Da settimane veniamo aggiornati dai principali giornali di tutto il mondo riguardo lo stato dei piani vaccinali contro il Covid-19, sulla loro efficacia, su chi e quanto acquista e su chi esporta. Per chi si occupa di geopolitica, è interessante dare uno sguardo alla questione senza soffermarsi su valutazioni politiche, e sicuramente senza analizzare gli aspetti scientifici, che vanno oltre le competenze di chi scrive.
Le considerazioni sulla partita mondiale dei vaccini sono innumerevoli e comprendono inevitabilmente molte voci che giudicano la questione da un punto di vista geopolitico. Iniziamo quindi dal Paese in cui tutto questo è iniziato. La Cina ha sviluppato tre diversi vaccini negli ultimi mesi. Per Xi Jinpig, il vaccino è uno strumento di soft power da utilizzare in politica estera, partendo dal fatto che la pandemia è sotto controllo da mesi. Grazie a questo fattore, Pechino ha la possibilità di mettere a disposizione di altri Paesi le proprie dosi di vaccino. Infatti, negli scorsi mesi, una lunga lista di Stati ha mostrato interesse, o ha già acquistato, milioni di dosi di vaccini cinesi. La distribuzione geografica rispecchia l’agenda di politica estera cinese, ovvero si estende in America Latina, sud-est asiatico, ma anche Nord Africa e Balcani. Pechino proietta all’estero le proprie competenze sanitarie, con l’intento quasi di riequilibrare la propria immagine, corrosa dal fatto che la pandemia sia scoppiata proprio in Cina, ma anche per ottenere un maggiore livello di influenza politica in futuro.
Per la Russia, la situazione è diversa. Innanzitutto, la crisi sanitaria è ben lontana dall’essere superata all’interno del Paese. Tuttavia, la Russia cerca di inserirsi in quelle aree lasciate “sguarnite” dalla distribuzione dei vaccini occidentali. Il vaccino russo Sputnik V, realizzato dall’azienda Gamaleya, ha seguito un iter diverso rispetto ai vaccini occidentali AstraZeneca, Pfizer/Biontech e Moderna, a cui si è da poco aggiunto Johnson&Johnson, che verrà seguito da Novavax. Invece del tradizionale percorso sperimentazione-approvazione/registrazione-distribuzione, la distribuzione di Sputnik V è iniziata prima della sua registrazione. Le priorità strategiche di Mosca hanno spinto affinché la distribuzione del vaccino fosse possibile già prima della conclusione dei necessari studi clinici. Nonostante solo meno del 5% della popolazione russa sia stata vaccinata oggi (prima metà di marzo 2021), il Cremlino sta proponendo il vaccino a chiunque lo voglia, non solo ad ogni cittadino russo, ma anche ai governi di altri Paesi. Riviste scientifiche occidentali, sulla scia del crescente interesse da parte di alcuni Paesi UE verso il vaccino russo, hanno studiato sperimentazioni e analisi effettuate sul vaccino per certificare l’efficacia del preparato. Al momento, Sputnik V sembra garantire un’efficacia del 91%, quindi una percentuale molto soddisfacente, se confermata.
Per ora, la pressione americana sull’Europa Occidentale affinché i paesi europei programmino di distribuire principalmente i vaccini “anglo-americani” regge, ma le prime crepe iniziano a farsi vedere. Innanzitutto, alcuni Paesi dell’Europa orientale hanno a più riprese comunicato di essere interessati ad acquistare e distribuire il vaccino russo, così da compensare le dosi mancanti degli altri vaccini dovute ai ritardi nella produzione e alle difficoltà logistiche di distribuzione. Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca hanno già avviato i processi di approvazione del vaccino, l’Ungheria l’ha già concluso e da Bruxelles è arrivata la comunicazione che nel caso in cui un quarto Stato membro facesse richiesta, l’UE sarebbe disposta ad avviare negoziati ufficiali con i produttori di vaccini per lo Sputnik V. Le necessità degli Stati membri si stanno facendo sempre più pressanti, rendendo i governi impazienti di fronte ai procedimenti che l’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali) deve portare avanti per l’approvazione del vaccino. Ma non è quanto: nelle ultime settimane, si è fatta strada l’idea di produrre lo Sputnik V direttamente all’interno dei Paesi UE. La Camera di Commercio Italo-Russa ha comunicato l’8 marzo scorso che la compagnia svizzera Adienne Pharma & Biotech ha firmato un accordo per l’avvio della produzione del vaccino