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La Scozia decide il suo futuro: i giornali scozzesi e inglesi a confronto

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La Scozia decide il suo futuro. Il 18 settembre rischia di essere la data che trasformerà il futuro politico, economico e sociale di Edimburgo. Le posizioni e gli argomenti sostenuti rispettivamente dagli indipendentisti e dai rappresentanti della campagna contraria all’indipendenza (Better together – Meglio insieme) verranno qui visti attraverso le ultime notizie diffuse dalle maggiori testate scozzesi e britanniche (The Scotsman, The Herald, The Daily Telegraph e The Guardian), per offrire uno sguardo quanto più ravvicinato alla questione.

Proprio in questi giorni i leader dei tre partiti più importanti del Regno Unito (David Cameron – Partito Conservatore, Nick Clegg – Liberal Democratici e Ed Miliband – Partito Laburista) sono impegnati in un tour della Scoziaper cercare di influenzare l’opinione pubblica ed assicurarsi la simpatia – e i voti – degli indecisi. Secondo i sostenitori dell’indipendenza si tratterebbe di un gesto «disperato» per cercare di recuperare voti, una mossa politica tardiva che equivarrebbe ad ammettere lo stato di panico che regna a Downing Street. Un articolo apparso sul The Guardian in data 10 settembre titola: «Indipendenza scozzese: David Cameron, un appassionato appello affinchè la Scozia resti».      

Ecco un’altra reazione, più dura e di parte, della giornalista del The Scotsman Joyce Mcmillan, secondo la quale i tre partiti britannici stanno inviando i propri leader in Scozia per «supplicare, lusingare e persuadere» gli scozzesi.
Anche The Herald, in data 8 settembre, propone in prima pagina un articolo di Kate Devlin e Michael Settle nel quale gli spostamenti di Cameron, Clegg e Miliband vengono etichettati come un «tentativo dell’ultimo minuto».
Cameron ha inoltre promesso di concedere maggiori poteri alla Scozia se la regione continuerà a fare parte del Regno Unito. Sempre nello stesso articolo si fa inoltre notare che però questo misura interviene troppo tardi, dato che «decine di migliaia di persone hanno già votato tramite posta». Anche queste dichiarazioni di Cameron vengono quindi interpretate come un chiaro segnale di «panico». Canon Kenyon Wright, considerato dalla stampa il padre della devoluzione scozzese, ironizza definendo la mossa del primo ministro «l’ennesima mazzetta sottobanco offerta agli elettori per convincerli a votare contro i pieni poteri che deriverebbero da un voto favorevole all’indipendenza». L’ex primo ministro Gordon Brown, impegnato in una campagna anti-indipendenza a Kirkcadly, fa dal canto suo eco alle dichiarazioni di Cameron, affermando che un voto contrario si tradurrebbe in brevissimo tempo in nuovi e più ampi poteri decisionali per la Scozia.
La partecipazione politica sarà presumibilmente molto alta, come riporta anche un articolo apparso su The Scotsman, presentando statistiche secondo le quali il 97% degli aventi diritto al voto andrà a votare. Il numero delle persone registratesi per il voto sarebbe superiore ai 4 milioni (la popolazione scozzese ammonta a circa 5 milioni 300 mila), di cui circa 790 mila hanno chiesto di poter votare a distanza tramite il servizio postale (cifra massima mai registrata per i votanti a distanza).

