stati Uniti d’America per il controllo del Pacifico, ove il terreno di scontro eletto risulta essere Taiwan. Ad agosto la Cina ha vietato una serie di scambi commerciali con Taiwan in risposta alla visita del presidente della Camera Nancy Pelosi a Taipei. Ora se la recente prassi occidentale normalmente prevede l’imposizione di sanzioni economiche nei confronti dei propri avversari, Pechino ha manifestato la propria forza inscenando esercitazioni militari “a fuoco vivo” nel mare che circonda il territorio conteso.
TSMC, il cuore della dipendenza
La Taiwan Semiconductor Manufacturing Company è la più importante e strategica azienda al mondo nella produzione di semiconduttori. Per suddetto motivo è anche il perno e lo scudo della difesa, ma soprattutto della sussistenza e del prestigio internazionale di cui gode Taiwan. L’importanza dei semiconduttori è rappresentata dal fatto che essi sono la struttura materiale che permette il funzionamento di televisori, smartphone, auto, frigoriferi, perfino aeroplano. TSMC rappresenta il cuore della globalizzazione. La TSMC di Taiwan e la coreana Samsung, i due proxy occidentali in Asia, detengono il 70% del mercato globale della produzione di semiconduttori. A questo dato va aggiunto che esclusivamente le sopracitate aziende sono le uniche al mondo in grado di produrre chip a meno di cinque nanometri. Strategicamente fondamentale per la sopravvivenza economica dell’Occidente, la taiwanese TSMC è anche il simbolo degli errori strategici compiuti negli ultimi decenni ad ovest. Infatti, TSMC fu fondata da Morris Chang quattro decenni addietro, un ingegnere della Texas Instruments. Morris Chang rappresenta l’esempio eccellente di come le aziende tecnologiche occidentali abbiano perso l’esperienza che deriva da un processo specializzato.
La dipendenza europea
Lo scorso 8 febbraio la Commissione europea ha introdotto il pacchetto legislativo denominato “Chips Act” che prevede il raddoppiamento della produzione europea di semiconduttori entro il 2030 al fine di rendere autonomi gli Stati membri dalle forniture poste fuori lo spazio comunitario. Come sottolineato poc’anzi ciò però sconta un deficit di ricerca e di specializzazione.
I chips a meno di 5 nanometri – prodotti solamente da TSMC e Samsung – saranno fondamentali per la guida autonoma, un mercato che rappresenta il driver della ricerca automobilistica atlantica da oltre un lustro. Recentemente ha suscitato scalpore e preoccupato le cancellerie occidentali, che se non nell’attivismo anglo-americano restano immobilizzate, l’allarme lanciato dal ministro degli Esteri dell’isola Joseph Wu, secondo cui «la Cina ha usato le esercitazioni e il suo manuale militare per prepararsi all’invasione di Taiwan». Parlando in una conferenza stampa, Wu ha aggiunto che «la vera intenzione di Pechino è quella di alterare lo status quo nello Stretto di Taiwan e nell’intera regione dell’Asia-Pacifico». Quel che spaventa l’Unione europea è nel caso di un attacco cinese a Taiwan lo stop alla fornitura dei preziosi semiconduttori. Infatti, come nel caso del conflitto in Ucraina, l’incapacità di rendersi strategicamente autonomi nelle forniture primarie per le industrie e le economie rendono del tutto vane le intenzioni di Bruxelles di potersi misurare con i giganti asiatici o d’incidere globalmente. Nel 2021 i macchinari e gli elettrodomestici hanno rappresentato quasi il 60% delle importazioni dell’UE da Taiwan. La preoccupazione maggiore per le imprese europee sarebbe l’improvvisa riduzione delle forniture di chip elettronici – non solo un blocco totale in caso di attacco militare cinese – il quale unito all’esplosione del prezzo dell’energia significherebbe l’immediata sospensione di gran parte delle produzioni europee.
Taiwan ha bisogno degli europei
Se l’AUKUS è l’unione protagonista nella partita dell’ordine liberale occidentale è cristallino come non si possano escludere in alcun modo gli europei dal concerto diplomatico internazionale e soprattutto non vederli come una fonte di pressione su Pechino. La forza europea risiede nella potenza economica tedesca, nel ruolo francese presso le Nazioni Unite e militare nell’oceano Pacifico, nel ruolo e nell’azione anticinese espressa da alcuni paesi come la Lituania -che vedono in Pechino il garante di Mosca – ed infine nella che si rete di relazioni internazionali che unitamente a Bruxelles ogni paese dell’UE coltiva in modo parzialmente autonomo. Inoltre, nel 2020 essendo divenuto il quattordicesimo partner commerciale europeo – con una bilancia commerciale a suo netto favore – Taiwan sa che senza europei anche il suo predominio sui mercati potrebbe divenire preda degli sforzi di alcune compagnie su cui la Cina e gli USA stanno fortemente investendo, senza scordarsi mai della coreana Samsung.
Taiwan è fondamentale per l’Unione europea anche nel costruire un’identità globale che ponga i cosiddetti diritti umani e il concetto di democrazia liberale come leitmotiv dell’azione europea nel contesto globale. Ad oggi quello tra Taiwan e UE è un rapporto di convenienza economica. Di necessità strategica. Di sussistenza dinanzi un ordine globale nel caos ove non si permettono più fraintendimenti e passi falsi. Taiwan e UE hanno necessità gli uni degli altri, ma se si dovesse bloccare il primo, crollerebbe la seconda con tutta la sua economia.