Dal 2017, i russi del Gruppo Wagner estraggono oro in Sudan con il sostegno del regime. Un’inchiesta condotta dal quotidiano francese Le Monde, in collaborazione con i giornalisti del Progetto di investigazione sulla corruzione e il crimine organizzato (Organized Crime and Corruption Reporting Project – OCCRP), ha indagato sulle attività segrete e lucrative russe nel paese. L’inchiesta ha rivelato come il gruppo Wagner, attraverso la società Meroe Gold Limited, abbia stretto un accordo con il governo sudanese per lo sfruttamento delle risorse d’oro in cambio di un sostegno militare ai leader di questo Stato autoritario e repressivo.
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha attirato condanne, sanzioni e un’attenzione mediatica senza precedenti su alcune delle figure più potenti del regime di Vladimir Putin. Tra questi c’è l’uomo conosciuto come “lo chef di Putin”, Yevgeny Prigozhin, un uomo d’affari e ristoratore che a settembre ha finalmente ammesso di aver fondato il gruppo di mercenari Wagner, dispiegato in zone di guerra in tutto il mondo, spesso combattendo per fazioni alleate del governo russo. I dipendenti del gruppo sono stati accusati di omicidio e crimini di guerra durante la conduzione di operazioni in Africa, Siria e Ucraina.
A seguito del referendum del luglio del 2011 con il quale il Sudan meridionale, dove si trovano tre quarti delle riserve petrolifere nazionali, divenne indipendente, il Sudan, privato di questo reddito essenziale per la sua economia, si è progressivamente orientato verso il mercato dell’oro. In 8 anni, tra il 2009 e il 2017, la produzione d’oro del paese è passata da 15 a 107 tonnellate (Banca Centrale del Sudan), rendendo il Sudan il terzo produttore d’oro in Africa, dopo Ghana e Sudafrica. Negli ultimi 20 anni, il prezzo di questo metallo è aumentato costantemente, raggiungendo il livello più alto nel marzo 2022, dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Per mantenere il controllo di questa economia, il governo sudanese ha creato un sistema di licenze rilasciate dallo Stato. La maggior parte delle aziende che traggono vantaggio da questo sistema sono controllate da persone vicine al governo. Quest’ultime sono anche quelle che ottengono la maggior parte dell’oro estratto dalle miniere sudanesi e di conseguenza i maggiori profitti. Tra queste vi è la società Meroe Gold Limited, sussidiaria di M-Invest, rappresentata da Mikhail Potepkine, ex membro del movimento giovanile filo-Putin e braccio destro di Yevgeny Prigozhin. Meroe Gold è stata fondata in Sudan nell’estate del 2017, in un momento in cui Russia e Sudan stavano rafforzando i legami firmando accordi di cooperazione in diversi settori, tra cui quello minerario. Inizialmente legata alla sicurezza – consegna di armi e addestramento delle truppe sudanesi – questa cooperazione si è intensificata quando l’allora presidente Omar Hassan Ahmad al-Bashir approcciò Mosca per mancanza di alternative. Isolato a livello internazionale e colpito dalle sanzioni, il Sudan aveva infatti poche altre opzioni di partnership oltre a quella russa e il Cremlino, desideroso di espandere la sua influenza nella regione, colse l’opportunità. Il momento di svolta nel rapporto è arrivato nel novembre 2017, quando Bashir si è recato in visita a Sochi per consolidare la relazione tra i due paesi. In quel contesto i paesi annunciarono un piano per stabilire una base navale russa a nord di Port Sudan, sulle rive del Mar Rosso e strinsero diversi altri accordi economici e di sicurezza, tra cui alcuni in merito a concessioni per l’esplorazione di siti auriferi. Da allora i segni della presenza russa in Sudan sono proliferati.
