Lunedì 14 marzo, il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan è volato a Roma per incontrare Yang Jiechi, membro del politburo del Partito comunista cinese e direttore dell’ufficio della commissione Esteri. L’inviato dall’Amministrazione Biden ha proseguito i meeting diplomatici incontrando il consigliere diplomatico di Palazzo Chigi Luigi Mattiolo e il presidente del Consiglio Mario Draghi per rafforzare il fronte contro la Russia e, al contempo, la Cina.
Le premesse
Per gli Stati Uniti, uno degli obiettivi del meeting era discutere gli sforzi in atto per gestire la competizione tra le due grandi potenze e fronteggiare l’impatto del conflitto in Ucraina, in quanto minaccia alla sicurezza regionale e globale. L’Ucraina non ha trovato spazio nella nota della Cina, che ha posto attenzione sulle relazioni bilaterali e le rispettive questioni di interesse. Nonostante si sia trattato soltanto del terzo incontro tra le delegazioni delle due grandi potenze da quando Joe Biden ha ricoperto il ruolo di presidente degli Stati Uniti nel gennaio dell’anno scorso, l’incontro rientra negli sforzi continui per evitare che si interrompano le vie di comunicazione tra gli Stati Uniti e la Repubblica Popolare Cinese, ha fatto sapere la Casa Bianca.
Pechino sul filo del rasoio
Sin dal lancio dell’aggressione russa, la Cina si è destreggiata sul filo del rasoio, tentando di mantenere la sua, vera o presunta, neutralità senza condannare apertamente l’aggressione russa nell’ottica di salvaguardare la sua posizione nell’ordine globale in movimento. La posizione di Pechino trova la sua giustificazione nell’interesse alla stabilità. Vi è quasi un obbligo di concentrarsi sulla stabilità a lungo termine della regione asiatica, ed è dunque interesse contribuire a oleare un meccanismo di sicurezza europeo che sia equilibrato, efficace e sostenibile. Tale razionale confluisce inevitabilmente nei continui sforzi cinesi tesi a portare Russia e Ucraina al tavolo negoziale, prima che la mancata neutralità degli altri attori della scena internazionale faccia precipitare la situazione. L’accenno, neanche troppo velato, è rivolto agli Stati Uniti e alla NATO in quanto avrebbero alimentato le tensioni tra Russia e Ucraina fino a giungere al punto di non ritorno. Se non è possibile tornare indietro non è altrettanto possibile intercettare dove si va. Un’osservazione è, tuttavia, d’obbligo. La costruzione di un nuovo ordine globale stabile è pressoché impossibile quando un attore, ancor di più se una potenza nucleare, è umiliata e alla ricerca di un ordine che le sia più favorevole. Poiché la Cina ha come obiettivo strategico diventare la superpotenza, l’instabilità – anche economica – non aiuta, rendendo la Cina prudente come ha dimostrato l’astensionismo usato nelle decisioni del Consiglio di Sicurezza. Una Russia vassallo, persino se alleata, non sarebbe auspicabile per la Cina.
A fronte di tutto ciò, la Cina sposa il concetto di sicurezza comune, contrapposto alla sicurezza esclusiva di una parte. Fondamentale per giungere a un concetto di sicurezza condivisa è la fiducia reciproca, che attualmente non sembra dilagare tra gli attori del sistema internazionale. Neppure le sanzioni finora imposte sono un valido strumento risolutore in quanto non rispondono alle preoccupazioni di sicurezza delle parti. Al contrario, è opinione di Pechino, tali sanzioni fungono da benzina sul fuoco, un fuoco che miete vittime principalmente tra la popolazione. Le preoccupazioni cinesi risiedono nell’intensificarsi e nel dilagare del conflitto, che acuirebbe conseguentemente la crisi umanitaria già in corso. A riguardo, la delegazione cinese ha annunciato che la Società della Croce Rossa cinese fornirà all’Ucraina aiuti umanitari il prima possibile per fronteggiare l’emergenza.
La postura cinese trova motivazione non sono nell’interesse alla stabilità globale ma anche nella natura delle relazioni instauratesi tra Cina e Ucraina sin dal 1992. Da quel momento, l’Ucraina è diventata il terzo partner commerciale della Cina in Eurasia dopo Russia e Kazakistan, e anche la Cina è diventata il principale partner commerciale dell’Ucraina.
