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Il nuovo accordo sulla sicurezza tra Stati Uniti e Messico

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Lo scorso mese di ottobre una delegazione statunitense – guidata dal Segretario di Stato Antony Blinken – si è recata in Messico per negoziare con il governo di López Obrador un nuovo accordo sulla sicurezza. Il rimpiazzo della criticata Iniziativa Mérida segnerebbe l’inizio di una nuova fase nei rapporti bilaterali tra i due paesi, ma persistono diversi dubbi sulla fattibilità e sulle effettive coperture finanziarie dell’accordo.

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L’Iniziativa Mérida 

La visita in Messico di Blinken – a cui hanno partecipato anche il Segretario della Sicurezza Interna dell’Amministrazione Biden, Alejandro Mayorkas, e il Procuratore Generale, Merrick Garland – ha rappresentato il primo incontro del “Dialogo di Alto Livello sulla Sicurezza tra Stati Uniti e Messico”, un foro che dovrà garantire continuità alle conversazioni che i governi dei due paesi hanno portato avanti negli scorsi mesi. Da tempo, Washington e Città del Messico hanno messo in discussione l’efficacia della controversa “Iniziativa Mérida”, il piano di cooperazione in materia di sicurezza che gli Stati Uniti avevano previsto per il Messico e i paesi del Centro America, principalmente allo scopo di combattere il traffico di droga e il crimine organizzato. Il Piano Mérida entrò in vigore nel 2008, durante le amministrazioni di due presidenti conservatori – George W. Bush e Felipe Calderón – data la necessità di ridurre la sempre più rilevante influenza del crimine organizzato in territorio messicano, contro il quale il governo di Calderón aveva già dichiarato formalmente guerra nel 2006. Pensato inizialmente come piano triennale – poi successivamente prolungato – Mérida ha conosciuto almeno tre differenti fasi, a cui vale la pena accennare a grandi linee.

Nel primo periodo, fino al 2010, gli Stati Uniti stanziarono per la causa 1,5 miliardi di dollari, di cui oltre 400 milioni dedicati all’acquisto di equipaggiamento militare, la voce a cui venne dedicata maggiore attenzione in quella fase. Vennero forniti, tra le altre cose, elicotteri e velivoli di sorveglianza, apparecchiature di ispezione, scanner, unità cinofile per combattere il traffico transfrontaliero di droga, ma anche tecnologie per migliorare e proteggere i sistemi di comunicazione che raccoglievano informazioni sulle attività criminali. Inoltre, veniva garantita consulenza tecnica e formazione per gli operatori della giustizia e per le forze di polizia, cercando di elaborare una strategia che portasse all’arresto e all’estradizione dei capi delle organizzazioni criminali. Successivamente, tra il 2011 e il 2012, con Obama alla Casa Bianca e l’inizio della presidenza di Enrique Peña Nieto in Messico, l’Iniziativa Mérida entrò nella seconda fase, il patto venne ampliato e vennero formalizzati quattro pilastri principali: 1) lotta alle organizzazioni criminali transnazionali, attraverso operazioni congiunte di intelligence e law enforcement; 2) istituzionalizzazione dello stato di diritto, garantendo la protezione dei diritti umani; 3) creazione di un confine del “XXI secolo”; 4) costruzione di comunità forti e resilienti, partendo da approcci che fossero in grado di affrontare le cause profonde della violenza e ridurre la domanda di droga. La terza fase del Piano, iniziata sotto l’amministrazione Trump, aveva come focus primari la lotta alla produzione di droghe sintetiche e al riciclaggio di denaro, nonché un maggiore controllo delle frontiere. 

In tredici anni, il Congresso USA ha stanziato oltre 3 miliardi di dollari per l’implementazione del piano, ma sull’effettivo raggiungimento degli obiettivi permangono molti dubbi. Nonostante la soddisfazione espressa dal Dipartimento di Stato e il fatto, innegabile, che l’agenda bilaterale si sia effettivamente evoluta nel corso del tempo, i freddi numeri evidenziano diverse criticità. Per fare un esempio, nel 2007 – anno in cui è stato approvato il Piano Mérida – il tasso di omicidi in Messico era di 8.1 ogni 100mila abitanti, mentre nel 2018 il rapporto è salito a 29.07 uccisioni ogni 100mila abitanti, e anche negli ultimi anni questa tendenza non sembra invertirsi. La strategia incentrata sull’arresto e l’estradizione dei principali leader dei cartelli della droga hanno portato ad una frammentazione delle organizzazioni criminali, che ha causato a sua volta un aumento della violenza per raggiungere il potere. 

