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Gli Stati Uniti individuano altre quattro basi nelle Filippine: riallineamento strategico compiuto?

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Lo scorso 1 febbraio 2023, il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti Lloyd J. Austin III, nell’ambito di una visita ufficiale nelle Filippine, ha incontrato la sua controparte filippina Carlito Galvez Jr. presso il quartier generale del Dipartimento della Difesa filippino, e successivamente il Presidente Ferdinand Marcos Jr.. In esito a questa visita, le Filippine e gli Stati Uniti hanno annunciato di voler accelerare ed espandere l’esecuzione del trattato di cooperazione militare EDCA, anche attraverso l’estensione dell’accesso militare americano ad altri quattro siti nell’arcipelago. Le conseguenze di questa decisione, come prevedibile, hanno profonde implicazioni strategiche nella regione e potrebbero impattare profondamente sull’allineamento strategico delle Filippine.

La visita del Segretario alla Difesa Austin si colloca in un contesto di riallacciamento dei rapporti diplomatici e securitari tra le Filippine sotto l’amministrazione di Ferdinand Marcos Jr. e Washington, dopo anni di tentativi di disallineamento o equidistanza tra USA e Cina, perpetrati dall’amministrazione di Rodrigo Duterte. Già nella seconda metà del 2022, infatti, l’arcipelago è stato visitato dal Segretario di Stato USA Antony Blinken e dalla vicepresidente Kamala Harris, i quali avevano già a loro volta espresso l’impegno di intervenire militarmente in caso di aggressione da parte di Paesi terzi, onorando gli impegni previsti dall’alleanza in vigore tra i due Paesi. Tali visite ed iniziative si collocano in un contesto strategico regionale in cui la presenza assertiva della Repubblica Popolare Cinese nel Mar Cinese Meridionale e nel Mar Cinese Orientale complica non poco i rapporti tra questa e i suoi vicini costieri, tra cui le Filippine. 

EDCA: le prospettive per il rilancio dell’alleanza USA-Filippine

Il citato EDCA – Enhanced Defense Cooperation Agreement tra USA e Filippine fu siglato nel 2014 proprio in risposta ad alcuni incidenti e stalli nel Mare tra la Guardia Costiera Cinese e imbarcazioni filippine, nonché alla costruzione di installazioni artificiali cinesi in alcuni atolli nella Zona Economica Esclusiva di Manila. EDCA garantisce l’accesso non permanente e a rotazione di personale americano in cinque basi delle Forze Armate filippine, per compiere azioni congiunte volte sia alla sicurezza marittima che all’assistenza in caso di disastri naturali. La possibilità di avere personale militare americano in prossimità delle isole e delle acque contese nel mare determinò l’accoglimento positivo di EDCA, nel solco della comune volontà dell’allora presidente Benigno Aquino e dell’amministrazione Obama di ammodernare e sviluppare l’alleanza che unisce i due paesi dal 1951 (le Filippine sono uno dei Paesi della rete di alleanze statunitensi nel Pacifico, chiamato “Sistema di San Francisco”). 

Tuttavia, l’implementazione di EDCA è stata ed è tutt’ora un punto di snodo cruciale per comprendere le relazioni di sicurezza tra USA e Filippine. Dal 2016 al 2021, infatti, i tentativi dell’amministrazione Duterte di riallineare il Paese in modo più favorevole a Pechino, nella speranza di ottenere benefici economici ed investimenti dalla Cina, hanno reso difficile se non impossibile progredire nell’implementazione dell’Accordo. 

È soltanto a seguito del fallimento di fatto di tali tentativi, riconosciuto di fatto verso la metà del 2021 dato il permanere dello stato di tensione nel mare e la mancata realizzazione di molti degli investimenti strutturali promessi, che il dialogo tra le burocrazie militari dei due alleati (mai davvero cessato) si è riacceso: con la Joint Vision for a 21st Century United States-Philippines Partnership, infatti, le due Forze Armate manifestavano l’esigenza di ammodernare l’alleanza del 1951 alla luce delle esigenze del nuovo secolo, avendo EDCA e la sua implementazione una parte fondamentale in tale progetto. 

