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Il “grande ringiovanimento”: il report del Dipartimento di Difesa sulla Cina

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La relazione annuale prodotta dal Dipartimento della Difesa americano sugli sviluppi in ambito militare e di sicurezza della Repubblica Popolare Cinese (RPC) per il 2021 ha messo in luce gli obiettivi strategici di lungo periodo di quest’ultima. In cima alla lista sono di notevole interesse l’ambizioso proposito di raggiungere “il grande ringiovanimento della nazione Cinese” entro il 2049 e la volontà di rafforzare le proprie capacità militari.

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Lo scorso novembre è stata pubblicata la relazione annuale stilata dal Dipartimento di Difesa americano e presentata al Congresso, “Military and Security Developments involving the People’s Repubblic of China” per l’anno 2021. Il presupposto di questo report è che Pechino e Washington si considerano a vicenda veri e propri competitor per definizione: sotto ogni punto di vista – sia esso militare, tecnologico, economico o diplomatico – entrambe le potenze rappresentano, l’una per l’altra, una sfida in contrapposizione e ad un sistema internazionale aperto e altrimenti stabile. Questo è il motivo per cui la RPC mira a raggiungere e sorpassare l’influenza ed il potere globale della controparte americana. E se questa considerazione rappresenta il punto di partenza, la lente attraverso cui leggere ed analizzare il report del DoD, non stupisce che la RPC abbia obiettivi ambiziosi e che stia cercando, in misura sempre maggiore, di plasmare la realtà internazionale che la circonda allo scopo di renderla allineata alla sua natura autoritaria. 

Nello specifico, all’interno del documento si fa riferimento a quella che è la strategia nazionale cinese di lungo periodo, denominata “the great rejuvenation”, da raggiungere entro il 2049. Integrata in maniera vincolante a questa strategia vi è l’ambizioso progetto di rafforzare il People’s Liberation Army (PLA). A tal proposito, il leader cinese Xi Jinping già nel 2017, in occasione del diciannovesimo Congresso del Partito, aveva delineato due obiettivi importanti: il raggiungimento della piena modernizzazione del PLA entro il 2035 e la trasformazione di quest’ultimo in una “forza militare mondiale” entro il 2049. Insomma, l’obiettivo di ringiovanimento della nazione cinese non si limita al confine nazionale, anzi: questa visione mira a modificare l’intricata rete delle relazioni internazionali, così da renderla allineata al concetto del Partito Comunista Cinese (CCP) di “community of common destiny”, una comunità che possiede un destino condiviso.

Nonostante i numerosi ostacoli derivanti dalla pandemia di COVID-19, Pechino mira ad affinare la sua crescita economica, rafforzare la sua capacità militare ed occupare un posto sempre più determinante in ambito internazionale. In effetti, è in questa direzione che la RPC si è mossa negli ultimi anni: nel 2019 Pechino ha ammesso che le sue forze armate avrebbero dovuto occupare un ruolo più attivo in politica estera. Tuttavia, nel 2020 per lo stato cinese era urgente difendersi dalle accuse inerenti allo scoppio della pandemia e, pertanto, è stata la pandemia stessa il catalizzatore della politica estera cinese. Ad oggi, invece, il focus è tornato ad essere la forza militare del PLA. La RPC, inoltre, mira ad ottenere la “Military-Civil Fusion Development Strategy” (MCF). Mira, cioè, a fondere le strategie di sviluppo in ambito economico, sociale e di sicurezza, al fine di costruire un sistema strategico nazionale integrato in grado di supportare gli obiettivi di “ringiovanimento” di Pechino.

Dal punto di vista della politica di difesa, preannunciando un aumento del 6.8% del budget militare, la Cina si pone in maniera chiarissima: la sua strategia militare è e rimarrà una strategia di “difesa attiva”. Il PLA, che tra le sue forze regolari conta approssimativamente due milioni di unità, ha proprio l’obiettivo di modernizzarsi, così da perfezionarsi sotto ogni punto di vista: lo scopo finale è quello di possedere una forza congiunta che, in quanto tale, possa condurre operazioni tanto terrestri, aeree e marittime, quanto spaziali, di guerra elettronica e anche operazioni in ambito cyber

Anche dal punto di vista nucleare Pechino è ambiziosa. In effetti, sembrerebbe veritiero quanto alcune fonti del New York Times affermavano, proprio in un articolo agli inizi del mese scorso: nel corso del prossimo decennio, la Repubblica Popolare Cinese punta a modernizzarsi ed espandersi, tanto da arrivare possedere almeno 1,000 testate nucleari entro il 2030 – superando, così, le previsioni fatte dal DoD nel 2020. Se, poi, le imprese spaziali della Cina continuano a maturare rapidamente, il report del Pentagono sottolinea la preoccupazione di Pechino rispetto alla disparità con gli Stati Uniti dal punto di vista cyber. Fondamentale è, da questo punto di vista, conquistare il dominio dell’informazione, così da guadagnare una predominanza in vista di un potenziale conflitto. In effetti, il cyberspazio rappresenta un terreno determinante: specialmente di fronte ad un nemico tradizionalmente più forte, la superiorità d’informazione può rivelarsi risolutiva.

Il report annuale sintetizza la strategia militare cinese con l’acronimo C4I, Command, Control, Communications, Computers, and Intelligence Modernization. Proprio a questo scopo Xi Jinping ha incaricato il PLA di creare una forza altamente informatizzata in grado di controllare tutte le reti di comunicazione. L’ambizione ultima è quella di fare uso della tecnologia dell’informazione (IT) al fine di costituire un sistema operativo che dia al PLA il potere di acquisire, trasmettere e processare i dati utilizzandoli per condurre operazioni militari congiunte durante un conflitto.

E, sempre in vista di un potenziale conflitto, il PLA sta tentando di sviluppare le capacità per riuscire a fornire più frecce all’arco della Repubblica Popolare Cinese, così da permettere a quest’ultima di dissuadere o sconfiggere un qualunque intervento proveniente da parti terze. Il documento parla, inoltre, anche delle capacità che il PLA sta tentando di acquisire per condurre operazioni di stampo offensivo nelle zone dell’oceano Pacifico e Indiano. Viene sottolineato che la RPC considera la tecnologia e la leadership innovativa come pilastri critici per potere costituire una capacità di combattimento di livello mondiale. Nello specifico, la Cina punta a sfruttare le tecnologie emergenti e dirompenti – come l’intelligenza artificiale – per raggiungere obiettivi strategicamente importanti, come Taiwan. 

In conclusione, la relazione mette in evidenza il fatto che il Dipartimento della Difesa americano sia conscio di tutte le iniziative strategiche della Repubblica Popolare Cinese, che vengono messe in fila una ad una in maniera chiara. Tuttavia, nonostante il report faccia riferimento alle tecnologie che Pechino intende sviluppare, mancano i dettagli specifici su come l’Esercito Popolare di Liberazione intenda utilizzare i progressi tecnologici in questione. Restano aperti, in particolare, dubbi rispetto all’abilità della RPC di utilizzare contemporaneamente e in combinazione queste capacità. Dunque, se da una parte è possibile affermare che il potere militare cinese continua a maturare e a destare preoccupazione per il Pentagono, dall’altra c’è una forte incertezza sul ruolo che le tecnologie emergenti di fatto giocheranno all’interno dei conflitti futuri.

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