L’Intesa Bicententenaria

Alla luce dei controversi risultati del Piano Mérida – nell’ambito del già citato Dialogo di Alto Livello sulla Sicurezza –  i due paesi hanno recentemente deciso di elaborare un nuovo patto di cooperazione: “Entendimiento Bicentenario sobre Seguridad, Salud Pública y Comunidades Seguras entre México y los Estados Unidos”, così chiamato in onore del compimento, nel 2022, dei 200 anni di relazioni diplomatiche tra USA e Messico. L’Intesa per il bicentenario comprende tre grandi obiettivi comuni e varie misure concrete per raggiungerli. Il primo fine di questo accordo riguarda la protezione delle persone, attraverso la creazione di comunità sicure che siano in grado di ridurre lo sfruttamento delle persone vulnerabili da parte dei gruppi criminali e grazie a un sistema che sia in grado di diminuire il numero di omicidi. Il tutto cercando anche di rafforzare il sistema sanitario pubblico, prevenendo l’abuso di droghe e facilitando l’accesso alle terapie per i tossicodipendenti. Il secondo obiettivo del Piano riguarda la prevenzione della criminalità transfrontaliera. È previsto a tal proposito – per combattere il traffico di droga e armi – il rafforzamento dei controlli nei varchi di ingresso aerei, terrestri, marittimi e ferroviari, nonché presso gli uffici postali. Infine, l’ultimo scopo è quello di contrastare le reti criminali, attraverso lo scambio di informazioni tra i reparti di intelligence, una maggiore cooperazione tra gli organi giudiziari e un incremento della collaborazione sulle estradizioni, che a partire da adesso avranno tempistiche identiche per i due paesi. 

Se ad una prima occhiata non sembrano esserci sostanziali differenze rispetto all’Iniziativa Mérida, almeno negli obiettivi generali, in realtà l’Accordo Bicentenario presenta importanti novità. In primo luogo, almeno secondo le intenzioni, si cercherà di assicurare maggiore attenzione alle cause strutturali della violenza e del narcotraffico, andando oltre la vecchia credenza per la quale sarebbe sufficiente arrestare i boss dei cartelli per sconfiggere la criminalità. Inoltre, il nuovo piano si baserà sul principio di reciprocità e sarà implementato uniformemente nei due paesi. Non solo, verrà anche eliminato il cosiddetto “assistenzialismo armato”, bloccando l’invio di ulteriori armamenti dagli Stati Uniti al Messico. Si calcola che circa il 70% delle armi presenti in territorio messicano sia di fabbricazione statunitense e che molte di queste siano in possesso dei criminali. 

Prospettive e criticità 

L’Intesa per il Bicentenario intende ridare nuova linfa a una collaborazione che era ormai entrata in un periodo di stanca, dovuto alla pandemia e all’approccio dell’amministrazione Trump. L’idea generale è quella di superare il concetto di assistenzialismo per inaugurare una fase di maggiore equilibrio, ma al momento manca una chiara strategia di implementazione. La lacuna più evidente è sicuramente quella delle coperture finanziarie. Infatti, sebbene l’ambasciatore statunitense in Messico, Ken Salazar, abbia assicurato che Washington continuerà a inviare i fondi stanziati per l’Iniziativa Mérida, attualmente non c’è nessun riferimento al budget di cui disporrà questo piano e neanche una chiara divisione dei compiti, elemento quanto mai necessario per un progetto così ambizioso. Scarsa attenzione viene dedicata anche ad un altro grandissimo problema della frontiera Stati Uniti-Messico, ovvero quello dell’immigrazione. Il tema non è stato dimenticato completamente, lo si è trattato per quanto riguarda i traffici della criminalità, ma è stato del tutto ignorato per quel che concerne la situazione dei rifugiati e dei migranti economici bloccati alla frontiera. Infine, resta da capire anche il ruolo che giocherà nella partita la Drug Enforcement Administration. Le attività dell’agenzia antidroga americana non sono mai state particolarmente apprezzate da AMLO, e dopo il caso Cienfuegos – l’ex Segretario della Difesa Nazionale arrestato a Los Angeles a seguito di un’indagine della DEA, con l’accusa di traffico di droga e riciclaggio di denaro – i rapporti si sono fatti più tesi. L’operazione, portata avanti senza coinvolgere Città del Messico, ha indispettito il governo messicano che ha provveduto alla revoca dell’immunità penale per gli agenti della DEA presenti sul proprio territorio e al sostanziale blocco di ulteriori visti. Tuttavia, nell’ottica di questa nuova fase dei rapporti bilaterali, appare plausibile pensare a un ritorno degli agenti antidroga in Messico, magari in cambio dell’invio di alcuni agenti messicani negli Stati Uniti, rispettando il principio di reciprocità su cui si dovrebbe basare l’Entendimiento Bicentenario

In definitiva, allo stato attuale l’Accordo può rappresentare una buona base per una nuova strategia bilaterale di cooperazione, ma per l’effettivo salto di qualità occorrerà chiarire i punti interrogativi ancora sul campo.

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