In queste settimane, il rischio di una guerra in Europa orientale sembra quantomai elevato. I movimenti di truppe russe lungo il confine ucraino, ma anche in Bielorussia e in Crimea, inducono a pensare che Mosca si stia preparando a condurre un’operazione militare contro il suo vicino occidentale. Gli esperti e gli analisti militari di tutto il mondo si interrogano su quale siano le reali intenzioni di Putin in Ucraina e sull’effettiva capacità delle forze di Mosca di condurre un’operazione militare di vasta scala contro Kiev.
Per provare a fare chiarezza su questi interrogativi, il Centro Studi si è rivolto al Dottor Pietro Batacchi, esperto di questioni militari e direttore di Rivista Italiana Difesa, la pubblicazione leader del settore in Italia.
Direttore, cosa ne pensa dell’attuale situazione? Crede che la Russia sia realmente intenzionata a condurre un’operazione militare su vasta scala in Ucraina?
Tendenzialmente direi di no. Non credo che la Russia intenda imbarcarsi in un’operazione di questo tipo. Credo che le azioni a cui stiamo assistendo siano da interpretare più come un esercizio di diplomazia coercitiva, cioè di una diplomazia rafforzata dalla minaccia dell’uso della forza. Anche se gli obiettivi della Russia sono chiari – Mosca intende ricostituire la sua influenza nell’estero vicino, per quanto possibile –, non credo che questi possano oggi giustificare un’invasione del suo vicino occidentale. Sono forse l’unico a dirlo, ma credo che l’azione del Cremlino sia volta a scongiurare proprio lo scenario contrario di quello che oggi si ipotizza. Sto parlando di una possibile azione militare da parte dell’Ucraina per riprendere Donetsk e le aree sotto controllo dei separatisti del Donbass. Mosca vuole dissuadere questo tentativo. Dovessi fare una scommessa, punterei su questa seconda ipotesi.
Al di là della volontà o meno di imbarcarsi in questo tipo di impresa, la Russia dispone delle capacità per condurre un’operazione su vasta scala in Ucraina?
Assolutamente sì. Mosca ha le capacità e le forze per farlo. La Russia ha schierato sul confine circa 100.000 uomini, forse di più, e potrebbe indubbiamente fare un’azione per prendersi almeno una fetta di territorio ucraino, così da allargare il cuscinetto che oggi è rappresentato dalle aree del Donbass sotto il controllo dei separatisti filorussi. E l’avversario non avrebbe le capacità per contrastare con l’efficacia necessaria un’azione di questo tipo da parte del Cremlino.
Nell’estate del 2014 e nell’inverno del 2015 le forze russe hanno condotto due importanti offensive in Ucraina. Poi nel 2015 sono intervenute in Siria, a supporto del regime di Assad. Quanto hanno influito queste esperienze sulle forze terrestri russe? La componente terrestre di Mosca è molto cambiata in questi anni?
In realtà non è cambiato molto. La dottrina delle forze terrestri russe è sempre la stessa. Soprattutto in Siria, poi, il ruolo da protagonista lo hanno giocato la componente aerea e quella navale, mentre le forze terrestri hanno giocato un ruolo molto minore. Chiaramente un conflitto ucraino sarebbe molto diverso rispetto a quello siriano. Piuttosto, esso sarebbe verosimilmente più simile allo scenario georgiano del 2008. Rispetto a questo, la componente terrestre russa ha risolto diversi problemi e ha fatto un deciso passo in avanti.
Quali problemi ha dovuto risolvere?
Si tratta soprattutto di problemi a livello di efficienza di alcuni mezzi e di alcuni sistemi. Sebbene non abbia rappresentato una vera e propria rivoluzione – la componente terrestre russa è ancora in gran parte costituita da sistemi ereditati dalla macchina da guerra sovietica – la modernizzazione inaugurata dopo le elezioni del 2008 ha apportato notevoli miglioramenti alle forze terrestri russe. L’esperienza della guerra georgiana ha permesso poi di migliorare notevoli capacità, come il Comando e Controllo. A partire da quell’anno, poi, sono stati fatti grandi avanzamenti sul fronte della guerra elettronica e cibernetica, due aspetti che potrebbero avere un campo di espressione anche nell’ambito di un conflitto su larga scala in Ucraina. In questi due settori la Russia risulta superiore non solo rispetto all’Ucraina, ma anche a molte forze armate occidentali.
Molti osservatori e commentatori delle relazioni internazionali invitano spesso a non sopravvalutare l’entità della minaccia russa, sottolineando l’inferiorità di Mosca nella dimensione economica e demografica.
Questi discorsi si facevano ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, e abbiamo visto come è andata a finire. La Russia dispone di alcuni strumenti che le consentono di giocare sul piano internazionale un ruolo molto superiore a quello che è effettivamente il suo peso economico e demografico. I veri fattori di potenza della Russia sono la disponibilità di risorse energetiche, gas in primis, e l’estensione geografica, che le garantisce profondità strategica. Poi c’è l’arsenale nucleare – su cui Mosca sta continuando a investire per consentirne la modernizzazione – a cui associamo lo status di membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Questi elementi consentono alla Russia di giocare un ruolo di potenza di primo piano. Aggiungo poi che questo Paese può ancora oggi contare su una classe dirigente estremamente valida, una leadership con delle idee molto chiare e capace di allocare le risorse per il raggiungimento degli obiettivi che vengono definiti. Non dimentichiamo che l’intervento russo in Siria, ad esempio, ha cambiato le sorti della guerra e ha puntellato il regime di Assad, che era a un passo dalla caduta. La Russia gioca un forte ruolo anche in Libia, soprattutto grazie ai suoi contractors, e sta assumendo un ruolo sempre più rilevante anche in altre realtà del continente africano. Rispetto all’occidente, poi, Mosca ha mostrato di avere un rapporto con l’uso della forza molto meno preoccupato rispetto a quello che abbiamo in occidente, il che le consente di fare un uso più attivo e assertivo delle proprie forze armate. Non si può sottovalutare questo Paese.
