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TematicheStati Uniti e Nord AmericaI rapporti economici tra Stati Uniti e Unione Europea...

I rapporti economici tra Stati Uniti e Unione Europea e il rilancio dell’ordine liberale: vincoli e opportunità per la Presidenza Biden

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Per flussi commerciali e di investimento, i rapporti economici tra gli Stati Uniti (USA) e l’Unione Europea (UE) costituiscono complessivamente il sistema di scambi a maggior livello di integrazione al mondo. Nonostante i momenti di regresso, occorsi a seguito dei principali shock che hanno colpito il sistema internazionale (attacchi terroristici dell’11 settembre, crisi globale del 2008, pandemia da Covid-19 nel 2020), il complesso delle relazioni commerciali e di investimento transatlantiche si pone a tutt’oggi in una posizione di guida anche rispetto al più ampio insieme dei rapporti economici globali.

L’ascesa della Cina, che è divenuta il primo esportatore di beni nel mercato dell’Unione superando gli Stati Uniti a partire dal 2020, costituisce, assieme ai precedenti, un quarto rilevante fattore di mutamento negli scambi globali. Pur cresciuta gradualmente nel tempo, la competizione con la Cina ha modificato in maniera sostanziale gli equilibri economici mondiali, impattando consistentemente anche sugli scambi transatlantici. 

Il capitolo offre una visione sintetica dei rapporti commerciali e di investimento tra Stati Uniti ed UE, con particolare riferimento alle tendenze in atto nel nuovo millennio. Esso individua i punti di forza della relazione economica transatlantica ed il suo potenziale di rilancio dell’ordine economico liberal-democratico. Evidenziando i principali vincoli domestici che entro gli USA stanno ancora rallentando la rimozione delle barriere agli scambi con l’ue adottate durante la Presidenza Trump, il capitolo individua poi i rischi connessi ad una mancata ricomposizione degli aspetti di maggior criticità entro le relazioni economiche interalleate. Infine, esso mette in evidenza i vantaggi derivanti dall’adozione di un approccio negoziale che ampli ulteriormente gli spazi di compatibilità tra i mercati USA e UE. 

Gli scambi USA-UE: uno sguardo d’insieme

Per flussi commerciali e di investimento, la relazione bilaterale tra gli USA e l’UE è quella a maggior livello di integrazione al mondo, e a maggior peso relativo sul complesso delle relazioni economiche globali. Il PIL congiunto di Stati Uniti ed Unione Europea, e il totale dei loro scambi ed investimenti rappresentano, rispettivamente, oltre il 40% del PIL mondiale e oltre il 40% del complesso degli scambi globali in beni e servizi. 

Se si escludono gli intorni relativi allo shock dell’11 settembre 2001, alla crisi del 2008 e allo shock pandemico del 2020, gli Stati Uniti hanno sperimentato una crescita continua degli scambi di beni con l’UE (Fig.1). Tra il 1997 ed il 2019, le esportazioni in beni USA verso l’UE sono più che triplicate, le importazioni sono cresciute di oltre il doppio. Nel 2018, le esportazioni statunitensi di beni verso l’UE ammontavano a circa 318,5 miliardi di dollari USA, nel 2019 erano cresciute nella misura del 5.6%; le importazioni dall’UE, pari a 486,9 miliardi di dollari, erano pure aumentate, in misura leggermente superiore (5.7%).

Anche scontando il calo seguito alla pandemia, il commercio USA-UE (somma tra esportazioni e importazioni di beni, pari in valore a 646,7 miliardi di euro) rappresentava nel 2020 il maggior flusso di interscambi in beni sul totale degli scambi usa con il resto del mondo (17.2% Fig.2). 

Fig.1 usa-ue: scambi di beni e saldo commerciale, 1997-2020

Chart, line chart

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Fonte : US Census Bureau, 2021a. Valori nominali espressi in miliardi di dollari usa. Elaborazione a cura dell’Autrice.

Gli Stati Uniti, tuttavia, sono importatori netti dal mercato dell’Unione in termini di beni, e, esclusi i periodi di contrazione suddetti, hanno visto aumentare il loro deficit commerciale verso l’UE, che nel 2020 ammontava a 184,25 miliardi di dollari. 