in Italia a partire da giugno. L’avvio effettivo deve passare attraverso l’iter di autorizzazione dell’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco. Finora, nessuna agenzia nazionale dei Paesi UE ha approvato un vaccino prima dell’autorizzazione dell’EMA. La questione è di fatto complicata e molto “politica”. Nonostante il governo italiano, riecheggiato dal fondo governativo russo Russian Direct Investment Fund (RDIF), abbia affermato che si tratta puramente di un accordo privato, la rilevanza della questione lo proietta in una dimensione politica molto più delicata – ricordiamo l’esempio del progetto di gasdotto Nord Stream 2, lontano dall’essere un semplice accordo commerciale nonostante sia stato più volte così battezzato. Il governo Draghi rinvia a quanto affermato dalla Commissione Europea, ovvero che al momento Sputnik V non fa parte della strategia di vaccinazione europea. Il Presidente della Camera di Commercio Italo-Russa Vincenzo Trani ha comunque ricordato che la produzione del vaccino non corrisponde alla sua distribuzione, differenza che garantirebbe che l’EMA si pronunci sulla qualità del vaccino prima che possa venire distribuito a livello europeo. Ciò significa che nel caso in cui Sputnik V iniziasse ad esser prodotto in UE e che l’EMA non ne autorizzasse la distribuzione, gli Stati membri potrebbero esportarlo a quei Paesi in cui l’autorizzazione è già stata garantita (46 nel mondo). Ma questa possibilità sembra molto remota: con il susseguirsi dei ritardi dei vaccini occidentali, sarà inevitabile prendere in considerazione l’effettiva distribuzione della versione russa anche all’interno dell’UE.
Stati Uniti e Gran Bretagna, com’è noto, sono ad un punto molto più avanzato del loro piano di vaccinazione rispetto all’UE. Il fatto che l’EMA non fosse provvista di uno strumento che consentisse l’approvazione in tempi rapidi in caso di emergenza di nuovi vaccini ha rallentato il processo di autorizzazione, a questo si è unita una capacità produttiva europea molto inferiore rispetto ad altre aree del mondo, dovuta a decenni di disinvestimenti e diversificazione del tipo di prodotti farmaceutici. Accelerare sulla presa in esame dello Sputnik V potrebbe far recuperare parzialmente il tempo perso nei mesi precedenti, ovviamente a patto che il vaccino venga considerato affidabile. Fatto non scontato, soprattutto per l’opinione pubblica russa, un recente sondaggio ha infatti riportato che più del 60% dei cittadini russi non si fida di Sputnik V e non sembra intenzionato a vaccinarsi con esso.
«Sarà un’opzione vaccinale in più una volta che l’Ema dovesse dare la certificazione europea. I pochi dati pubblicati sulla rivista The Lancet sembrano interessanti dal punto di vista dell’efficacia. Come Aifa aspettiamo senza pregiudizi la pronuncia di Amsterdam e saremo pronti a raccoglierla con la stessa rapidità che abbiamo avuto quando si è trattato di ratificare l’approvazione dei precedenti vaccini». Con queste parole, l’Aifa ha voluto ribadire che l’Agenzia non valuterà con pregiudizi politici la possibilità di utilizzare il vaccino russo in Italia. In gennaio, la Russia ha prodotto 3,5 milioni di dosi e punta ad averne pronte 88 milioni all’inizio dell’estate. Un aspetto interessante è il fatto che la Russia sta puntando molto sulla concessione della licenza ad altri Paesi, stabilimenti di produzione sono già attivi in cinque Paesi, ovvero Brasile, Corea del Sud, India, Cina, Emirati Arabi.
Come spesso accade, le intenzioni di Mosca non sono chiare. Si tratta di vero altruismo internazionale, mera arma di politica estera, uno strumento diplomatico, o un misto di tutto ciò? Sicuramente la posizione russa non è chiara come quella degli Stati Uniti, che da pochi giorni hanno esplicitamente negato la possibilità di fornire aiuti ai partner europei prima che l’emergenza venga riportata sotto controllo sul territorio americano.
La cosa più importante, al momento, è capire quanto sia affidabile il vaccino russo nella maniera più rapida e trasparente possibile. Non è banale evidenziare ancora una volta che non se ne uscirà finché non ne saremo tutti fuori, senza distinzioni tra Paesi e aree geografiche. L’esperienza ci dice che la strada sarà impervia e piena di ostacoli. Spesso di natura politica.
Gianmarco Donolato,
Geopolitica.info