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Stallo politico, proteste di piazza e relazioni estere in Iraq

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Nel luglio 2022 i sostenitori di Moqtada al-Sadr, leader del Movimento Sadrista d’ispirazione sciita, hanno assaltato la Green Zone di Baghdad, sede del Palazzo Governativo e delle ambasciate, dopo aver appreso delle dimissioni di al-Sadr come segretario del movimento e della sua intenzione di lasciare la politica.

Politica interna e attività del Movimento Sadrista

Il 29 agosto l’esercito ha ordinato il coprifuoco, mentre il Premier uscente, Mustafa al-Kadhimi, ha indetto la sospensione a tempo indeterminato delle riunioni del Consiglio dei Ministri. Nonostante la direzione del Movimento Sadrista abbia rilasciato una nota scritta, nella quale vietava l’avvio di proteste e l’utilizzo di slogan, i sostenitori sono scesi in piazza per protestare contro le dimissioni del leader.

Sia le Forze di Sicurezza Irachene, sia l’ONU, hanno invitato i manifestanti ad abbandonare la Green Zone, poiché la situazione esplosiva rischiava di destabilizzare lo Stato iracheno. La stessa Missione delle Nazioni Unite in Iraq (UNAMI) considera la situazione sociale e politica un’escalation molto pericolosa. Gli scontri hanno provocato almeno dodici morti, e le Forze di Sicurezza Irachene hanno sparato gas lacrimogeni sui Sadristi. É stata sospettata la presenza di miliziani filo-iraniani infiltrati tra i manifestanti.

Al fine di limitare l’espansione delle proteste di piazza, al-Sadr ha annunciato la chiusura di tutte le istituzioni del Movimento Sadrista, escluso il mausoleo di suo padre. Tale dichiarazione ha acceso ancor più il risentimento dei suoi sostenitori ed è stata accolta con scetticismo dagli osservatori esterni.

La crisi politica irachena ha avuto origine dalle elezioni politiche che si sono tenute nell’ottobre 2021. Nonostante il Movimento Sadrista abbia conquistato il maggior numero di seggi, non è riuscito a formare un governo di coalizione, a causa delle rivalità con i partiti sciiti di opposizione sostenuti dall’Iran e riuniti nella coalizione “Quadro di Coordinamento”.

Nel giugno 2022 molti esponenti del Movimento Sadrista si sono dimessi in blocco dal Parlamento, provocando duri scontri fra le fazioni politiche rivali, culminati a fine luglio nell’occupazione del Parlamento da parte dei sostenitori di al-Sadr.

Tale dimostrazione ha impedito la nomina di un nuovo Presidente della Repubblica e di un nuovo governo. Gli scontri hanno coinvolto anche il Supremo Consiglio Giudiziario, principale rappresentante del potere giudiziario. Il leader Sadrista si è rivolto senza successo a tale organo, per ottenere lo scioglimento del Parlamento e l’indizione di nuove elezioni politiche.

I disordini politici in Iraq sono presenti anche all’interno dello stesso schieramento. Il Movimento Sadrista è stato scosso dalle dimissioni dell’Ayatollah Kadhim al-Haeri, considerato come padre spirituale dai suoi seguaci.

Le dimissioni del leader religioso trovano una spiegazione nella delegittimazione di al-Sadr, incapace secondo costui di rappresentare i seguaci, e guidarli nelle battaglie politiche e culturali.

Con la vittoria nelle elezioni dell’ottobre 2021, al-Sadr ha cercato di vincere la partita per la formazione di un nuovo governo estromettendo dalla sua composizione il Quadro di Coordinamento, coalizione guidata dall’ex Premier Nuri al-Maliki, e tutte le fazioni che la compongono, attraverso la mobilitazione delle piazze. Questa strategia può rendere la situazione sociale ancor più instabile.

Il Movimento Sadrista non è l’unico partito a contendersi un ruolo di primo piano nel frammentato panorama politico iracheno e nella formazione di un nuovo governo. Dopo le elezioni si sono formati tre principali partiti, che si contendono la maggioranza dei voti: i Sadristi, d’ispirazione sciita, costituiscono solo il primo e più influente tra questi.

