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Perché la sconfitta di Liz Cheney alle primarie in Wyoming è un segnale da seguire per le presidenziali statunitensi

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Liz Cheney è stata sconfitta alle primarie repubblicane in Wyoming dalla candidata sostenuta da Donald Trump, Harriet Hageman, che ha ottenuto il 61% delle preferenze contro il 31% della figlia dell’ex vicepresidente di George W. Bush, Dick Cheney.

Si è trattato di una vittoria dall’alto valore simbolico per Trump, che ha sconfitto l’ultima dei 10 repubblicani che votarono per il suo impeachment nel 2021. “Questa non è una partita, qui sono in gioco le fondamenta della Costituzione” ha detto Liz Cheney nel discorso in cui ha preso atto della sua sconfitta alle primarie repubblicane. “Nessuno seggio alla Camera è più importante del rispetto della Costituzione. Ho chiamato Harriet Hageman per concederle la vittoria. Le primarie sono finite, ora comincia il lavoro vero”. Hageman sarà così la candidata dei Repubblicani alle elezioni di novembre, in cui verrà rinnovata la Camera e saranno eletti alcuni nuovi senatori. Per il Lincoln Project, un comitato di azione politica americano che si era battuto contro la ricandidatura di Trump nel 2020, questo risultato segna la fine del Partito Repubblicano. Resta tuttavia quello che il comitato di azione politica definisce il culto nazionalista e autoritario di Trump, l’ex presidente che sembra ancora una volta pronto a sparigliare il mazzo della politica americana e internazionale, in una fase storica molto complessa e altrettanto problematica. 

Hageman ha ottenuto il 66,3 per cento delle preferenze e Cheney il 28,9. È un risultato estremamente importante in vista delle elezioni di novembre, che conferma quanto sia ancora rilevante all’interno del partito l’ala più radicale vicina a Trump. Cheney è infatti una delle principali oppositrici dell’ex presidente nel partito, dove Trump gode ancora di un consenso estesissimo. È anche una dei due soli Repubblicani che fanno parte della commissione d’inchiesta della Camera, che da oltre un anno sta indagando sull’attacco al Congresso del 6 gennaio 2021 compiuto da sostenitori di Trump per fermare la certificazione dell’elezione vinta da Joe Biden. Diversi tra analisti e commentatori politici statunitensi davano per molto probabile una sconfitta di Cheney, che nelle scorse settimane era stata ripetutamente attaccata da Trump e dai suoi sostenitori e di fatto abbandonata dal partito. Aveva anche ricevuto alcune minacce di morte per il suo ruolo nella commissione d’inchiesta e per questioni di sicurezza aveva dovuto rinunciare a fare grandi comizi in campagna elettorale, in favore di eventi più piccoli. La Cheney ha dovuto anche spendere più di 58 mila dollari in sicurezza personale per le ripetute minacce di alcuni sostenitori di Trump. Ciò avviene non solo con lei ma anche con quei pochissimi repubblicani che hanno la spina dorsale di non accettare le falsità dell’ex presidente. 

Eletta alla Camera nel 2016, lo stesso anno in cui Trump conquistò la Casa Bianca, la Cheney è stata grande sostenitrice dell’ex presidente, votando a favore della sua agenda politica nel 92% dei casi. Addirittura cercò di contendersi con il collega di partito Rand Paul il ruolo di trumpiana più trumpiana. Dopo gli assalti al Campidoglio, però, Liz Cheney ha dichiarato che il presidente aveva raggruppato un gruppo di sostenitori a Washington e aveva “acceso la miccia” per gli assalti che avrebbe potuto fermare, ma non “lo ha fatto”. Di lì la sua battaglia per difendere la Costituzione sul fronte opposto a Trump, accusato anche di aver pubblicato i nomi degli agenti dell’Fbi che hanno partecipato alla perquisizione in Florida. «Lo ha fatto di proposito e con malignità», ha attaccato Cheney, che nel discorso post-elezione ha ricordato Abraham Lincoln, che vinse le elezioni più importanti per tenere insieme l’Unione, dopo aver perso le elezioni al congresso. Anche lei è intenzionata a seguire questa traccia e a candidarsi per le elezioni presidenziali del 2024, proprio per ostacolare la candidatura di Donald Trump piuttosto che per provare a vincere. La Cheney, riflettendo l’ideologia del padre, è conservatrice per quanto riguarda l’economia e anche un falco in politica estera. 
Trump non ha ancora annunciato che si ricandiderà alle elezioni del 2024, anche se continua a dare indicazioni di volere sfidare Biden di nuovo. Ci sarebbero ovviamente le primarie e sia Ted Cruz, il senatore texano che già corse contro Trump per poi appoggiarlo con ben poche riserve, che Cheney hanno già dato segnali che non abbandonerebbero il campo repubblicano all’ex presidente senza tentare di fermarlo. Ma Trump ha capacità e anche esperienza politica ormai per tirare fuori dal cilindro altre scelte a sorpresa che potrebbero di nuovo sparigliare le carte. Per questo gli analisti guardano alle prossime mosse dei repubblicani e della stessa Harriet Hageman, 59 anni e una lunga carriera di avvocato, ma poca esperienza politica. Ha iniziato ad occuparsi attivamente nel Partito Repubblicano nel 2018 candidandosi a governatrice del Wyoming, senza grandi risultati. La candidata al Congresso promette di essere la candidata di “tutti coloro che credono ancora nel sogno americano«. Un discorso rivolto, ha detto, a chi crede nella libertà e nei diritti nazionali, nella libertà di parola e di religione. Sembra davvero il sogno americano, ma non è chiaro ancora in quanto credano ancora nel sogno americano, dentro e fuori il paese.

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