Attualmente Pechino sembra l’unico attore in grado di poter esercitare una pressione sulla Russia tale da ridimensionarne l’aggressività fino a spingerla alla cessazione delle ostilità e al ritorno della superiorità del diritto.
L’America incontra la Cina
La settimana si è aperta con un incontro di circa 8 ore, secondo l’emittente cinese Cctv, a Roma tra il consigliere per la sicurezza nazionale Sullivan e il responsabile esteri del Partito comunista cinese Yang. L’agenda è stata dominata dall’Ucraina. Gli Stati Uniti mirano a scardinare la neutralità ufficiale della Cina, ricorrendo al fronte unito occidentale contro chiunque sostenga, anche indirettamente, la guerra per scelta di Putin. La posizione statunitense al riguardo è solida, non lasceranno che ci sia alcun appiglio per la Russia dalle sanzioni economiche imposte da qualsiasi Paese, in qualsiasi parte del mondo. Ancora prima dell’incontro tra le delegazioni, Sullivan ha infatti ammonito Xi Jinping, che ha di recente rinsaldato la sua amicizia con Putin ma non può non prestare attenzione alle ripercussioni economiche occidentali in risposta al conflitto in Ucraina che lo attenderebbero se la Cina ascoltasse le richieste russe.
Dall’hotel Cavalieri Waldorf Astoria di Roma, location del meeting tra le due delegazioni, non sono emersi molti dettagli. La Casa Bianca si è limitata a dichiarare che il consigliere Sullivan ha trattato delle questioni nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina, discutendo approfonditamente anche della guerra della Russia contro l’Ucraina. Le due parti, ha precisato la Casa Bianca, perpetrano nel loro impegno per mantenere aperte le linee di comunicazione. È stato altresì dichiarato che gli scambi intercorsi tra le due grandi potenze non hanno avuto carattere negoziale bensì si sia trattato di uno scambio di vedute, candido e diretto.
Un funzionario diplomatico statunitense, quando gli è stato chiesto se si fosse trattato di un meeting di successo, ha affermato che per rispondere a tale domanda bisognerebbe concordare su una definizione di successo. Il meeting è stato importante, però, perché ha contribuito a tenere aperte le vie di comunicazione tra Washington e Pechino, soprattutto sui temi su cui le parti non concordano.
Hanno attirato molto di più l’attenzione le presunte voci diffuse da funzionari statunitensi, riportate dal Financial Times, secondo cui la Russia potrebbe aver chiesto aiuto militare alla Cina per poter continuare i suoi sforzi in Ucraina. In più, la Cina si sarebbe detta disponibile a fornire assistenza militare alla Russia per sostenere la sua invasione dell’Ucraina. Il portavoce dell’ambasciata cinese a Washington Liu Pengyu ha negato che tale richiesta sia mai stata avanzata. Tuttavia, al di là della veridicità della richiesta, gli Stati Uniti hanno potuto fare pressioni pubbliche alla Cina, suggerendole di limitare il commercio civile con la Russia che potrebbe comunque includere componenti utilizzate nella produzione delle armi. Se la mossa avrà successo, il volume del commercio tra Russia e Cina subirà una riduzione considerevole, indebolendo ulteriormente la prima. E se anche la mossa non avesse il successo auspicato, fornirà ulteriore sostegno all’immagine della Cina come fattore abilitante della Russia, confermando che la competizione tra grandi potenze riguarda solo la Cina e gli Stati Uniti.
Sullivan incontra l’Italia
Nell’intento di continuare a coordinare la risposta internazionale, forte e unita, alla guerra del presidente Putin, Sullivan ha preso parte all’incontro di circa un’ora con l’ambasciatore Luigi Mattiolo, consigliere diplomatico di Palazzo Chigi. Il coordinamento tra i paesi del G7 e dell’Unione Europea per infliggere costi ancora più elevati alla Russia e, al contempo, fornire assistenza umanitaria all’Ucraina e a coloro che lasciano il Paese sono stati alcuni tra i temi affrontati. Tra le altre questioni figura anche la ricerca di fonti rinnovabili ma, oltre a fronteggiare la Russia, l’Occidente non può ignorare la competizione tra grandi potenze. A riguardo, i due partner hanno discusso degli approcci transatlantici nei confronti della Cina.
