Dal 9 al 11 settembre in Russia si sono tenute le elezioni regionali. Si tratta della prima tornata elettorale da quando è iniziata la guerra in Ucraina. 40 milioni di cittadini russi sono stati chiamati alle urne per eleggere i governatori di quattordici soggetti federali, i parlamenti regionali, le assemblee legislative municipali e i consigli locali nei distretti di Mosca. Le elezioni regionali hanno un impatto limitato sulla politica nazionale anche a causa del rafforzamento della verticale di potere tra il Cremlino e le regioni. Ciò ostacola la possibilità che le elezioni siano un processo democratico caratterizzato da un pluralismo politico-partitico. Tuttavia, queste elezioni svoltesi in un clima di censura e repressione bellica, sono state strategiche per il Cremlino che cercava di assicurare al pubblico che si trattava di una situazione immutata.
Elezioni poco trasparenti
La tematica della guerra non ha caratterizzato la campagna elettorale. Piuttosto, le questioni locali, come gli investimenti nel trasporto pubblico o le preoccupazioni ambientali, o il declino del mercato immobiliare, hanno dominato il dibattito.
La competizione elettorale è stata minima. Anche nelle regioni dove il partito al potere, Russia Unita, non godeva di un largo supporto (Jaroslavl’ e Marij El) o dove si sono registrate alcune proteste contro la guerra (Buriazia) non hanno visto una reale alternativa politica in altri partiti. Infatti, il Partito Comunista, ad esempio, ha rinunciato a presentare il proprio candidato governatore anche nella regione in cui lo scorso anno aveva riscontrato un discreto successo, in Marij El, in cui aveva ottenuto il 36% dei consensi. Ciò è successo anche in Buriazia e lo stesso hanno fatto anche altri partiti che hanno lasciato spazio e facilitato l’ascesa dei candidati appoggiati dal Cremlino.
A rendere la scelta degli elettori ancora più limitata ha contribuito il fatto che, già ad agosto, un significativo numero di candidati indipendenti era finito sotto indagine a causa della recente estensione delle norme contro l’estremismo e contro la “diffusione di fake news”, oltre che alla stretta sui cosiddetti “agenti stranieri”. Coloro che sono coinvolti nei processi di indagine non possono registrarsi alla corsa elettorale. Dunque, alla maggior parte dei candidati dell’opposizione che sembravano in grado di organizzare una campagna elettorale di successo non è stato semplicemente permesso di candidarsi.
Inoltre, le elezioni non sono state ritenute trasparenti. Infatti, il movimento indipendente di monitoraggio elettorale Golos ha registrato più di 1.700 violazioni elettorali, la maggior parte delle quali si sono verificate a Mosca. Il fatto che le votazioni si svolgessero su tra giorni aveva allarmato in quanto ciò poteva rendere il voto più vulnerabile ai brogli, perché gli osservatori elettorali hanno difficoltà a monitorare i seggi per l’intera durata. In più, il governo ha anche dato il via libera al voto online che aumenta la possibilità di falsificazione dei risultati per garantire la vittoria dei candidati filogovernativi.
Risultati scontati ma affluenza ai minimi storici
Considerati tutti questi elementi, come ci si aspettava, il partito del potere ha dominato: tutti candidati di Russia Unita hanno vinto la carica di governatore e nelle assemblee regionali e locali RU ha ottenuto la maggioranza.
La regione in cui il candidato di Russia Unita, il partito al governo del Paese, ha ottenuto la quota più alta di voti (86,23%) è stata la Buriazia, mentre il risultato più basso (65%) è stato registrato nella Repubblica di Udmurt. Inoltre, i candidati di Russia Unita hanno ufficialmente ottenuto più del 50% dei voti in cinque delle sei elezioni delle Assemblee legislative.
Per quanto riguarda la capitale, le elezioni riguardavano circa 1.500 seggi uninominali Russia Unita ha già annunciato di averne conquistati quasi 1.100. Si tratta più o meno dello stesso numero di vincitori del 2017, ma con un’importante differenza: quest’anno una parte dei candidati sostenuti dal governo si è presentata con il movimento “Il mio distretto”, un progetto del sindaco di Mosca Sergey Sobyanin. Quest’anno, i candidati di Russia Unita o del “Mio Distretto” sembrano aver conquistato la maggioranza in ogni distretto. Dunque, è chiaro che i candidati filogovernativi hanno ottenuto più seggi quest’anno rispetto alle scorse elezioni.
Significativi, tuttavia, sono i dati dell’affluenza, i più bassi di sempre. L’affluenza è stata inferiore al 30% in cinque regioni. La regione di Yaroslavl ha registrato l’affluenza più bassa (24,9%). A confronto, per le elezioni parlamentari del settembre scorso, l’affluenza è stata di circa il 51%. Ciò rispecchia la paura ed il disinteresse generale degli elettori.
La larga riconferma del partito del potere è strumentale. Permette, infatti, di legittimare l’amministrazione russa, dimostrando il supporto di cui gode da parte dell’elettorato. Ciò è fondamentale nell’attuale situazione di guerra, in cui si dà prova alla comunità internazionale del (formale) sostegno all’unità nazionale. I risultati elettorali scorsi sono cruciali anche dal punto di vista interno. Infatti, tradizionalmente nella Federazione le relazioni tra il centro e la periferia sono problematiche, l’ampia vittoria dei candidati filogovernativi conferma il supporto regionale al governo e permette a quest’ultimo di rafforzare il proprio controllo sulle regioni, già in continuo incremento dai primi anni Duemila. Nell’attuale contesto bellico, ciò è fondamentale per contenere un eventuale malcontento popolare derivato dalle conseguenze, in particolare economiche, della guerra e delle sanzioni.