Il Mar Nero ha costituito, sin dagli albori della civiltà, una sorta di frontiera invalicabile nella misura in cui nessuna potenza ne ha potuto a pieno ottenere il controllo. Nelle teorie del politico inglese Mackinder, quella particolare zona geografica del mondo viene identificata come heartland e, chi controlla heartland controlla l’isola-mondo e quindi il mondo. Da questa osservazione bisogna trarre un’importante lezione non tanto geopolitica quanto geoeconomica e strategica.
Parlando di strategia, perfino il regno d’Italia, ci ricorda il Dott. Politi nella prefazione, se ne asservì a cavallo della seconda guerra d’indipendenza per poter scongiurare una recriminazione a livello internazionale per quanto sarebbe avvenuto da lì a poco nel Regno delle Due Sicilie con le giubbe rosse di Garibaldi. Un lampante esempio di come il mare inospitale fosse invece di rilevanza geopolitica fondamentale per accaparrarsi le simpatie dei protagonisti del XIX secolo.
Ad oggi, il Mar Nero, rappresenta sì un clamoroso dilemma geostrategico per le numerosissime potenze che si affacciano sulle sue sponde, come ci fa capire l’autore, rappresentando il vero scenario di tensione tra le potenze Europee e dell’Asia Minore. Basti pensare le preoccupazioni che una chiusura di questo mare -e più precisamente del Bosforo- possa arrecare alla Russia di Putin in qualità di aspirante potenza egemone dell’area. Allo stesso modo, anche la Turchia di Erdogan, con le sue aspirazioni geopolitiche, si scontra con la Russia di Putin all’altezza dell’intermerium (una linea immaginaria che passa da Kaliningrad fino alla Crimea segnando i confini russi con il resto dell’Europa).
I vari attriti che negli anni hanno contraddistinto la complicata relazione tra Russia e Turchia potrebbero essere le principali ragioni per le quali non si è mai creata -con stabilità- una cooperazione interregionale per il dialogo istituzionale.
Al momento, la “battaglia” per l’heartland sembrerebbe scontrarsi con un posizionamento delle intenzioni sia russe che turche nei vari scenari di proxy wars. Gli esempi più eclatanti li possiamo trarre dall’esperienza in Crimea, Transinistria e dello scontro per il Nagorno-Kharabakh. Se da un lato la Russia ha voluto mantenere il suo Intermarium, la Turchia ha cercato, tramite il suo concetto di profondità strategica, di voler mantenere una posizione di forte influenza nell’area.
Il Dott. Mussetti, nel cercare una soluzione per l’Italia, ammette che il gioco geopolitico a geometria variabile, fa sì che il nostro Paese, nel tentativo di mantenere gli accordi presi con le diverse parti, cerchi sempre di mantenere una posizione ibrida. La situazione che si va disegnando è quindi la seguente: a Sud la Libia si trova in uno stato di caos per il quale è impossibile la produzione e l’esportazione di quantitativi significativi di gas e petrolio, allo stesso modo, ad est, il Turk Stream pone serie difficoltà di dipendenza energetica con il governo di Ankara. Sempre ad Est, le sanzioni comminate dall’Unione Europea nei confronti della Russia, pone una grave situazione per le rotte commerciale italiane che attraverso il Bosforo e la Crimea potrebbero trarne enormi benefici. L’Italia si trova quindi irrigidita sulle sue posizioni.
Tuttavia, sostiene l’autore, l’Italia dovrebbe avanzare i propri asset politico-economici e fare da testa di ponte nella intermediazione tra le potenze nell’area affinché si possa tornare ad avere un mare ospitale.
E i nostri partner europei? A questo punto è interessante l’appunto che l’autore riporta circa gli scambi commerciali che la Germania continuerebbe ad intrattenere con Mosca. In questo caso verrebbe in mente di prendere in considerazione il volume “Gerussia” del professor Santangelo, il quale puntualizza che il binomio Russia-Germania costituisce un rapporto economico che garantirebbe una forte stabilità regionale.