Nel’inchiesta condotta dai giornalisti dell’OCCRP in collaborazione con Le Monde, sono trapelati documenti che forniscono nuovi dettagli su come la società madre della Meroe Gold Ltd, la M-Invest – di proprietà di Prigozhin – abbia stretto un accordo quinquennale con una società di sicurezza legata all’esercito, con sede a Khartoum. L’accordo prevede il pagamento di ingenti somme di denaro in cambio dell’aiuto, da parte dell’esercito, per portare il personale della M-Invest nel Paese, assieme ad altri servizi di sicurezza e protezione. Secondo la corrispondenza trapelata, la Meroe Gold sembra aver ricevuto un trattamento speciale dalla presidenza sudanese. L’accordo della M-Invest con le forze armate sudanesi è particolarmente problematico perché l’esercito è noto per essere profondamente e sistematicamente corrotto, oltre che per essere uno dei principali canali di distribuzione di armi illegali. Secondo Richard Messick, ex specialista senior di operazioni presso la Banca Mondiale e ora consulente di organizzazioni internazionali per lo sviluppo legale e la lotta alla corruzione, il gruppo Wagner e l’esercito sudanese sono “due delle figure più nere dell’economia mondiale”. La M-Invest è, infatti, una delle numerose società con attività illecite che diverse indagini nel tempo hanno collegato alla società Wagner, un gruppo paramilitare i cui mercenari operano ovunque siano in gioco interessi russi (Venezuela, Madagascar, Mozambico, Mali, Repubblica Centro Africana, Libia e Sudan). In diverse occasioni sono stati accusati di abusi e violenze contro i civili. La società Meroe Gold non ha solo un legame diretto con la Russia e il gruppo Wagner, ma ha anche stabilito strette relazioni con le autorità sudanesi. Legami così fitti che nell’agosto 2018 il governo ha emanato una direttiva al Ministro dei Minerali chiedendo che le quote di proprietà statale della licenza operativa di Meroe Gold fossero restituite alla società stessa. In questo modo, Meroe Gold può recuperare il 100% dei profitti di questa concessione mentre, in realtà, secondo la legge sudanese, al Ministero dei Minerali viene concesso il 30% di azioni delle società straniere in possesso di licenze di esplorazione mineraria. Bisogna dunque chiedersi se il motivo del discostamento della legge sia dovuto al fatto che l’investitore straniero è particolarmente attraente, o se vi sia un’ombra su questo accordo speciale, la quale potrebbe presentarsi sotto forma di un pagamento secondario o qualche altra contropartita, come supporto ed equipaggiamenti militari. Una possibile risposta è la seguente: le autorità sudanesi concedono a Meroe Gold tanti privilegi perché in cambio ottengono sostegno militare. Dal 2017 è stata infatti segnalata la presenza di uomini ed equipaggiamenti militari russi nel Paese a sostegno delle forze di sicurezza, accusate di gravi violazioni dei diritti umani e di una dura repressione contro la popolazione civile che dal 2018 manifesta contro i due regimi che si sono succeduti, ovvero quello del presidente Omar Al-Bashir e, successivamente, quello dei militari putschisti guidati dal generale Abdel Fattah Al-Bourhane. Dal 2018 almeno 260 manifestanti sono stati uccisi (secondo Amnesty International e Human Rights Watch) e diverse migliaia feriti.
Quest’anno, anche alcuni articoli di Bloomberg, del New York Times e della CNN hanno rivelato il ruolo della Meroe Gold Limited nel fornire sostegno e consulenza alla brutale dittatura in Sudan per accedere all’oro. In seguito alle accuse, Prigozhin ha ripetutamente negato di avere qualsiasi legame con Meroe o con Wagner. Per diversi anni ha persino citato in giudizio i media che sostenevano che Wagner gli appartenesse. Solo a settembre Prigozhin ha ammesso di aver fondato la società, non molto tempo dopo che sono apparsi online i video in cui reclutava prigionieri russi per combattere con il gruppo Wagner in Ucraina. Sebbene Prigozhin non abbia riconosciuto pubblicamente di essere il proprietario di Meroe, la società è stata sanzionata dagli Stati Uniti nel luglio 2020 per legami con l’oligarca.
Oggi più che mai, alla base degli stretti legami tra i due paesi c’è dunque l’interesse di Mosca ad accaparrarsi le ingenti risorse aurifere del paese africano e bypassare così, almeno in parte, i danni economici provocati dalle sanzioni imposte dall’Occidente. La gestione del contrabbando è affidata alla società Meroe Gold, sussidiaria di M-Invest, che estrae oro in cambio di armi e addestramento all’esercito, il quale controlla parte delle miniere aurifere del paese. Niente di nuovo, purtroppo, perché la ricerca di oro in Africa da parte della Russia va avanti da anni ed è stata ripetutamente denunciata in passato da numerose organizzazioni internazionali e da inchieste giornalistiche. Non ultimo tra gli esempi, il caso della Repubblica Centrafricana, dove il gruppo Wagner ha stabilito stretti legami con la giunta al potere ed è responsabile di atroci massacri di civili per ottenere il controllo delle miniere d’oro.