In seguito, l’inviato di Joe Biden ha tenuto un breve colloquio con il presidente del Consiglio Mario Draghi. Entrambi sono rimasti fermi nella condanna alla Russia per l’aggressione ingiustificata ai danni dell’Ucraina, e hanno allo stesso tempo condiviso la necessità di continuare a opporre una risposta decisa e unitaria nei confronti di Mosca, come annunciato da Palazzo Chigi. Inoltre, Stati Uniti e Italia hanno concordato sull’importanza di intensificare ulteriormente i contatti tra Italia e Stati Uniti su diversi tavoli, alla luce dei rinnovati rapporti bilaterali e del legame transatlantico. La partecipazione alla riunione del presidente Draghi è sintomo della necessità di infondere rinnovata attività a un canale di comunicazione rimasto perlopiù all’angolo nelle prime settimane della crisi. Tale messaggio, seppur velato, emerge anche dal comunicato ufficiale, che recita: “Draghi e Sullivan si sono inoltre detti d’accordo sull’importanza di intensificare ulteriormente i contatti tra Italia e Stati Uniti a tutti livelli, alla luce degli eccellenti rapporti bilaterali e del legame transatlantico”.
La posizione italiana tra Cina e Stati Uniti
Secondo le dichiarazioni del Ministro degli Esteri Di Maio che ha incontrato la delegazione cinese guidata da Wang Yi, il 10 marzo, entrambi hanno concordato sulla necessità di perpetrare sforzi congiunti per un percorso di pace in Ucraina, infatti, il coordinamento della comunità internazionale è l’unica strada che porti a una soluzione diplomatica. Entrambe le parti sono rimaste ferme nella condanna all’aggressione russa e costanti nel sostegno che intendono offrire al popolo ucraino. Queste sono le due direttrici lungo cui si muove l’Italia.
A seguito del colloquio tra i ministri Li Junhua, ambasciatore cinese a Roma ha dichiarato che “la Cina continuerà a svolgere un ruolo costruttivo nella promozione del dialogo per la pace e lavorerà con la comunità internazionale, compresa l’Italia, per svolgere la necessaria mediazione”. Eppure, dal colloquio telefonico tra i ministri Di Maio e Wang, emergono una Cina e un’Unione Europea, e di riflesso anche un’Italia, che sembrano lontane. Nel corso colloquio, il ministro cinese ha sostenuto il ruolo limitato delle sanzioni, che non riescono a risolvere i problemi alla radice, così facendo la Cina ha preso le distanze dalla postura occidentale. Al contempo, è stato sottolineato che la crisi ucraina origina dalla questione della sicurezza europea. In tal senso, per la Cina sarebbe auspicabile che l’Unione Europea rafforzi la propria autonomia strategica in modo tale da potersi permettere una politica più indipendente nei confronti della Cina che, al contrario, avverte come preminente l’influenza statunitense nelle relazioni tra Cina e Unione Europea. Benché non si tratti di nuove posizioni assunte dalla Cina queste potrebbero non essere più attuali e realistiche sin dall’insediamento dell’Amministrazione Biden.
I recenti sviluppi nel Medio Oriente, un esempio su tutti il ritiro dall’Afghanistan, e la situazione nell’Est Europa sembra rafforzare l’opportunità per l’Unione Europea di raggiungere l’agognata autonomia strategica, non contrapposta bensì complementare alla NATO e al rapporto con gli Stati Uniti. Bisognerà altresì stabilire cosa si possa fare concretamente per acquisirla. Un obiettivo intermedio, ma più urgente che mai, potrebbe prevedere la diversificazione delle supply chain così da ridurre la dipendenza da un numero ristretto di attori, soprattutto in caso di interdipendenze asimmetriche. Nel frattempo, è stato annunciato che la settimana prossima Joe Biden volerà a Bruxelles per prendere parte al vertice straordinario della NATO e al Consiglio europeo. Tra i temi da affrontare, figureranno le ulteriori sanzioni alla Russia, di fronte a un’invasione che non si ferma, e agli aiuti militari e umanitari da fornire all’Ucraina. Il primo aprile, i vertici dell’Unione Europea saranno impegnati in conferenza virtuale con presidente cinese Xi Jinping.