Essi mantengono un attivo nella bilancia dei servizi, ridottosi da 72,25 miliardi di dollari nel 2018 a 61,50 miliardi del 2020. Il saldo complessivo degli scambi in beni, servizi, e redditi (primari e secondari) USA-UE è comunque complessivamente favorevole agli Stati Uniti, che nel 2020 hanno registrato un surplus di circa 3 miliardi di dollari.

A paragone con il peso relativo del commercio statunitense con la Cina, il commercio USA-UE mantiene complessivamente la posizione più elevata sul totale degli scambi commerciali usa con il resto del mondo (Fig 2). L’andamento tendenziale di questi due rapporti indica però un decremento del rapporto tra flussi USA-UE e totale dei flussi usa (passati da circa il 20% degli anni Novanta e prima metà dei 2000 al 17.2% nel 2020), ed un incremento notevole del peso relativo dei flussi usa-Cina (passati dal 4,8 % nel 1997 all’attuale 14.9%). Nel 2020 la Cina è divenuta il primo esportatore di beni verso il mercato USA, sostituendo l’Unione, che ora detiene il secondo posto. Il dato va letto congiuntamente all’evoluzione dei rapporti commerciali tra UE e Cina, che, dal 2020, è divenuta il primo esportatore di beni nel mercato UE, superando gli Stati Uniti, che ora detengono il secondo posto. 

Fig. 2 Commercio usa-ue e usa-Cina, % sul totale commercio usa con il resto del mondo, 1997-2021Chart, bar chart

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Fonte : us Census Bureau, 2021a. Valori percentuali calcolati su dati nominali espressi in milioni di dollari USA. Elaborazione a cura dell’Autrice.

I flussi reciproci di investimenti esteri diretti tra USA e UE rappresentano in termini relativi il più corposo insieme di investimenti bilaterali intrattenuti rispetto a quelli con altri partner. Secondo le stime UE, il totale degli investimenti USA nel territorio dell’Unione è ad oggi circa il triplo degli investimenti statunitensi in tutta l’Asia; gli investimenti UE negli USA sono invece pari a otto volte la somma degli investimenti dell’Unione in India e Cina, complessivamente. Nel 2018, 4,3 trilioni di dollari erano investiti in totale da parte di investitori esteri negli USA: di questi 2,6 provenivano dall’UE. Di converso, sui complessivi 5,9 trillioni di dollari investiti dagli USA all’estero, 3,3 erano diretti in quell’anno verso l’UE. 

Il quadro appena descritto conferma la posizione di assoluta preminenza dei rapporti economici USA-UE nel contesto globale degli scambi, e mette in evidenza il ruolo-chiave del commercio in servizi e degli investimenti esteri, che a loro volta sono fonte di scambi su base infra-industriale di rilevante portata (un terzo degli scambi commerciali USA-UE è rappresentato infatti da transazioni tra imprese). Una evenienza fisiologica nel contesto delle dinamiche di catching up tra paesi in via di sviluppo e mondo industrializzato, la fenomenale e qualitativamente sofisticata ascesa della Cina ha però ridotto i margini di competitività delle economie USA e UE. Essa ha poi impattato in modo rilevante sulla natura dell’ordine economico internazionale, e sulle sue regole di funzionamento. 

Gli scambi USA-UE tra passato e futuro: la svolta trumpiana e il nuovo corso sotto la Presidenza Biden

Sotto il profilo strettamente economico, e scontando le punte conflittuali occorse sotto l’Amministrazione Trump, gli scambi usa-ue avvengono ad un livello di protezione assai contenuto (tariffa media aggregata inferiore al 3%). Le dispute commerciali USA-UE impattano sul 2% circa dei loro scambi reciproci. Tuttavia, diversamente da quanto avviene per altri paesi, i flussi commerciali e di investimento tra USA e UE non sono regolati attualmente da nessun accordo di libero scambio. Il dato costituisce una eccezione rispetto alla tendenza in atto, che ha visto crescere il numero degli accordi preferenziali in vigore di sette volte tanto tra il 1992 ed il 2021. Dopo il fallimento dei negoziati per il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), lanciati nel 2013, approdati a un nulla di fatto sotto la Presidenza Obama nel 2016, e conclusi formalmente nel 2019, le contese sugli scambi con l’Unione aperte dalla Presidenza Trump hanno di fatto congelato il dialogo su un possibile accordo preferenziale tra i due partner transatlantici2