Uno degli slogan usati dagli indipendentisti è «Il futuro della Scozia nelle mani degli scozzesi» e generalmente la frase è associata a una fotografia di una mano adulta che ne racchiude una di un neonato.
The Herald (08/09) propone un articolo in cui un sostenitore della campagna «Meglio insieme» (contro l’indipendenza) critica l’assenza di proposte concrete da parte degli indipendentisti su questioni socio-economiche di vitale importanza per il futuro della regione. Ecco quanto quest’ultimo ha dichiarato al giornale: «mancano solo 10 giorni al referendum e i nazionalisti non sanno ancora dire chiaramente quali conseguenze la separazione avrà sul pound, sulle pensioni e sui servizi pubblici. Possiamo trarre il meglio dai due mondi. Ovvero avere un parlamento scozzese forte, con la garanzia di maggiori poteri e con il sostegno della forza, della sicurezza e della stabilità del Regno Unito». Dichiarazioni molto simili a quelle rilasciate da Alistair Darling, leader della campagna Meglio insieme, in occasione delle numerose interviste andate in onda negli ultimi giorni su BBC Scotland. Darling sottolinea inoltre l’irreversibilità della decisione storica che gli scozzesi sono chiamati a prendere il prossimo 18 settembre, affermando che «la separazione è per sempre».
Lo scontento derivante dal non sentirsi rappresentati, uno degli argomenti politici più importanti degli indipendentisti, si può ritrovare anche nella lettera aperta firmata da oltre 1300 artisti scozzesi e pubblicata sul sito del National Collective (collettivo di artisti a favore dell’indipendenza, fondato nel 2011 a Edimburgo) di cui il giornalista Phil Miller del The Herald rende conto in un articolo apparso in data 8 settembre. Qui uno dei passaggi più salienti della lettera in questione: «Crediamo che la Scozia possa e debba essere un paese indipendente. […] Crediamo che la nostra cultura sia definita dal modo in cui scegliamo di condurre la nostra politica, e che dei politici più vicini alla nostra terra sapranno servire meglio la democrazia».
The Daily Telegraph (01/09) propone una prospettiva opposta rispetto al The Herald. Ecco il titolo dell’articolo di Simon Johnson in prima pagina: «Un risultato favorevole all’indipendenza potrebbe tramutarsi in uno scenario simile alla crisi dell’euro». Il giornalista annuncia «una nuova ondata di dolorosi tagli alla spesa pubblica, un aumento dei tassi di interesse e una crisi monetaria paragonabile a quella dell’euro». Nell’articolo si legge che alcuni analisti di Goldman Sachs e di Berenberg hanno pubblicato un rapporto nel quale affermano che, in caso di vittoria degli indipendentisti, la Scozia sarebbe sottoposta a un’austerità molto più dura, a scapito soprattutto della spesa pubblica. Lo stesso rapporto parlerebbe della necessità di una «significativa revisione del budget» da introdurre per la Scozia, tenuto conto che al momento la maggior parte dei fondi pubblici vengono stanziati da Westminster grazie alla formula Barnett. A preoccupare e trasformarsi in un argomento di punta per gli unionisti è anche l’insicurezza che regna riguardo a quale moneta potrebbe adottare una Scozia indipendente.
Una delle maggiori incognite in un ipotetico scenario post-indipendenza è infatti quella relativa alla valuta che la Scozia adotterebbe. The Scotsman propone una breve ma chiara sintesi delle possibili opzioni monetarie per una Scozia indipendente in un articolo intitolato«Indipendenza scozzese: i punti chiave sulla valuta» nel quale vengono passati in rassegna i possibili scenari post-indipendenza (mantenimento della sterlina inglese con o senza l’accordo dell’Inghilterra e relative minacce dello Scottish National Party di non accollarsi la propria parte di debito inglese, costi di un’eventuale unione monetaria).

Anche Alan Cochrane, giornalista del Daily Telegraph, critica duramente l’incapacità di rispondere a domande precise riguardo al futuro monetario di una Scozia indipendente del leader dello SNP Alex Salmond. L’articolo si conclude con la seguente frase ad effetto: «gli elettori esigono risposte».

Quanto al The Guardian, la posizione del giornale non potrebbe essere più esplicita. Venerdì 12 settembre sul sito della testata britannica è stato pubblicato un testo con il seguente titolo: «la posizione del The Guardian riguardo al referendum scozzese: l’Inghilterra merita un’altra chance. Il nazionalismo non è la risposta alle ingiustizie sociali. Per questo fondamentale motivo esortiamo gli scozzesi a votare No la prossima settimana».          

Ora, le risposte le avremo dal voto di domani. Che deciderà il futuro della Scozia e, probabilmente, non solo quello.

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