Gennaro Sangiuliano è direttore del Tg2 dall’autunno del 2018. Laureato in Giurisprudenza alla Federico II di Napoli consegue poi un Dottorato di Ricerca in Diritto ed Economia e un Master in Diritto Privato presso l’Università La Sapienza di Roma. Giornalista di lungo corso, è stato vice direttore di Libero, e docente in numerose Università italiane, Sangiuliano è da qualche anno ancor più celebre in Italia per i suoi ultimi saggi storici su Vladimir Putin, Hillary Clinton, Donald Trump Xi Jinping. Da qualche giorno è nelle librerie la sua ultima opera “Reagan: Il presidente che cambiò la politica americana”.
Direttore Sangiuliano come mai dopo aver raccontato la vita di personaggi contemporanei ha deciso di ricorrere ad una figura del passato?
Sono crociano e affermo il valore delle Storia, che è sempre un fatto contemporaneo, nel senso che dallo studio del passato possiamo trarre insegnamenti per il presente. La vicenda umana e politica di Reagan credo abbia un valore esemplare anche per i problemi che ci troviamo ad affrontare oggi. Lui arriva alla Casa Bianca in un momento in cui l’economia occidentale era profondamente depressa, colpita dall’inflazione e dalla disoccupazione. Quando gli americani avevano ancora viva l’immagine della sconfitta militare in Vietnam. Rompe con gli schemi a lui precedenti, da conservatore modernizzatore, e con una grande iniezione di ottimismo avvia un’epoca di lungo e diffuso benessere dando vita alla cosiddetta rivoluzione reaganiana. Lo fa con profonde innovazioni economiche e sociali. La caratterizzazione che Reagan darà a un lungo periodo della storia americana e mondiale, con la sua innovativa politica economica e estera, diventerà un “ismo”, il reaganismo appunto.
La figura di Ronald Reagan, quarantesimo presidente degli USA, è in questo periodo spesso al centro di una sorta di positivo revisionismo storico. Quali sono i meriti di questo outsider della politica?
Fu accolto con grande diffidenza, soprattutto dai radical chic dell’epoca. Eppure, studiandone la vita si scopre che si era ben preparato: leader del sindacato attori, per due mandati governatore della California e soprattutto guida di in movimento conservatore che si era formato attorno a premi Nobel. Se oggi gli anni Ottanta del Novecento sono ricordati come una stagione felice di benessere e di prosperità economica, lo si deve proprio a quella spinta di ottimismo, di pragmatismo e di modernizzazione che Reagan seppe imprimere agli Stati Uniti e di conseguenza a tutte le nazioni industrializzate dell’Occidente.
Artefice, sul piano ideologico e culturale, della «rivoluzione conservatrice» e antistatalista che caratterizzò gli ultimi decenni del secolo breve, Reagan è anche il presidente degli Stati Uniti che ha sconfitto il comunismo sovietico – e vinto la Guerra fredda – «senza sparare un colpo», come dirà Margaret Thatcher. Guadagnandosi per sempre un posto nella Storia.
Il “Conservatorismo” è una dottrina politica che in questa fase storica viene spesso ripresa da alcuni rappresentanti della destra per contrapporla ad evidenti limiti del “populismo”. Reagan è stato in qualche modo uno dei suoi più grandi interpreti?
Il conservatorismo, avverte Prezzolini, “non è semplicemente un partito; è una struttura della mente umana”. Arthur Moeller van den Bruck aveva scritto: “Chi non pensa che lo scopo dell’esistenza si realizzi nel breve istante, nel momento, nel tempo dell’esistenza stessa è un conservatore”. Augusto Del Noce conierà la definizione di “transpolitico” per indicare una dimensione profonda che sedimenta nella coscienza dei popoli, un fiume carsico che scorre all’interno delle società. Dunque, il conservatorismo è un dato caratteriale: Thomas Mann nelle Considerazioni di un impolitico aveva osservato che «ironia e conservatorismo sono due stati d’animo strettamente affini. Si potrebbe dire che l’ironia è lo spirito del conservatorismo.
Secondo Lei Direttore in Italia manca e servirebbe una figura come quella di Ronald Reagan?
Le figure vengono, occorre prima, però un’elaborazione culturale. Il movimento conservatore americano si era sedimentato attorno a una vasta esperienza culturale. Son trascorsi anni e con quella distanza del tempo necessaria per una pacata valutazione storica, Ronald Reagan è ritenuto – quasi unanimemente – fra i migliori presidenti della storia americana e Ancora oggi Reagan resta il convitato di pietra di qualsivoglia discorso sulla destra liberale.