Una analisi condotta sul periodo 2009-2019 indica che USA e UE hanno adottato posture reciprocamente conflittuali in materia di sussidi, rispondendo secondo la logica del colpo-su-colpo alle rispettive imposizioni di limiti alle importazioni o sussidi alle imprese interne impattanti le importazioni dal partner. L’evidenza suggerisce tra l’altro che la reattività di queste risposte è stata maggiore rispetto a quella separatamente adottata da USA e UE nei confronti delle restrizioni imposte dalla Cina contro le esportazioni statunitensi ed europee.

Il costo di questa conflittualità è stato sostenuto sia dalle imprese usa che da quelle ue, con vantaggi immediati per altri paesi che hanno scelto di entrare in schemi mega-regionali, come nel caso delle partnership CPTPP (Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership, a cui la Cina ha chiesto di accedere nel novembre 2021) e RCEP in Asia-Pacifico, o trans-continentali, come nel caso della Belt-and-Road Initiative a marchio cinese. In prospettiva, le perdite di efficienza derivanti dall’assenza dì una partnership solida a livello transatlantico tenderebbero purtroppo a crescere. Di converso, questi guadagni potranno essere internalizzati se USA e UE saranno in grado di sviluppare un approccio comune, in particolare negli ambiti digitale e delle tecnologie green, cooperando prima di tutto in tema di regolazione (settaggio standard produttivi, regimi fiscali e antitrust), e agendo a sostengo dell’innovazione tramite il consolidamento di reti di ricerca, produzione e scambio sulle due sponde dell’atlantico.

È proprio facendo leva su questi aspetti che, anche sulla scorta del programma elettorale condiviso durante la campagna per le elezioni presidenziali del 2020, il presidente statunitense Joseph Biden ha appoggiato la proposta europea di rilanciare la cooperazione economica transatlantica mediante la creazione dell’EU-US Trade and Technology Council (TTC), annunciata in occasione del summit UE-USA tenutosi a Bruxelles il 15 Giugno 2021. L’accordo rappresenta un contesto privilegiato per la ridefinizione congiunta delle regole del commercio e dello sviluppo tecnologico del terzo millennio, una partita di rilievo strategico nella competizione con la Cina negli ambiti dell’intelligenza artificiale (AI), della robotica e dei semi-conduttori. Oltre ai vantaggi economici di una riguadagnata centralità dell’asse transatlantico nel settaggio degli standard entro l’AI, una fattiva collaborazione USA-UE entro il TTC costituirebbe un’opportunità preziosa per far progredire i valori comuni alle liberaldemocrazie transatlantiche in tema di tutela dei diritti individuali e privacy in ambito digitale. Come sperimentato in passato nel contesto europeo, la cooperazione tecnica anche su temi molto specifici tra parti che, pur su posizioni diverse, condividono valori e principi fondanti i rispettivi ordinamenti interni, ha prodotto esiti politici di assoluto rilievo nel panorama regionale ed internazionale. Nel contesto plurale che caratterizza l’attuale sistema internazionale, dunque, la possibilità di riguadagnare centralità all’ordine liberal-democratico passa di necessità anche per questo tipo di collaborazioni, apparentemente tecniche e settoriali, ma intrinsecamente politiche e di portata potenzialmente globale.

In occasione del meeting del 31 ottobre 2021 tra il Presidente USA Biden e la Presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen, sono stati ribaditi gli impegni presi a giugno, sia riguardo al TTC (la cui sessione inaugurale si è tenuta a Pittsburgh il 29 settembre 2021), sia riguardo alla composizione delle controversie commerciali tra usa e ue ereditate dalla Amministrazione Trump. 

