La dichiarazione congiunta tra Russia e Cina del 4 febbraio 2022 ha di fatto sancito un rafforzamento delle relazioni bilaterali russo-cinesi al fine di intensificare la cooperazione tra le due potenze, specialmente in ambito energetico, in vista della spinosa questione ucraina. E se la Cina da un lato ha mantenuto una politica di moderazione al fine di non inimicarsi l’Ucraina, importante partner commerciale per l’espansione cinese nel mondo attraverso la nuova “via della seta”, dall’altro ha di fatto proceduto a rafforzare i legami militari e strategici con Mosca.
La dichiarazione congiunta tra Russia e Cina
In occasione della cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali, Vladimir Putin e Xi Jinping hanno concluso il loro trentottesimo incontro che ha portato ad una dichiarazione congiunta di 5300 parole su una “nuova era delle relazioni internazionali e dello sviluppo globale sostenibile”. Una dichiarazione volta al rafforzamento delle relazioni bilaterali russo-cinesi all’interno di un contesto in cui gli USA sono percepiti da entrambi gli attori come una crescente minaccia per la loro sicurezza nazionale. Da un lato, sul fronte russo, l’allargamento della NATO ha costituito costituirebbe un rischio per la proiezione di potenza russa. Un ulteriore espansione che includesse l’Ucraina significherebbe per la Russia trovare la NATO alle porte di casa, limitando notevolmente l’assertività di Mosca nell’Estero vicino. Dall’altro, sul fronte del Pacifico, la Cina si è opposta al recente patto di difesa AUKUS che vincola Australia, Regno Unito e Stati Uniti in un partenariato di “sicurezza trilaterale rafforzato”, e che pertanto recinta le mosse cinesi nel reclamare la propria sovranità su alcuni territori, tra cui Taiwan. Ampio è infatti il mandato strategico di questo accordo, che si profila come un sistema di alleanze in fieri motivato dalla sempre più imminente necessità di contenere la potenza cinese nel Pacifico. Gli interessi degli Stati Uniti sono ben chiari, contenere la minaccia cinese attraverso un sistema di alleanze militari ben definito, e in questo, fondamentale è la posizione strategica dell’Australia.
È alla luce di questi attacchi indiretti ma palesi sui due fronti principali, che le due potenze, escluse peraltro dal Summit per la Democrazia indetto da Biden a inizio dicembre, hanno deciso di saldare maggiormente la propria intesa anti-USA. Il documento firmato non solo attesta una “tendenza verso la ridistribuzione del potere nel mondo” a favore di Russia e Cina in opposizione agli Stati Uniti e alle democrazie occidentali, ma ribadisce anche il rafforzamento della cooperazione bilaterale tra i due Paesi. Cooperazione che si concretizza in relazione alla “Belt and Road Initiative” e all’Unione economica eurasiatica con l’intento di promuovere l’interconnessione tra le regioni dell’Asia, del Pacifico e dell’Eurasia. 117,5 miliardi di dollari è il nuovo valore stimato degli accordi energetici sino-russi, volto ad incrementare del 60% le importazioni cinesi di gas russo: Rosneft fornirà 100 milioni di tonnellate di greggio attraverso il Kazakistan alla China National Petroleum Corporation nei prossimi dieci anni, mentre Gazprom 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno attraverso un nuovo gasdotto. È prevista una maggiore cooperazione anche nell’area dell’Artico, sebbene la Russia non voglia perdere la propria posizione di leadership nella regione. Interessante è inoltre la collaborazione nella lotta al cambiamento climatico e, in generale, nelle istituzioni multilaterali di cui le due potenze fanno parte, in cui si riafferma il sostegno reciproco per la protezione della sovranità statale e dell’integrità territoriale, così come degli interessi nazionali dalle interferenze esterne. Alla base della nuova forma di relazione tra le due potenze, che non hanno comunque alcun vincolo legale, c’è una posizione di parità quali membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, con la possibilità di astenersi o utilizzare il proprio diritto di veto l’uno a favore dell’altro.
