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TematicheCina e Indo-PacificoNon solo Russia: la sfida cinese nel futuro della...

Non solo Russia: la sfida cinese nel futuro della NATO. Intervista al Prof. Jason Davidson 

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Un Concetto strategico che tiene insieme la rinnovata minaccia russa e la prospettiva di una sfida cinese non più limitata alla sola regione dell’Indo-Pacifico: questa – in estrema sintesi – la nuova posizione dell’Alleanza Atlantica resa nota durante il recente vertice di Madrid. Una svolta senza precedenti nella storia della compagine atlantica, voluta fortemente da un’amministrazione statunitense desiderosa di riannodare i fili della compattezza alleata dopo i tumultuosi anni di Donald Trump. Ma cosa aspettarsi da questo nuovo corso? E quale la posizione dell’opinione pubblica statunitense nei confronti dell’operato della Nato? Per capirne di più ne abbiamo parlato con Jason Davidson, professore di Scienza Politica e Affari Internazionali presso la University of Mary Washington e Nonresident Senior Fellow presso New American Engagement Initiative (Atlantic Council).

  1. Lo scorso aprile, in un articolo pubblicato su War on the Rocks, lei sottolineava come l’Alleanza sia costantemente esposta a una serie di minacce e sfide molto differenti, da ricollegare alla diversa sensibilità e alla collocazione geografica dei singoli Stati membri. L’acutizzarsi dell’aggressività russa ha condizionato in modo rilevante la stesura del nuovo documento strategico. Nel dicembre 2019, il Segretario Generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg si proponeva l’obiettivo di stendere un documento che fosse in grado di proiettare l’azione dell’Alleanza a livello globale, con un approccio a 360 gradi. Alla luce del testo, ritiene che questo obiettivo sia stato raggiunto? 

Considerando l’attuale guerra in Ucraina, non si poteva non definire la Russia come “la minaccia più importante e diretta”. Ciò che mi ha sorpreso di più, invece, è stata la decisione di definire il terrorismo come “la minaccia asimmetrica più diretta”: in questo senso, è interessante notare come il nuovo documento dia rilevanza ad una minaccia che – complice anche il conflitto in corso – non sembra essere attualmente al centro delle preoccupazioni degli europei. A ciò si aggiunge – finalmente – la decisione di riconoscere la Cina come “una sfida” agli interessi, alla sicurezza e ai valori degli Stati membri. Probabilmente si tratta di una definizione che non soddisfa a pieno gli Stati Uniti ma che va ben oltre la posizione espressa in precedenza degli alleati europei.

  1. Dieci anni fa l’Indo-Pacifico non rientrava nello spettro dell’impegno fuori area dell’Alleanza, già concentrata in modo preponderante in Medioriente. Nel recente documento strategico, invece, l’Indo-Pacifico viene definito come un’area fondamentale per la sicurezza Euro-Atlantica: i primi ministri degli stati partner dell’area hanno partecipato al vertice di Madrid mentre la Repubblica Popolare Cinese è stata definita come una sfida per l’ordine internazionale. C’è da attendersi un nuovo impegno fuori area dell’Alleanza o un mero rafforzamento della cooperazione con gli stati partner?

Il Segretario Generale dell’Alleanza Atlantica Jens Stoltenberg ha chiarito come l’idea di fondo non sia quella di proiettare la Nato verso l’Asia quanto piuttosto quella di fare i conti con la presenza cinese in Europa: per questo, secondo me, gli Stati Uniti hanno spinto per l’inserimento di una definizione in grado di tenere insieme le diverse sfaccettature della sfida cinese. Credo sia questa la chiave interpretativa utile per comprendere la nuova posizione alleata presente nel recente Concetto strategico.

  1. Nel suo ultimo libro – “America’s Entangling Alliances: 1778 to the Present” edito da Georgetown University Press – si è occupato di tracciare la storia delle alleanze che hanno visto la partecipazione degli Stati Uniti, sottolineando l’importanza di queste per il raggiungimento degli interessi strategici di Washington. Si può affermare che l’approvazione della Risoluzione Vandenberg – ovvero la risoluzione del giugno 1948 fondamentale per la creazione dell’Alleanza Atlantica – cambiò in modo radicale la politica estera statunitense?

La Risoluzione Vandenberg fu importante perché rappresentò contemporaneamente un’indicazione della percezione statunitense relativa alle azioni minacciose del blocco sovietico verso Turchia, Grecia e Cecoslovacchia e la manifestazione della volontà del partito Repubblicano di abbandonare la posizione isolazionista a favore di un maggiore impegno internazionale. Come dimostro nel libro, però, gli Stati Uniti hanno stretto alleanze per tutta la loro storia: la decisione di creare l’Alleanza Atlantica, quindi, non fu così radicale come comunemente immaginato. 

  1. Ogni anno lo stato di salute dell’Alleanza viene fotografato da una serie di sondaggi poi pubblicati all’interno del “The Secretary General’s Annual Report”. Nell’ultima edizione, il 62% del campione voterebbe a favore della permanenza del proprio Stato all’interno dell’Alleanza; il 53% considera l’appartenenza al Trattato Atlantico come uno strumento importante per evitare eventuali attacchi da Stati ostili. Al di sotto della media il dato statunitense: solo il 55% supporterebbe la permanenza mentre solo il 42% sostiene l’importanza dell’Alleanza utile a scongiurare un attacco nemico. Come interpreta questo dato?

La prima cosa da dire in merito al sondaggio sulla “permanenza” è che la retorica anti-Nato portata avanti dall’ex presidente Donald Trump ha avuto un serio impatto sull’opinione pubblica di una certa parte del partito Repubblicano. Sebbene la percentuale dei critici sia cresciuta negli anni della presidenza Trump, c’è da ricordare che la maggior parte dei Repubblicani si dicono favorevoli all’Alleanza. Un altro aspetto è da ricollegare alla percezione che la principale minaccia per la sicurezza e la difesa statunitense proverrà dalla Cina: in questo senso, alcuni – compresi esperti di politica estera – sostengono che gli Usa debbano lasciare l’Europa agli europei. Riguardo il sondaggio sulla cosiddetta “utilità” della Nato, invece, una parte dell’opinione pubblica statunitense è convinta che gli europei abbiano una cultura pacifista troppo marcata, che la spesa militare sia troppo bassa e che gli Stati siano troppo divisi tra loro per agire efficacemente contro una vera minaccia. Io sono dell’opinione che la risposta europea di rafforzamento del fianco Est a fronte dell’aggressione russa possa modificare quest’ultima percezione. 

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