A proposito del rapporto con l’uso della forza, quanto conta il supporto dell’opinione pubblica russa nella scelta di impiegare lo strumento militare? Molti osservatori ritengono che l’opinione pubblica non consentirebbe un intervento massiccio in Ucraina.
Non credo a questa teoria. L’opinione pubblica russa, soprattutto quando si tratta di una campagna militare vittoriosa, è solita stringersi intorno alla leadership politica. Le considerazioni in base alle quali si basano queste teorie si concentrano verosimilmente sull’esperienza sovietica in Afghanistan. Se fosse così, sarebbero infondate. Quella condotta in quel Paese negli anni ’80 infatti era una campagna fallimentare che si trascinava da tempo senza risultato e che stava causando un elevato numero di perdite alle forze sovietiche. Quello che potrebbe prospettarsi oggi sarebbe invece un conflitto di breve durata su obiettivi limitati e circoscritti.
In effetti, l’intervento in Siria nel 2015, peraltro avvenuto in un momento in cui la Russia versava in condizioni economiche peggiori rispetto a quelle attuali, non mi pare sia stato particolarmente ostacolato dall’opinione pubblica.
Ripeto, la popolazione russa ha un rapporto molto diverso con l’utilizzo della forza rispetto a quello che conosciamo in occidente. Soprattutto se l’intervento porta a dei risultati concreti, la popolazione non si schiera contro queste iniziative.
Veniamo all’Ucraina. Kiev ha cominciato a ricevere supporto militare dagli Stati Uniti a partire dal 2014. Nel 2017, Washington ha cominciato a rifornire le forze ucraine di armi letali, inviando qualche centinaio di missili anticarro. In queste settimane, poi, oltre agli Stati Uniti altri Paesi occidentali hanno cominciato a inviare materiale militare in Ucraina. Quanto contano queste forniture? Possono fare la differenza sul campo?
Quelle che Kiev ha ricevuto e sta ricevendo sono forniture che avrebbero il loro peso sul campo. In particolare quando si tratta dei missili anticarro Javelin, che sono sistemi d’arma affidabili ed efficaci e potrebbero avere un impatto negativo per le forze corazzate russe. Chiaramente, però, questo non è un tipo di supporto tale da poter riequilibrare la situazione sul campo. Si tratta in effetti di un supporto di basso livello. Va interpretato piuttosto come un messaggio politico nei confronti di un attore che vorrebbe entrare nella NATO ma che oggi, per diversi motivi – tra cui, oltre all’atteggiamento russo, sono inclusi anche livelli di corruzione abnormi e le inefficienze dello strumento militare – non può sperare di entrare. Gli Stati Uniti e i Paesi europei forniscono quindi questo supporto per mostrare vicinanza a Kiev, ma oltre non possono spingersi.
Però le forze armate ucraine dal 2014 sono migliorate. Il conflitto nel Donbass, in corso ormai da quasi otto anni, ha permesso alle forze di Kiev di acquisire un’esperienza solida.
Sì, il conflitto in Ucraina ha certamente rappresentato per le forze ucraine una palestra importante. Esse hanno ottenuto buoni risultati sul campo, anche grazie alle loro forze paramilitari. Ma i risultati non sono così positivi. I separatisti filorussi, grazie al supporto di Mosca, sono riusciti a conquistare una buona parte del Donbass, con aree molte importanti come quella della città di Donetsk.
La guerra che si è combattuta e che si sta ancora combattendo nel Donbass sembra assomigliare a una guerra di trincea. Che tipo di guerra è?
È sostanzialmente una guerra simmetrica. Il dato empirico mostra che i ribelli filorussi e le forze ucraine si sono scontrate utilizzando armi e sistemi d’arma tradizionali. Da questo punto di vista è una guerra molto convenzionale, seppure si assista a un massiccio impiego di unità paramilitari. Un eventuale conflitto come quello che abbiamo ipotizzato lo sarebbe ancora di più.
I russi condurrebbero una guerra di manovra in Ucraina?
Esattamente. Le vaste pianure ucraine si prestano bene alla manovra delle formazioni corazzate russe. La Seconda Guerra Mondiale ce lo ha insegnato bene.
Veniamo infine all’Europa. Come si spiega l’atteggiamento tedesco? L’Unione Europea è unita sulla questione?
L’atteggiamento tedesco si spiega molto facilmente se si tiene conto che Berlino dipende in maniera molto forte dalle forniture di gas russo per garantire l’approvvigionamento energetico necessario al Paese. Soprattutto in inverno, questa dipendenza diventa ancora più rilevante. Quanto all’Unione Europea in generale, non dimentichiamoci che ci sono diversi Paesi dell’Unione che hanno rapporti di tipo commerciale molto forti con la Russia, tra questi anche l’Italia.