Le ragioni strategiche dell’ampliamento di EDCA 

Tali vicende e il veloce riallacciamento dei rapporti tra i due alleati dopo l’insediamento di Marcos Jr. hanno portato all’annuncio degli scorsi giorni, in cui non solo si prevede che l’implementazione di EDCA nelle basi individuate debba essere accelerata, con investimenti americani a riguardo (si parla di 82 milioni di dollari), ma anche l’individuazione di altre quattro aree oltre alle cinque dell’accordo del 2014. Occorre menzionare che già due basi individuate dall’accordo originale sono locate in prossimità di isole contese: la base aerea “Antonio Bautista” a Palawan, vicino alle isole Spratly, e la base aerea “Basa” presso Pampanga, in linea d’aria rispetto a Scarborough Shoal, atollo oggetto di uno dei più gravi episodi di stallo marittimo tra Cina e Filippine. Secondo fonti non ufficiali, possibili ubicazioni delle basi aggiuntive potrebbero essere una ulteriore presso Palawan, e quasi per certo una base nel Nord Luzon, probabilmente presso Isabela o Cagayan. L’ubicazione di tali basi, specie di quest’ultime nel nord del Paese, rivela un probabile cambio di marcia strategico dei due partner. 

È infatti importante sottolineare come EDCA fosse un accordo nato in un contesto storico di tensioni nel Mar Cinese Meridionale, il cui la traiettoria della competizione tra superpotenze era ancora in fase di sviluppo, con tutte le incertezze del caso. Dopo diversi anni di progressivo inasprimento di tale competizione, ora le implicazioni di tale mossa sono più chiare: se EDCA infatti fosse ora esteso al punto da includere alcune basi a dirimpetto dell’isola di Taiwan, queste costituirebbero uno dei più importanti asset strategici americani nella regione, seppure le truppe statunitensi non vi stanzierebbero in modo permanente. Oltre che al chiaro interesse statunitense nell’avere una presenza militare a breve distanza dall’isola, parrebbe che vi sia un interesse di pari portata anche da parte di Manila. Già da tempo infatti sia politici che commentatori filippini osservavano come il Paese non potesse trascurare il crescente stato di tensione attorno l’isola di Formosa, in cui un potenziale conflitto avrebbe conseguenze enormi e pericolose per l’arcipelago, sia dal punto di vista della protezione dei propri confini marittimi che dal punto di vista dell’assistenza a potenziali rifugiati, e al rimpatrio dei lavoratori filippini nell’isola (circa duecentomila). 

Occorre poi considerare che, nonostante qualche sforzo operato al fine di ammodernare ed ampliare le proprie capacità militari, le Forze Armate Filippine rimangono inadeguate per fronteggiare da sola possibili minacce alla propria sicurezza derivanti dal permanente stato di tensione nel Mare, dovendo necessariamente contare sugli Stati Uniti e altri partner regionali per tali contingenze. Inoltre, la recente visita del presidente filippino Marcos Jr. in Cina lo scorso gennaio, al netto del consueto tono conciliatorio e di vaghe promesse di investimenti e cooperazione economica, non ha prodotto alcuna rassicurazione cinese in merito alle dispute nel mare. In quest’ottica, più che forse una vera e propria manifestazione di volontà, un forte riallineamento nell’orbita securitaria statunitense appare come una soluzione non ideale ma necessaria per le Filippine, non potendo sopportare i rischi di un allineamento dagli esiti quantomeno incerti e rischiosi con Pechino. 