La seconda formazione politica è il Quadro di Coordinamento, coalizione di partiti sciiti che si oppongono ad al-Sadr. Nello schieramento figurano, tra gli altri, la coalizione per lo Stato di Diritto con a capo il Partito Islamico Da’wa dell’ex Premier Nuri al-Maliki con trentatré seggi, l’Alleanza Fatah di Hadi al-Amiri con diciassette seggi, la coalizione Aqd al-Watani di Falah al-Fayyad con quattro seggi e l’Alleanza della Vittoria dell’ex primo ministro Haider al-Abadi con quattro seggi.

Il quadro politico iracheno si completa con la coalizione sunnita Takaddum, guidata dal Presidente del Parlamento iracheno Mohamed al-Halbousi con trentasette seggi, e il Partito Democratico Curdo (Kdp) di Masoud Barzani con trentuno seggi.

L’influenza dell’Iran si fa sentire tramite le attività paramilitari del “Fronte di Resistenza” (al Mukawama), composto da milizie filoiraniane che si oppongono alla presenza di truppe statunitensi in Iraq.

Politica estera

In politica estera il Premier iracheno ha annunciato la fine della missione militare degli Stati Uniti in Iraq. Tale risultato è parte di quel “dialogo strategico” con gli Stati Uniti che il Premier uscente al-Kadhimi ha intrapreso al fine di ridefinire, in una posizione di equità, il ruolo degli Stati Uniti in Iraq, e il futuro delle relazioni tra i due Paesi.

Con la fine della presenza delle truppe statunitensi, l’Iraq ha tentato di allentare le pressioni politiche iraniane. Nei giorni seguenti l’uccisione del generale Solemaini, le truppe irachene e statunitensi hanno dovuto respingere sei attacchi in pochi giorni. Nonostante il ritiro sul campo delle truppe statunitensi dal territorio iracheno, la collaborazione tra l’Iraq e la Coalizione Internazionale anti-Daesh continua, in particolare nel contrasto ai miliziani dello Stato Islamico. Gli Stati Uniti non hanno ritirato del tutto le loro truppe dall’Iraq, al fine di contrastare il jihadismo e ridimensionare gli obiettivi strategici iraniani nello Stato mesopotamico.

La stabilità irachena rappresenta una questione importante per l’Unione Europea che, in vista delle elezioni anticipate di ottobre, ha inviato una missione di osservazione al fine di monitorare la transizione democratica del Paese. Le relazioni con l’Iraq sono importanti anche per l’Italia: nella primavera del 2022 il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio si è recato in visita nei contingenti militari italiani stanziati nel Paese. L’Iraq sta cercando di porsi come mediatore nelle crisi geopolitiche in Medio Oriente.

Il governo iracheno ha rapporti diplomatici molto tesi con la Turchia, per la possibilità di dover far fronte ad un nuovo intervento militare turco del nord dell’Iraq in funzione anti –curda. Se messa in atto sarebbe la seconda operazione turca dei territori curdi dello Stato mesopotamico, dopo l’Operazione Sole del 2008 avente il medesimo scopo. Il 21 luglio 2022 la Turchia ha bombardato la località turistica di Zakho, nel Kurdistan iracheno, causando la morte di nove persone. In seguito a tale operazione Baghdad ha preteso le scuse ufficiali, richiamando l’ambasciatore turco, mentre la Turchia dal canto suo, nega le proprie responsabilità parlando di false flag attack, e accusando di tale operazione le milizie filo-iraniane in Iraq.

La paternità dell’operazione militare contro la città di Zakho non è ancora stata rivelata dall’ONU, dato che il comunicato missione in Iraq delle Nazioni Unite non si è espresso in tal senso.

Tra le principali operazioni militari turche nel nord dell’Iraq rientrano le Operazioni “Claw-Eagle” e “Claw-Tiger”, avviate nel giugno 2020 con l’obiettivo di sconfiggere centocinquanta cellule del PKK che hanno trovato rifugio tra le montagne del nord est iracheno. Tali operazioni vengono condotte con un ingente dispiegamento di droni da combattimento.Le influenze turche e iraniane nella politica interna irachena non fanno altro che destabilizzare la fragile situazione politica del Paese con il rischio di provocare anche una crisi economica, che peggiorerebbe le condizioni di vita di molti civili, con un aumento incontrollato delle proteste di piazza, da sempre la principale fonte di problemi per il controllo del territorio da parte del governo.

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