La risposta della Cina all’attacco russo
L’attacco su larga scala promosso dalla Russia è avvenuto in un contesto in cui l’impegno degli Stati Uniti per controbilanciare la Cina nel Pacifico ha de facto distratto Washington dall’Europa dell’Est. Interessante è stata in questo scenario la conferenza stampa della portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hua Chunying. Come sottolineato da quest’ultima, la Cina è sempre impegnata a promuovere la pace e i negoziati e a svolgere un ruolo costruttivo nella ricerca di una soluzione pacifica di questi problemi. Ha inoltre affermato che “ultimamente gli Stati Uniti hanno inviato armi in Ucraina, aumentando le tensioni, creando panico e persino esaltando la possibilità di una guerra”. In netto contrasto, la Cina ha sempre invitato tutte le parti a rispettare e attribuire importanza alle legittime preoccupazioni reciproche in materia di sicurezza, ad adoperarsi per risolvere i problemi attraverso negoziati e consultazioni e salvaguardare congiuntamente la pace e la stabilità regionale. Affermazioni che pertanto evidenziano l’invito della Cina alla moderazione, sebbene la portavoce del ministero degli Esteri cinese abbia apertamente respinto l’uso del termine “invasione”. A tal proposito l’amministrazione Biden ha dichiarato che per gli scorsi tre mesi ha ripetutamente chiesto alla Cina di consigliare alla Russia di non invadere, ma che la Cina non ha mai ammesso che fosse in programma un’invasione. Infatti, in modo strategico, per giustificare in qualche modo le azioni di Mosca, Pechino ha fatto riferimento alle preoccupazioni russe sulla sicurezza, guardandosi bene dal commentare il diritto all’autodeterminazione delle repubbliche di Donetsk e Lugansk, per evitare che la stessa motivazione venisse invocata per Taiwan. E allo stesso tempo finora la Cina non ha sostenuto troppo apertamente la Russia, non volendo apparire come espansionista o troppo aggressiva. In relazione a ciò, la Cina ha dichiarato che comprende le motivazioni di Mosca e non parteciperà alle sanzioni economiche proposte dalla comunità internazionale. Ha ribadito infatti che le sanzioni unilaterali promosse dagli Stati Uniti sono illegali e fortemente lesive, poiché hanno causato gravi difficoltà all’economia e ai mezzi di sussistenza dei paesi interessati. Nel gestire la questione ucraina e le relazioni con la Russia, gli Stati Uniti non devono infatti ledere i diritti e gli interessi legittimi della Cina e di altre parti.
Con riguardo alla questione di Taiwan, la portavoce ha inoltre affermato che “l’Ucraina non è Taiwan”, quest’ultima è sempre stata una parte inalienabile del territorio cinese, fatto storico e giuridico indiscutibile secondo Hua Chunying. Il principio della Cina unica è una norma universalmente riconosciuta che disciplina le relazioni internazionali, laddove la pace nella regione di Taiwan è imperniata sullo sviluppo pacifico delle relazioni attraverso lo Stretto. La Cina infatti reclama la propria sovranità territoriale su Taiwan, che ha un governo autonomo ed è riconosciuto ufficialmente come Stato solo da 14 Paesi, ma da nessun membro del consiglio di sicurezza ONU né da alcun Paese dell’UE. Tuttavia, non si esclude che la politica di moderazione intrapresa dalla Cina non nasconda il timore o la volontà di un nuovo fronte nel Pacifico. In concomitanza con le crescenti tensioni in Ucraina il mese scorso infatti, l’aviazione cinese ha rilanciato le sue incursioni su vasta scala nella zona di identificazione di difesa aerea attorno a Taiwan, mentre una nave da guerra cinese ha orientato un laser da combattimento su un aereo australiano nella zona economica esclusiva dell’Australia. Nel frattempo, il governo cinese sembra non volere la guerra in Europa e continuare a commerciare con l’Ucraina, paese localizzato in una posizione nevralgica per l’espansione cinese nel mondo attraverso la nuova “via della seta”. Allo stesso tempo però è palese che la Cina voglia rafforzare i legami militari e strategici con Mosca anche per aumentare il proprio peso negoziale nella competizione in corso con gli Stati Uniti. Le tensioni tra Washington e Pechino sono state confermate dal tono non affatto amichevole del portavoce del ministero degli Esteri cinese, che ha invitato a riflettere sul ruolo svolto dagli Stati Uniti nelle tensioni ucraine “Puoi chiedere agli Stati Uniti: hanno appiccato il fuoco e alimentato le fiamme, come faranno a spegnere l’incendio ora?”.
Sebbene pertanto la portavoce del ministero degli Esteri cinese Hua Chunying abbia confermato e ribadito la politica di moderazione intrapresa dalla Cina nella crisi Russia-Ucraina, non si esclude che questa possa essere una strategia di breve termine. Nel lungo periodo, il rafforzamento dei legami militari e strategici con Mosca, però, fa prospettare maggiori tensioni con l’egemone americano.