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Fenomeno “Squid Game”: diplomazia culturale, censura e geopolitica della rete

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Campione di visualizzazioni su Netflix e protagonista di un acceso dibattito etico sul suo impatto su bambini e bambine, “Squid Game” rappresenta l’assalto sudcoreano alla produzione cinematografica e di animazione come strumento di esportazione culturale – una strategia di grande successo per USA e Giappone da decenni a questa parte. Ma cosa c’entra il “gioco del calamaro” con la geopolitica della rete?

Che la nuova serie di produzione sudcoreana sia un enorme successo planetario non è sicuramente passato inosservato in Italia e, più in generale, in Europa. Più in sordina è passata la penetrazione di Squid Game tra il pubblico cinese. Non si tratta di un elemento scontato: sui social network cinesi sono in corso dibattiti accesi non solo sui gusti personali degli utenti rispetto al prodotto cinematografico, ma anche rispetto alla capacità sudcoreana di esportare la propria cultura. Nell’utenza social cinese, si è diffusa in alcuni gruppi l’opinione che la Cina non sia in grado di esportare cultura tramite il cinema a causa della scarsa qualità della produzione cinese – dovuta a sua volta all’imperante censura nel settore. Tutto questo dibattito sta avvenendo pubblicamente, su Internet, senza che Squid Game sia legalmente disponibile in Cina.

Dove arriva la censura?

Ecco quindi aprirsi una serie di domande di natura (geo)politica. Che il regime cinese possa non apprezzare una serie TV di critica sociale (indipendentemente dai dibattiti già citati) dal grande successo e di produzione di un “vicino di casa” schierato a occidente non è una notizia sorprendente. Tuttavia, appare evidente come una fetta di popolazione cinese abbia superato la censura del cosiddetto “Great Firewall” e lo dichiari apertamente online.

Se questo può stupire visto l’immaginario diffuso in Occidente del regime cinese come un censore orwelliano, chi ha dimestichezza con la cybersfera cinese sa che la censura di Pechino è porosa e che una Virtual Private Network (VPN) è uno strumento sufficiente per superarla. Che questo poi possa avere conseguenze politiche e penali diverse a seconda del profilo individuale è una questione importante che merita di essere riconosciuta e trattata estensivamente altrove.

La porosità della censura cinese ha varie ragioni. Se da una parte Pechino ha interesse a controllare il flusso di dati e informazioni nel suo territorio e tra la sua cittadinanza, dall’altra non può negare la volontà della stessa di utilizzare servizi digitali, anche per esprimere opinioni, né la necessità delle aziende cinesi di essere integrate nel mercato globale – dove l’accesso alla rete è un elemento dirimente. Del resto, il cosiddetto “Great Firewall” ha una funzione economicamente protezionistica, oltre ad una politica. Pertanto, deve proteggere le aziende cinesi dalla concorrenza ma senza isolarle dal mercato globale.

Switch-off

Tema diverso in materia di censura online è invece quello degli “switch-off”. Se da una parte la censura è porosa, dall’altra la tendenza per molti regimi autoritari è quella di “spegnere” Internet a livello nazionale, intimando ai fornitori di servizi di rete di interrompere la fornitura del servizio. Il più recente caso del genere è stato in Sudan a seguito del colpo di stato dell’ottobre 2021, ma è solo l’ultimo di una lunga serie. Con questa pratica, si impedisce la circolazione di informazione online in forma completa.

Tuttavia, gli “switch-off” sono tendenzialmente di durata limitata. Del resto, torna nuovamente la necessità quotidiana di avere un’economia digitale funzionante per la maggior parte delle imprese strategiche di qualsiasi paese.

Geopolitica della rete: tra globalizzazione e controllo

Che si tratti di esportare prodotti culturali, servizi o prodotti industriali, per i governi la rete crea tensione fra la necessità di inserire la propria industria in un mercato globale e la volontà di contenere e controllare il flusso di informazione nella propria cybersfera domestica.

Anche se finora si sono menzionati solo governi autoritari, la stessa tensione esiste, in forma diversa, anche per i governi dei paesi democratici. La necessità di contrastare il discorso d’odio e i diritti di lavoratori e lavoratrici si scontra quotidianamente con il potere economico delle piattaforme e la volontà dei governi di mantenere aperti i canali d’accesso per la propria industria al mercato digitale. Le battaglie sindacali contro le condizioni lavorative proibitive nella logistica di Amazon sono un esempio.

Per concludere, non deve stupire se un fenomeno come “Squid Game” ha svicolato gli ostacoli tecnici, giuridici e politici imposti dal cosiddetto “Great Firewall” cinese. La porosità della censura è un elemento legato strettamente alla geopolitica della rete e all’economia politica della stessa.

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