L’11 Luglio 2020 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha adottato la Risoluzione n. 2533 sulla situazione del valico transfrontaliero in Siria, da utilizzare per l’emergenza umanitaria.
Il Consiglio di Sicurezza, attraverso tale risoluzione, oltre a ribadire il suo interesse, e quello della comunità internazionale, perché il conflitto siriano cessi e il Paese diventi stabile, esprime anche preoccupazione per la devastante situazione umanitaria che continua a rappresentare una minaccia per la pace e la sicurezza internazionale e nella regione.
Il Consiglio di Sicurezza ribadisce parimenti di attuare le misure presenti nelle precedenti risoluzioni (n. 2139, 2165 e 2191 del 2014; n. 2558 del 2015; n. 2332 del 2016; n. 2393 del 2017; n. 2401 e n. 2449 del 2018 e n. 2504 del 2020), in particolare soffermandosi sulla proroga, fino al 10 luglio 2021, di un meccanismo transfrontaliero, attraverso il solo valico di frontiera turco di Bab al-Hawa, e non più attraverso quelli di Al-Ramtha, al confine con la Giordania, di Al Yarubiyah, al confine con l’Iraq, e di Bab al-Salam, al confine con la Turchia, così da portare in Siria aiuti umanitari salvavita.
Eventuali progressi o meno sulla situazione umanitaria in Siria, saranno riportati dal Segretario Generale al Consiglio di Sicurezza, con cadenza regolare, così da avere la situazione sempre sotto controllo.
Nel frattempo…
Nel corso del Comunicato stampa tenutosi il 23 luglio, l’Inviato Speciale Geir O. Pedersen, ha detto al Consiglio di Sicurezza che “c’è bisogno di un’azione significativa sul fronte umanitario e dei diritti umani”, che bisogna rilasciare le migliaia di persone arrestate o rapite, affrontando altresì la questione delle persone scomparse (risoluzione n. 2474 del 2019), aspetti basilari per poter instillare la fiducia tra i siriani e a livello internazionale; in tale occasione, lo stesso ha evidenziato anche gli sforzi profusi assieme al Vice Inviato Speciale, per collaborare con i partiti locali e con il gruppo di lavoro – Iran, Federazione Russa e Turchia- alla stabilità dell’area.
Inoltre, Pedersen ha sottolineato i molteplici aspetti che concorrono a questo “tsunami di sofferenza”:
- Ad anni di conflitto, si sommano infatti il crollo dell’economia con l’annesso aumento della disoccupazione, che a sua volta causa insicurezza alimentare;
- Lo spostamento massiccio della popolazione, in cerca di condizioni migliori;
- Il sistema sanitario sempre più fragile (con l’emergenza Covid-19 infatti si è visto come manchino ventilatori, letti dei reparti di terapia intensiva e dispositivi di protezione individuale, oltre a già scarse e fatiscenti strutture sanitarie);
- La mancata frequentazione della scuola, da parte di almeno un terzo dei bambini in età scolare – circa 2,5 milioni e mezzo di bambini;
- Migliaia di persone allo stremo, che vivono in alloggi precari ed in situazioni al limite della tenuta mentale (si registrano infatti maggiori casi di depressione, tentativi di suicidio o comunque acutizzazione di malattie mentali), per non parlare della totale difficoltà nella quale vivono i soggetti disabili, privi spesso di strutture e mezzi di supporto;
- l’utilizzo del solo valico nordoccidentale di Bab al-Hawa per far fronte all’emergenza umanitaria.
A quanto detto, si aggiungono di contro alcune richieste urgenti: la deroga alle sanzioni, il cessate il fuoco a livello nazionale ed uno sforzo ed approccio efficace e cooperativo nei confronti dei gruppi terroristici locali, volto ad agire verso fini comuni e ovviamente, in linea con il diritto umanitario internazionale.
Intanto, sul fronte della sicurezza interna, nella parte sud-ovest della Siria, la Federazione Russa sta lavorando per contenere i conflitti, mentre nel nord-ovest, la situazione sta migliorando, anche grazie alla collaborazione tra Mosca ed Ankara; nel nord-est invece, si segnalano autobombe (nelle vicinanze di Tell Abiad e Ras al-Ayn), e droni (nei pressi di Ayn al-Arab e al-Derbassiya); nella parte meridionale, centrale e orientale sono stati altresì registrati disordini tra alcuni affiliati allo Stato islamico in Iraq e i detenuti del Levante (ISIL).
Nel prosieguo del comunicato stampa, l’Inviato Speciale ha sostenuto l’intenzione di voler convocare la terza sessione del Comitato costituzionale il 24 agosto, qualora le condizioni lo consentano e a tal proposito, ha informato anche i cosiddetti membri del “terzo medio”, ossia attivisti della società civile a vario livello, perché la loro pressione possa concorrere a rendere proficui i colloqui, ponendo anche le basi per un più ampio progresso.
Infine, vengono riportate le numerose testimonianze di parenti di detenuti e scomparsi, riunite nel Movimento Famiglie per la libertà e che chiedono urgentemente il rilascio immediato di tutti i detenuti (che si stimano nell’ordine di 130.000 unità, ma in continuo aumento) presenti in prigioni e centri non ufficiali, in condizioni disumane, sottoposti a tortura, privati di acqua, cibo, servizi igienici e medici elementari e sotto il diretto controllo sia del regime siriano che di ISIL/Da’esh, Hayat Tahrir al-Sham e altri attori armati, violando così sistematicamente il diritto internazionale (denuncia della Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite).
Si chiede a gran voce di rendere noto dove si trovino queste persone, in che condizioni sono, se sono decedute o meno; si chiede poi di garantire l’accesso delle organizzazioni mediche e umanitarie internazionali; si acconsente all’utilizzo della giurisdizione universale, in un primo momento, per il perseguimento di persone macchiatesi di gravi crimini, con una successiva comparizione davanti alla Corte Penale Internazionale.
Successivamente, a distanza di pochi giorni dall’ultimo comunicato stampa, il 29 luglio, ulteriori aggiornamenti sulla situazione siriana vengono forniti, ribadendo che la chiusura di alcuni valichi di frontiera, renda particolarmente difficoltoso il lavoro degli operatori umanitari, soprattutto nel raggiungimento di aree lontane (secondo quanto riporta Amany Qaddour, Direttore Regionaledi Siria Relief and Development, Ong che fornisce servizi medici nel nord-ovest della Siria e Mark Lowcock, Sottosegretario Generale per gli Affari Umanitari e Coordinatore dei Soccorsi d’Emergenza), per non parlare del problema COVID-19, che può soltanto aggravare la vita di una popolazione allo stremo, provata da una situazione umanitaria generale già di per se molto precaria.
In tale ultimo comunicato, la maggior parte dei membri del Consiglio di Sicurezza, dibattendo sulla situazione siriana, ha chiesto il ripristino di più valichi transfrontalieri, per raggiungere le varie zone con maggiore efficacia e celerità.
Basterà tutto ciò a mitigare le innumerevoli sofferenze di un popolo martoriato da quasi un decennio di conflitto?