Il Segretario di Stato degli Stati Uniti Mike Pompeo, con una mossa a sorpresa, ha annunciato la revoca delle restrizioni nelle relazioni tra i governi di Stati Uniti e Taiwan.
La dichiarazione rilasciata sabato 9 gennaio 2021 dal Segretario di Stato Mike Pompeo sulla volontà di eliminare le restrizioni nelle relazioni tra gli Stati Uniti e Taiwan ha sorpreso osservatori. Nel testo Pompeo definisce Taiwan come un vibrante democrazia e un partner affidabile per gli Stati Uniti e afferma che “per diversi decenni il Dipartimento di Stato ha creato complesse restrizioni interne per regolare le interazioni dei nostri diplomatici, membri di servizio e altri funzionari con le controparti taiwanesi. Il governo degli Stati Uniti ha intrapreso queste azioni unilateralmente, nel tentativo di placare il regime comunista di Pechino”. Una dichiarazione decisa che si chiude con due parole che non lasciano spazio a ulteriori interpretazioni: “no more”. Un comunicato poco diplomatico, quasi irrituale che ha scatenato polemiche e dibattiti tra gli analisti e i media.
Molti esperti avevano ipotizzato che Taiwan avrebbe potuto avere un ruolo decisivo nelle ultime settimane dell’amministrazione Trump. Il mandato di Donald Trump si era aperto con una clamorosa azione, la telefonata tra il presidente eletto e la presidente taiwanese Tsai Ing-wen. Una mossa senza precedenti, inizialmente descritta come una scelta personale di Trump. Nei mesi successivi le ricostruzioni hanno evidenziato come quella telefonata era stata accuratamente pianificata nelle settimane precedenti. Gli analisti avevano sottolineato la fragilità della posizione taiwanese, Trump sembrava destinato a usare in maniera strumentale Taiwan all’interno della contesa con Pechino. Taiwan veniva immancabilmente descritta come l’agnello sacrificale sull’altare della competizione sino statunitense. Niente di tutto ciò è avvenuto, Taiwan ha tratto beneficio dalla popolarità generata dalla chiamata tra Trump e Tsai.
I quotidiani e i notiziari di tutto il mondo hanno puntato gli occhi sull’isola a largo della costa cinese e hanno descritto una solida democrazia, un paese che è al primo posto in Asia nelle classifiche per la libertà di stampa e i diritti civili. La telefonata ha generato un’incredibile attenzione, nel primo semestre del 2017 i pochi libri dedicati a Taiwan presenti sul mercato editoriale sono stati ristampati più volte. Nonostante i continui riferimenti della stampa internazionale il supporto di Washington nei confronti di Taipei è stato costante, le visite di alti funzionari dell’amministrazione statunitense sono state numerose e le vendite di materiale bellico autorizzate dal Congresso hanno proseguito il costante trend al rialzo degli ultimi decenni. L’inaugurazione del nuovo edificio dell’American Institute in Taiwan, la de facto ambasciata statunitense a Taipei, è l’ulteriore segnale dell’incondizionato rapporto tra Washington e Taipei. Il sostegno statunitense a Taiwan non è il prodotto dell’amministrazione Trump, la strategia nei confronti di Taipei è stato uno dei pochi temi in cui la politica di Washington, fortemente polarizzata, ha mostrato un supporto bipartisan.
Tra i diplomatici taiwanesi una battuta circola da decenni: “no news about Taiwan is good news”, ogni qual volta le questioni taiwanesi conquistano le prime pagine dei giornali la situazione diventa problematica. Il delicato equilibrio dei rapporti tra Taipei, Washington e Pechino è retto da una serie di compromessi semantici, interpretazioni diametralmente opposte di un accordo e regole non scritte. Il comunicato di Pompeo non cambierà in maniera radicale questo equilibrio di rapporti, Biden ha più volte espresso il proprio impegno nei confronti della One China Policy e del Taiwan Relations Act (TRA). Resta da vedere se l’amministrazione Biden manterrà la revoca delineata dal comunicato di Pompeo, molto probabilmente nei primi mesi del suo mandato il presidente statunitense non farà dei cambiamenti radicale. Biden ha già affermato che le sanzioni decise dall’amministrazione Trump verranno inizialmente mantenute e la natura delle relazioni tra Washington e Taipei seguirà lo stesso corso.
Molto è stato scritto sul possibile approccio dell’amministrazione Biden nei confronti di Pechino, evidentemente lo stato delle relazioni tra Washington e Taipei dipenderà esclusivamente dalla politica che il neoeletto presidente statunitense vorrà adottare nei confronti del principale competitor commerciale e rivale strategico. L’approccio dell’amministrazione Obama nei confronti di Pechino è stato unanimemente definito come debole, anche negli ambienti democratici. Il ruolo di Taiwan è completamente diverso ora rispetto al 2012, quando l’amministrazione statunitense aveva espressamente dichiarato al Financial Times la preoccupazione sulle capacità di Tsai Ing-wen di mantenere pacifici rapporti con Pechino.
Lo scenario delineato da Pompeo nella dichiarazione complica le Relazioni nello Stretto di Taiwan, un quadrante cruciale che Robert Kaplan ha definito come “il campo di battaglia definitivo del 21° secolo”. Il fallimento del Pivot to Asia obamiano è stato definitivamente archiviato e il ruolo di Taiwan come partner strategico nella contesa tra Pechino e Washington è centrale.
Stefano Pelaggi,
Sapienza Università di Roma – Geopolitica.info