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TematicheMedio Oriente e Nord AfricaSe sventare la crisi alimentare riabilita Ankara

Se sventare la crisi alimentare riabilita Ankara

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La Turchia avrà bisogno di 20 milioni e 500,000 tonnellate di grano per soddisfare la propria domanda interna. La produzione anatolica, il cui raccolto è iniziato oggi 25 maggio con un ritardo di 2 settimane a causa del freddo, non supererà i 17 milioni di tonnellate, generando un deficit di offerta di oltre 3 milioni di tonnellate. La stampa turca di oggi (TRT Haber, che cita dati della Camera dell’Agricoltura di Yüreğir) ipotizza che quest’anno il prezzo del grano raggiungerà le 7 lire al chilogrammo: erano 2,25 nel 2021.

La crisi alimentare che potrebbe colpire su scala mondiale pone ancora una volta Ankara al centro della questione. La Convenzione di Montreaux, quello straordinario strumento giuridico che ha permesso alla Turchia di guadagnare grande autonomia strategica nel 1936, torna a produrre i suoi effetti positivi sul peso specifico del Paese: una spedizione navale di diversi Paesi europei, della quale si parla in queste ore, potrebbe raggiungere le zone rivierasche ucraine per raccoglierne e poi trasportarne il grano (ora di impossibile espoertazione) oltre il Mar Nero, contribuendo a scongiurare la carenza di materie prime alimentari e l’iperinflazione dei cereali sui mercati agricoli. L’Italia potrebbe partecipare a questa missione con la disponibilità di due navi dragamine a sminare il porto di Odessa.

Il punto della questione è che la Turchia dovrebbe disapplicare le limitazioni previste dalla stessa Convenzione, attivate a seguito delle operazioni russe in Ucraina. La Convenzione infatti limita, in tempo di guerra, il passaggio di navi militari dei Paesi non rivieraschi (massimo 9 unità con un peso complessivo di 15,000 tonnellate).

Data l’iniziale reticenza di Ankara all’applicazione della Convenzione, potrebbe immaginarsi che la disponibilità turca alla normalizzazione sia scontata. Potrebbe non essere così. Inutile sottolineare come lo Stato turco percepisca in modo chiaro l’aumento del suo peso negoziale, che le è particolarmente necessario in questo momento di:

  • Necessità di considerazione da parte degli Stati Uniti, esacerbato con il peso dato alla Grecia e coronato dalla visita a Washington, una settimana fa, del Premier ellenico,
  • Partita in corso con la Finlandia e – soprattutto – con la Svezia in materia di loro annessione alla NATO: la Turchia vuole garanzie in merito all’ospitalità garantita in Scandinavia ai gruppi di opposizione a lei ostili (irredentisti kurdi, FETÖ), facendo anche evidente (sebbene non esplicito) riferimento all’art.10 del Trattato del Nord Atlantico, in materia dell’apporto da parte dei Paesi candidati all’ingresso nell’Alleanza di una prospettiva di maggiore sicurezza per gli altri Stati membri – colloqui trilaterali si sono conclusi proprio oggi e si attende una dichiarazione alla stampa da parte del Portavoce Presidenziale Kalin,
  • Prospettata, enorme difficoltà nel gestire l’eventuale crisi alimentare egiziana e del levante, che produrrebbe movimenti migratori massivi ai suoi confini.

Quale lo scenario ipotizzabile?

Certamente, Ankara non ha alcun interesse ad un ulteriore deterioramento delle proprie relazioni con Mosca, che sarebbe tuttavia estremamente colpita dalla presenza ai margini delle proprie aree di operazioni di una flotta di Paesi NATO. Molto dipenderà probabilmente dalla condizione di Mosca e di quanto interesse abbia a che il prezzo dei cereali non aumenti senza che lei stessa possa a sua volta avere campo libero nell’esportarli.

E’ comunque sempre più difficile che l’equilibrismo della Turchia, forse sul punto di prendere alcune scelte strategiche importanti (vedi il possibile aumento dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale, cosa sulla quale potremo sapere qualcosa – sembra – a breve) possa pagare in questo contesto come avrebbe pagato ieri. La posizione geografica dell’Anatolia e la sua ormai consolidata appartenenza all’asse atlantico non possono essere messi in discussione (per nulla il primo, molto difficilmente il secondo), e questo non può che escludere un rapporto idilliaco con la Russia (e con l’Iran).

Quando i blocchi stavano per crearsi, nel 1945, i russi ben intesero quale vantaggio strategico Montreaux avrebbe dato ad una Turchia capace di centellinare i movimenti della loro flotta del Mar Nero (leggi: del Mediterraneo): la loro netta posizione fu proprio ciò che segnò il cambio di passo del kemalismo di allora e fece della Turchia un membro della sfera di influenza statunitense. 7 anni dopo, entrarono nella NATO.

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