Venerdì 21 maggio 2021 ha avuto luogo il primo incontro tra il neoeletto presidente degli Stati Uniti Joe Biden e la sua controparte sudcoreana Moon Jae-in. Denuclearizzazione della penisola, rafforzamento dell’asse high-tech anti-cinese e cooperazione in tema di vaccini COVID-19 sono stati gli argomenti del vertice. In questo articolo, che vuole essere parte di una serie dedicata all’ultimo anno di presidenza del Capo di Stato sudcoreano, ripercorreremo anche alcuni momenti importanti dell’amministrazione Moon.
Gli incontri storici
L’amministrazione di Moon Jae-in è stata caratterizzata da alcuni momenti di portata storica per la penisola coreana, primo fra tutti, l’incontro avvenuto con il Segretario del Partito dei Lavoratori di Corea, ovvero Capo di Stato de facto della Repubblica Democratica di Corea, Kim Jong-un nell’aprile del 2018. Il terzo summit intercoreano della storia, e il primo dopo undici anni, è avvenuto nel villaggio di Panmunjom, nel lato sudcoreano del Padiglione dell’Unificazione,e a seguito del vertice è stata emanata l’omonima dichiarazione; il documento rappresenta un impegno da parte di entrambi i Paesi di procedere verso la firma di una dichiarazione di pace e alla concomitante denuclearizzazione della penisola.
Formalmente fra i due Stati coreani, infatti, vige ancora l’armistizio del ‘53, firmato nello stesso villaggio di Panmunjom; inoltre, è proprio dalla sigla del trattato degli anni Cinquanta che un Capo di Stato nordcoreano non entra in territorio della Corea del Sud, rendendolo, di fatto, un incontro dalla portata storica. All’incontro dell’aprile 2018 ne seguiranno altri due, sempre nello stesso anno: quello di maggio, questa volta nella zona nordcoreana del Padiglione di Panmunjom, e un altro a settembre, tenutosi a Pyongyang, capitale della Republica Democratica.
La spinta propulsiva al disgelo nei confronti Nord è stato uno dei cavalli di battaglia nella campagna elettorale dell’allora candidato Moon Jae-in; tuttavia, è stato più volte criticato dall’opposizione conservatrice di tenere una posizione troppo morbida nei confronti sia della Cina che della Repubblica Popolare. In particolar modo, a seguito delle varie crisi, sia economiche che politiche, del settore immobiliare, il partito dell’attuale presidente ha subito due pesanti sconfitte nelle elezioni amministrative dell’aprile 2021.
La denuclearizzazione della penisola coreana
Il vertice di maggio 2021 non ha costituito un cambiamento di rotta della politica estera sudcoreana: lo stesso presidente Joe Biden, secondo una dichiarazione del Segretario di Stato Anthony Blinken, riconosce che attualmente la postura diplomatica migliore da attuare nei confronti della Corea del Nord sia una “ponderata e calibrata”. Quest’approccio, in effetti, ben si applica ad una Corea del Sud a guida Moon, il quale, lungi dall’attirare le ire di Pechino e Pyongyang, ha sempre adoperato toni distesi nelle relazioni con queste ultime.
Diversi fattori possono tentare di spiegare quest’approccio “delicato” che il presidente degli Stati Uniti intende applicare nei confronti della penisola coreana: in primis, la necessità di bilanciare i toni che il suo predecessore, Donald Trump, ha usato nei confronti del Segretario Kim Jong-un (“fuoco e furia”); sfruttare l’ambivalenza sudcoreana (vicina agli Stati Uniti, ma lontana dalla strategia FOIP) per non precludere alcuna alternativa possibile; infine, la difficoltà di previsione circa l’esito delle prossime elezioni politiche in Corea del Sud. Infatti, i sondaggi sul probabile successore di Moon mutano con il passare dei giorni. In un contesto del genere, caratterizzato dall’elevata incertezza, sembra ragionevole pensare che l’approccio migliore sia quello di non sbilanciarsi e di non sbilanciare un alleato importante nell’Indo-Pacifico, mentre si rafforzano i legami con il Quad.
L’alleanza tecnologica
Un altro argomento di vitale importanza durante il vertice è stato quello relativo alla costruzione di una catena produttiva high-tech; la Corea del Sud si contende il primato di Paese produttore di semiconduttori con Taiwan e di nazionalità sudcoreana sono le principali imprese produttrici di batterie per veicoli elettrici. La questione deve necessariamente essere letta in relazione al decoupling tra Cina e Stati Uniti, dal momento che lo stesso presidente Joe Biden ha firmato, poco dopo la sua elezione, un ordine esecutivo mirato alla costruzione della citata catena produttiva al di fuori della sfera d’influenza del Dragone.
Per quanto le multinazionali sudcoreane stiano investendo quantità notevoli di denaro per la costruzione di fabbriche sul suolo statunitense, allo stesso modo stanno facendo in patria; infatti, sebbene la Corea del Sud possa aver accesso al mercato interno degli Stati Uniti, rinunciare a quello cinese potrebbe costituire una perdita di profitti notevole per le multinazionali del Paese del Calmo Mattino. Inoltre, la recente mancata fornitura di componentistica vitale per la fabbricazione di semiconduttori che l’impresa olandese, di cui è produttrice, ha preferito fornire a Taiwan, potrebbe costituire un danno economico e finanziario non indifferente per la Samsung, secondo analisti di Nikkei Asia.
Sarebbe un errore pensare che vi sia una relazione causa-effetto dietro l’isolamento cinese in materia high-tech e la recente carestia di componentistica elettronica, come sarebbe un errore ritenere che le condizioni economiche e quelle politiche non siano fortemente interconnesse: l’ordine esecutivo del presidente statunitense, infatti, potrebbe far propendere per l’ipotesi che la crisi dei semiconduttori sia solamente riconducibile al contesto politico; tuttavia, l’aumento della domanda di componentistica elettronica causato dalla pandemia ne ha, di fatto, ridotto notevolmente l’offerta prima che la potenza atlantica adottasse l’attuale postura politica ed economica nei confronti di Pechino.
Il peso relativo dell’ordine esecutivo, dunque, è fortemente ridotto dal contesto economico; così come Huawei è stata recentemente rimossa dalla lista nera statunitense di imprese cinesi considerate pericolose in termini di sicurezza, non stupirebbe se all’adeguamento della produzione di semiconduttori non seguisse anche una distensione dei rapporti economici tra Cina e Stati Uniti in questo settore. D’altronde, abbiamo già avuto modo di vedere che il decoupling tra i due non è così scontato come sembrerebbe, sia per quel che riguarda la componentistica elettronica, che la fornitura di materie prime necessarie all’industria in questione. Ma anche all’interno dello stesso blocco anti-cinese, la competizione in materia di produzione è serrata: Corea del Sud, Giappone, Taiwan, Stati Uniti e anche l’Unione Europea, stanno varando manovre finanziarie e fiscali per incentivare l’apertura di fabbriche all’interno dei propri confini.
Sostanzialmente l’incontro tra i due presidenti è stato all’insegna del normale proseguimento dello stato delle cose, nessuna dichiarazione particolare, nessuna notizia sconvolgente. Persino la Corea del Nord, nel momento in cui viene scritto quest’articolo, una settimana dopo l’incontro, tace ancora sulla vicenda. Insomma, si è trattato di un incontro che di storico ha avuto ben poco.
Alessandro Vesprini,
Geopolitica.info