Relativamente al lancio del TTC, è di assoluto rilievo la comunione di intenti generale tra i due partner, anche se permangono alcune incertezze. In particolare, è apprezzabile l’accorciamento della distanza USA-UE, grazie all’ammorbidimento della posizione USA, che non includeva come prioritario il delicato tema della cooperazione tecnologica in ambito cyber – e che aveva messo in secondo piano il coordinamento sul settaggio standard digitali, antitrust e regimi fiscali delle grandi imprese, un punto invece di importanza primaria per l’UE. Da un lato occorrerà vedere come i due partner procederanno a smussare le relative differenze entro i diversi capitoli di questo accordo (in particolare, il potenziamento delle reti di fornitura e innovazione nella produzione dei semi-conduttori, a ora sbilanciate verso il Pacifico; e il coordinamento nel settaggio di nuovi standard digitali)3. Il presidente Biden dovrà infatti contemperare le richieste interne di una maggiore assertività statunitense entro un ambito in cui la supremazia tecnologica USA è indiscussa (una linea che privilegia gli obbiettivi di crescita economica e priorità dell’innovazione cyber a marchio USA a fini economici e di sicurezza nazionale), con le richieste dell’UE per una più incisiva regolamentazione del digitale, maggiormente centrata sulla necessità di tutelare i diritti individuali e delle piccole e medie imprese dagli abusi delle grandi corporations digitali. Dall’altro, resta aperta la definizione di una posizione specifica di USA e UE nei confronti della Cina. Sarà infatti determinante la linea che il Presidente Biden adotterà concretamente rispetto al delicato tema dei sussidi alle imprese di stato e al capitalismo non competitivo di Pechino, che al momento non ha mostrato ammorbidimento. Abbandonata la linea di dura intransigenza scelta da Trump, la nuova amministrazione è ancora alla ricerca di una precisa strategia nei confronti della Cina. Permane, chiaramente, la preferenza usa per un allontanamento UE dalla linea di engagement cooperativo fino a qui seguita da alcuni stati europei nei rapporti con la Cina. Di contro, occorrerà vedere come l’UE si posizionerà rispetto al rafforzamento USA di un asse ‘anglosassone’ nel Pacifico, manifestato tramite l’accordo nucleare stretto con Australia e Gran Bretagna il 15 settembre 2021. Costato alla Francia perdite economiche e diplomatiche non indifferenti, il c.d. AUKUS ha nei fatti disorientato gli alleati rispetto alla opinione del presidente Biden sul ruolo che l’asse transatlantico potrà giocare nel quadro degli equilibri globali. 

Riguardo al tema della riduzione delle frizioni USA-UE in ambito commerciale, sono di particolare importanza sia i progressi per comporre le divergenze in essere che quelli per ridisegnare le relazioni usa-ue in ambiti caratterizzati da eccesso di capacità produttiva in chiave innovativa e green. In particolare, sono state fissate tempistiche per la definizione dei termini dell’Accordo globale su acciaio ed alluminio sostenibili e per la gestione delle controversie commerciali nel settore aerospaziale (l’ormai ventennale controversia Airbus-Boeing), per le quali si è al momento decisa una sospensiva. A partire dal 1 gennaio 2022, la scelta per la gestione degli scambi nei settori acciaio e alluminio è quella di un sistema misto quota-dazio (tariff rate quota trq), che prevede l’eliminazione del dazio del 25% sulle importazioni usa di acciaio dall’ue, e del 10% sulle importazioni usa di alluminio da UE, precedentemente imposti sotto l’Amministrazione Trump ai sensi della Sezione 232 della legislazione USA, e l’apertura completa degli scambi in questi due settori fino al raggiungimento di volumi prefissati, stante tuttavia l’imposizione di quelle stesse tariffe per esportazioni che eccedano il livello prestabilito. La contropartita offerta dall’ue è la sospensione, a partire dal 1 gennaio 2022, delle tariffe imposte a suo tempo in autotutela sulle esportazioni degli USA di specifici beni nei settori agricolo, alimentare, dei beni di consumo e dell’acciaio e alluminio. Quantitativamente, e prendendo come base i volumi settoriali di importazioni, tramite questo regime misto gli Stati Uniti potranno importare acciaio UE esentariffe per circa 5,5 miliardi di dollari, e alluminio esentariffe pari a 1,2 miliardi di dollari usa. In aggiunta, USA e UE hanno convenuto per una risoluzione delle dispute relative alla Sezione 232 in essere presso il WTO, ribadendo la volontà di ampliare il coordinamento delle rispettive regolamentazioni doganali e dei rispettivi sistemi di composizione delle controversie commerciali. Rilevantemente, gli Stati Uniti si sono impegnati ad escludere dall’applicazione della sezione 232 i prodotti derivati dalla lavorazione di input incorporanti importazioni di acciaio e alluminio UE. 