La risposta di Pechino e le proteste seguenti l’annuncio

Per quanto la società filippina sia in genere preoccupata per il comportamento assertivo della Cina nel Mar Cinese Meridionale, e veda tendenzialmente in modo favorevole l’influenza statunitense nell’arcipelago, sono comunque scaturite proteste in seguito a tale annuncio. Gruppi di dissidenti in protesta affermano come tale evoluzione di EDCA costituisce un ritorno de facto della presenza americana nell’arcipelago, che nelle decadi precedenti il 1992 (anno in cui furono chiuse le basi permanenti USA) causò anche problemi sociali (prostituzione e abusi), e che in generale costituiva il simbolo del passato coloniale del Paese mai veramente superato. Inoltre, alcuni manifestanti si chiedono come una soluzione di questo tipo, indubbiamente di militare e volta alla deterrenza, possa in realtà soltanto esacerbare il corrente stato di tensione. Non a caso, anche la risposta di Pechino a tale annuncio echeggia alcune lagnanze di tali dissidenti, manifestando disappunto su come un Paese asiatico vicino (per cui di identità affine) abbia permesso agli Stati Uniti di alimentare tensioni e perpetrare la propria politica di “gioco a somma zero” tra superpotenze nell’immediato vicinato, minando la pace e la possibile cooperazione economica. Non solo, assieme a tale disappunto è arrivata anche la raccomandazione per Manila di non doversi immischiare nel gioco delle grandi potenze, con il rischio di conseguenze travolgenti. Nel merito, tuttavia, c’è però da osservare come Washington e Manila si siano mossi in un momento in cui il Dragone soffre di alcune problematiche interne, sia riguardo la gestione della pandemia sia il rallentamento economico dell’ultimo anno, che potrebbero rendere ritorsioni di grande portata di difficile attuazione o scarsa convenienza per Pechino, da ultimo dunque mitigando gli effetti geopolitici immediati dell’annuncio. 

EDCA e non solo, più cooperazione militare con USA e partner

L’accelerazione sull’implementazione di EDCA, se effettivamente compiuta in modo efficace, aprirebbero le porte ad un maggiore coinvolgimento di Manila nelle iniziative multi- e mini-laterali di sicurezza nella regione, con al centro gli Stati Uniti. Lloyd Austin stesso ha confermato che l’annuale esercitazione congiunta USA-Filippine (Balikatan) vedrà un ancora maggiore dispiegamento di forze e viene confermata la partecipazione alle stesse anche di Paesi alleati quali Giappone e Australia. In tale contesto, è ragionevole ritenere che Manila dovrà sempre più rafforzare il dialogo strategico con tali partner, come già del resto intrapreso anche nel corso dell’anno precedente

Conclusione: l’equidistanza è un lusso troppo caro per Manila?
In conclusione, la potenziale apertura di nuove basi specie nel versante nord dell’arcipelago contribuirebbe a “blindare” Taiwan anche nello stretto di Luzon, in una mossa che enfatizza quanto le Filippine siano di interesse strategico per Washington. Tale allineamento strategico filippino si sta inoltre configurando sempre più come un unicum nella regione del Sudest Asiatico e in seno all’ASEAN: se infatti i paesi della regione spesso manifestano la volontà di “non voler scegliere” tra Washington e Pechino, le contingenze geografiche, storiche e materiali Filippine impongono a Manila una scelta, anche spesso a discapito della volontà delle élite al governo di esplorare una maggiore cooperazione economica con la Cina. Quest’ultimo fattore, di non trascurabile importanza, sarà probabilmente determinante nel capire fino a che punto l’arcipelago vorrà allinearsi con Washington, e le necessità economiche probabilmente porranno le Filippine al centro geografico di iniziative securitarie USA come il QUAD, ma non necessariamente le renderanno un membro attivo. Molto dipenderà anche da come gli Stati Uniti saranno in grado di ricompensare Manila per tale allineamento, con iniziative di cooperazione e sostegno economico sicuramente annunciate ma che tardano a vedere effettiva e puntuale applicazione. 

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