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Il Sudan tra sospensione di fondi internazionali, proteste e insicurezza alimentare

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Dalla destituzione di Omar Al-Bashir, al governo di transizione democratica guidato dall’ex funzionario ONU Abdalla Hamdock, al golpe militare dell’ottobre 2021, il Sudan che sembrava essersi avviato verso una transizione democratica rimane una regione instabile. Alla sospensione dei fondi internazionali, ai disordini nelle città, in cui da ottobre 2021 hanno già perso la vita decine di civili, si aggiunge l’insicurezza alimentare aggravata dal conflitto russo-ucraino. Il paese, che secondo le stime dell’ultimo report del World Food Programme si confrontava con una crescente insicurezza alimentare (l’insicurezza alimentare colpisce circa 9,8 milioni di persone su una popolazione di 46,7 milioni), importa circa l’85% di grano dalla Russia e dall’Ucraina. Una situazione esplosiva che potrebbe contribuire all’intensificarsi dei flussi migratori. 

I fondi internazionali hanno un ruolo fondamentale per lo sviluppo del Sudan e per la stabilizzazione democratica del paese. Dopo 30 anni di regime di Al-Bashir terminati con la sua destituzione avvenuta nella primavera del 2019, il paese sembrava essersi avviato verso una transizione democratica potendo contare sui fondi internazionali per avviare una serie di riforme economiche, volte a migliorare le condizioni di vita della popolazione sudanese. Il colpo di stato militare dell’ottobre 2021 ha però radicalmente cambiato la situazione. I fondi internazionali, come comunicato dal Presidente della Banca Mondiale David Malpass all’indomani del colpo di stato dell’ottobre 2021 sono stati sospesi. La sospensione dei fondi, alimentando l’instabilità generale del paese, ha un impatto devastante sulla ripresa e sullo sviluppo sociale ed economico.

Le proteste continuano animatamente in tutto il Sudan. Dalla capitale Karthoum, ad altre città tra cui Port Sudan, Bahri, Omdurman, Madani e El Obeid. Così, le manifestazioni iniziate ad ottobre 2021 continuano ad alimentare l’instabilità del paese. Le ultime agitazioni sono state registrate l’11 aprile, in occasione del terzo anniversario dalla destituzione di Al-Bashir. Come riportato da Aljazeera i manifestanti invocano la cacciata dei militari e chiedono la transizione democratica.

Ad aggravare la situazione precaria, si è aggiunto il conflitto in Ucraina che ha provocato un aumento repentino dei prezzi di alcune materie prime, tra cui il grano. Per un paese che conta per l’85% sull’importazione di grano ucraino e russo e che, come già evidenziato dal World Food Programme sta affrontando una crisi alimentare, l’ulteriore instabilità provocata dall’aumento dei prezzi delle materie prime può portare ad un deterioramento della situazione. L’aumento del prezzo del grano è inoltre probabile che generi l’aumento della domanda di altri alimenti base, come il sorgo, causandone un aumento dei prezzi. Se si considera anche la svalutazione della sterlina sudanese, è verosimile che aumenterà il numero di persone che necessitano assistenza umanitaria. Secondo le stime del Word Food Programme, circa 20 milioni di sudanesi, ovvero quasi la metà dell’intera popolazione, potrebbero aver bisogno dell’assistenza umanitaria per soddisfare i bisogni primari. 

L’instabilità del Sudan oltre a ripercuotersi internamente sulla popolazione civile che soffre le più dure conseguenze umanitarie, può ripercuotersi internazionalmente andando ad incidere sulla tematica delle migrazioni. Da un lato si potrà andare in contro ad un numero maggiore di sudanesi che saranno costretti ad abbandonare il paese in cerca di condizioni socio-economiche migliori, dall’altro lato, se si considera che il Sudan si trova su una delle principali rotte migratorie verso l’Europa, la maggiore instabilità potrà generare ulteriori flussi. Di conseguenza, i flussi migratori, oltre ad avere un impatto sui paesi vicini al Sudan, potrebbero averlo anche sulla stessa Europa. 

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