Conclusioni 

A confronto con l’erratico antagonismo del Presidente Trump, e con il sistema tariffario puro adottato dagli USA nei rapporti con l’UE sotto la sua amministrazione, la scelta del meccanismo TRQ segna un innegabile progresso. Migliorativa da un punto di vista economico, essa è funzionale politicamente a ricompattare la fiducia nel dialogo commerciale tra USA ed Unione Europea, e viene quindi incontro alla richiesta della Commissione UE di de-politicizzare gli scambi rispetto all’era Trump. Come la decisione di sospensiva delle controversie con l’UE in ambito WTO, anche il sistema TRQ segnala coerenza tra intenti e prassi da parte del Presidente Biden in tema di commercio tra democrazie alleate. De-securitizzando in maniera esplicita gli scambi nei settori dell’acciaio e dell’alluminio, il Presidente Biden ha dimostrato agli alleati europei che è possibile per gli usa ‘fare marcia indietro’, se ciò è funzionale alla ricostruzione di un clima collaborativo, anche quando tale revisione avviene ai danni di produttori statunitensi, in settori in perdita e non pienamente concorrenziali. Da parte europea, tuttavia, si è notata la portata limitata del sistema TRQ, che tra l’altro comporta maggiori difficoltà in termini allocativi (quote distribuite a livello nazionale tra gli stati membri dell’UE) rispetto al contesto USA, e di fatto non costituisce una restitutio ad integrum, ma solo un graduale – anche se rilevante – ammorbidimento della precedente linea di chiusura. 

Ai fini della sicurezza economica e militare della compagine transatlantica, la partita strategica nella competizione con la Cina si giocherà poi sulle nuove partnership commerciali e d’investimento che gli USA saranno in grado di costruire con l’Unione Europea sui temi dell’innovazione digitale e della sicurezza delle filiere produttive globali. La comunione di intenti sulla necessità di coniugare innovazione tecnologica, sostenibilità ambientale-energetica, tutela dei principi liberal-democratici e sicurezza, costituisce il fondamento privilegiato per elaborare soluzioni vantaggiose per entrambi i partner. Ove politicamente sostenuta nel tempo ed efficace sotto il profilo economico, la nuova partnership usa-ue potrebbe poi costituire una base politica di rilievo in ambito multilaterale, per ridisegnare i contorni di un nuovo ordine liberale entro il contesto plurale attualmente caratterizzante il sistema internazionale. La possibilità che USA e UE avrebbero di operare simultaneamente sul tavolo bilaterale in via di rilancio, oltre ai contesti multilaterali originati nel solco degli accordi di Bretton Woods, rappresenta una opportunità unica a questo scopo. I vantaggi di una sinergia diplomatica di questo tipo – mai avuta sino ad oggi, in assenza appunto di accordo economico preferenziale tra le economie USA e UE – sarebbero notevoli. Oltre ad imprimere una spinta riequilibrante in senso transatlantico alle incertezze dell’attuale duopolio USA-Cina, solo una chiara sinergia tra USA e UE potrà compattare la fiducia internazionale su una visione liberale degli scambi, che sia anche genuinamente inclusiva e sostenibile sotto i profili sociale ed ambientale.

La sfida ha tuttavia proporzioni che non vanno sottovalutate. In ottemperanza ai requisiti WTO qualunque accordo preferenziale che USA e UE negozieranno tramite il TTC dovrà gradualmente aprirsi a terzi, che potranno aderire su base volontaria nel rispetto delle norme fondanti. Prima ancora di tale graduale apertura, occorrerà osservare come le leadership usa e ue sceglieranno di gestire le spinte interne alla chiusura, e come decideranno di contemperare le differenti aspettative sulle modalità e gli scopi della loro collaborazione (spinta alla crescita tramite innovazione, e approccio non invasivo, con privilegio per la libertà di impresa, in tema di regolazione, da parte USA; spinta ad una più incisiva regolazione dei mercati e della produzione, maggior inclusività e tutela dei diritti individuali nella materia cyber da parte dell’UE). Con riguardo al commercio in settori in declino, poi, è nota la pressione interna sulle leadership usa e ue per l’ottenimento di protezione immediata per una specifica porzione della classe media (manodopera salariata a bassa qualificazione nei settori in sofferenza). Non necessariamente ‘i più svantaggiati’, molti tra i cittadini statunitensi appartenenti a questi gruppi hanno giocato un ruolo rilevante nell’orientare l’opinione pubblica – e il consenso elettorale – sulla preferenza per linee difensive e di disimpegno commerciale tenute dagli usa negli ultimi anni. Questo tipo di richieste, tuttavia, oscura la priorità di riduzione delle diseguaglianze – che restano elevate per altri gruppi particolarmente svantaggiati (donne, minoranze etniche), togliendo risorse al sostegno della competitività tramite l’innovazione. La posta in gioco, per gli USA e per l’UE, è quindi particolarmente alta. 

I costi di un accordo minimo o di breve tenuta tra usa e ue sono quelli della perdita di vantaggio nei confronti della Cina, in particolare sul tema della innovazione tecnologica sostenibile, e, in secondo luogo, dell’allontanamento – particolarmente pericoloso – della riduzione delle diseguaglianze nei contesti a democrazia liberale. Relativamente al primo punto, il rischio è quello di una perdita di centralità dell’asse transatlantico a favore della Cina, di una maggior vulnerabilità in termini di sicurezza e di un minor livello di benessere per i cittadini sulle due sponde dell’atlantico. L’altro grande rischio legato ad un indebolimento del processo di ri-costruzione della partnership tra usa e ue è, come detto, un ulteriore calo di fiducia negli ideali liberal-democratici, e, più in generale, nella possibilità di dare vita a un ordine libero ma regolato in modo da fornire eque opportunità per tutti. Oltre che entro le società civili statunitense e dell’Unione Europea, infatti, tale perdita di fiducia rischia di impattare sui altri potenziali partner che abbiano comune sentire, allontanando ulteriormente la realizzazione di un futuro sostenibile, equo e pacifico, basato su regole condivise nel solco dei principi liberali e democratici.

1Il termine trilione (1012) viene usato con riferimento alla scala corta in uso negli Stati Uniti, 1 trilione equivale quindi a mille miliardi (billions). 

2Nonostante i colloqui tra la Presidenza Trump e la Presidenza ue tra il Luglio 2018 e l’Agosto 2020 (ustr 2020), i rapporti commerciali bilaterali sono stati punteggiati da un’aspra battaglia tariffaria e da un irrigidimento della posizione usa in senso anche esplicitamente anti-europeo nell’ambito della risoluzione delle controversie entro il wto (Baroncelli e Santese 2021). 

3I dieci gruppi di lavoro previsti entro il ttc sono articolati su altrettante priorità tematiche: standard tecnologici; clima e tecnologie pulite; sicurezza delle filiere di produzione e distribuzione (supply chains); sicurezza e competitività delle tecnologie e servizi di informazione e comunicazione (icts); governance dei dati e piattaforme tecnologiche; uso inappropriato della tecnologia comportante minaccia alla sicurezza e ai diritti umani; controlli sulle esportazioni; screening degli investimenti; promozione dell’accesso alle tecnologie digitali da parte delle piccole e medie imprese; sfide globali al commercio. 

Eugenia Baroncelli

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