Alice Dell’Era e Alessandro Vesprini
La storia tra le due limitrofe nazioni del nordest asiatico è complicata e tormentata, ma l’attuale contesto geopolitico e geoeconomico potrebbe portare a una rivalutazione dei rapporti tra Seul e Tokyo. Difatti, il 6 marzo 2023 le amministrazioni della Corea del Sud e del Giappone hanno raggiunto un accordo che, seppur non senza precedenti, potrebbe in qualche modo risultare duraturo. Fattori economici e commerciali sono sicuramente da imputare alla sua conclusione e concorrono a prolungarne la durata vitale. Tuttavia, è imperativo non sottovalutarne l’aspetto sociale e politico, o farlo perdere in quello prettamente economico, , in quanto l’accordo ambisce a risolvere una questione fortemente sentita dall’opinione pubblica sudcoreana, che già in passato ha determinato le sorti di iniziative analoghe.
Lo stato dei rapporti bilaterali
Seul e Tokyo hanno vissuto dei momenti di tensione durante l’amministrazione Moon Jae-in (2017-2022). Una delle prime iniziative dell’ex presidente della Repubblica sudcoreana, infatti, è stato quello di stracciare l’accordo firmato dalla presidente Park Geun-hye con il Giappone riguardo alla questione delle comfort women, cittadine coreane, ma non solo, che, durante l’occupazione coloniale giapponese e a ridosso della Seconda Guerra Mondiale, furono financo rapite dalle loro famiglie per servire come concubine dell’esercito imperiale nipponico.
Nel 2019, inoltre, una corte di Seul si era espressa contro il fatto che le riparazioni effettuate da Tokyo non erano sufficienti a coprire un’altra violazione storica commessa durante il periodo coloniale giapponese, ossia i lavori forzati; persone, anche in questo caso, strappate dalle proprie famiglie per servire come manodopera in Corea per le aziende giapponesi, tra cui Mitsubishi e Nippon Steel. Ed è proprio su questo fatto storico che i due Paesi hanno lavorato per risolvere le diatribe.
Risollevare i rapporti con il Giappone è uno degli obiettivi programmatici dell’amministrazione Yoon in politica estera. Sin da prima del suo insediamento ufficiale, verso la fine dell’aprile 2022, una delegazione del ministero degli Affari Esteri è volata a Tokyo per esprimere l’impegno del governo verso questa direzione. Non sorprende, quindi, che Seul abbia spinto affinché si cercasse una soluzione. Tuttavia, altri possono essere i fattori concorrenti che hanno spinto i due Stati a trovare un accordo.
Nel 2019, appunto a seguito della decisione della corte sudcoreana di condannare le menzionate aziende giapponese a versare altre compensazioni nei confronti delle famiglie vittime dei lavori forzati, Tokyo ha risposto togliendo la Corea del Sud dalla lista di Paesi a cui poter esportare determinati componenti chimici necessari alla realizzazione di semiconduttori. A riguardo, è bene notare che, in concomitanza della dichiarazione, i due ministri degli esteri hanno annunciato di aver momentaneamente sospeso il processo di controversia attivato dalla Corea del Sud verso i suddetti limiti alle esportazioni, mentre negoziazioni per rimuovere le restrizioni giapponesi alle suddette esportazioni inizieranno a breve.
Il contesto geopolitico e geoeconomico all’interno del quale è stato raggiunto l’accordo
Sicuramente la notizia rappresenta un colpo di scena sul palco internazionale della regione e le circostanze e il tempismo con il quale è stata annunciata sembrerebbe sottendere un altro aspetto: il decoupling tecnologico tra Cina e Stati Uniti sta spingendo le nazioni coinvolte all’interno della catena globale del valore verso una determinata direzione.
Corea del Sud e Giappone sono due anelli importanti della catena produttiva dei semiconduttori; inoltre, gli ultimi tasselli all’interno della competizione sino-americana, per lo meno per il primo Stato, li costringono a prendere delle decisioni di politica industriale non in continuità con quello che è stato in passato. In pratica, la mossa statunitense ha avuto un impatto significativo sui costi e sulle opportunità di esportazione di componenti tecnologici sviluppati con tecnologia statunitense verso la Cina, rendendo tale esportazione impossibile senza le necessarie licenze.
Tale contesto renderebbe l’accordo uno strumento per riassestare le relazioni economiche tra Seul e Tokyo e garantire gli interessi di entrambi nel campo dei semiconduttori. Di fatto, le aziende coreane e giapponesi non sono dirette concorrenti per la produzione degli stessi beni, ma quelle nipponiche godono di una posizione di favore per quel che concerne l’integrazione verticale a monte dei processi produttivi. Il Paese del Sol Levante, in pratica, è uno dei principali Paesi produttori ed esportatori di componenti, non solamente chimiche, necessarie alla realizzazione di microchip.
Dunque, verrà anch’esso colpito indirettamente dal calo delle esportazioni verso la Cina, a causa dell’effetto frusta che si riverbera sulla catena produttiva. Alla luce di tali circostanze, un avvicinamento economico tra Corea e Giappone andrebbe a vantaggio di entrambi. Tuttavia, le sorti dei due paesi in tale ambito dipenderanno dal risultato delle negoziazioni per la revoca delle restrizioni.
L’accordo visto da Washington
Nel frattempo, l’accordo tra i due alleati americani è stato immediatamente accolto a Washington come un importante passo volto ad allentare le storiche tensioni tra Seul e Tokyo. Più volte gli Stati Uniti si sono impegnati a mitigare le diatribe tra quelli che per la Casa Bianca rappresentano i due più importanti alleati nella regione. La strategia americana in Asia, di fatto, si fonda sulla cooperazione trilaterale con questi due attori. Già in passato, la collaborazione tra i tre era, invece, stata messa in discussione a causa delle controversie storiche tra i due vicini asiatici.
Proprio nel 2019, Seul minacciò di abbandonare l’accordo di intelligence sharing GSOMIA con Tokyo in risposta alla decisione del governo giapponese di bloccare le esportazioni di componenti chimici alla Corea del Sud. Pertanto, una soluzione negoziata dai due alleati di loro spontanea iniziativa e senza il coinvolgimento diretto di Washington, non può che suscitare l’approvazione dei rappresentanti diplomatici e politici americani. Per gli Stati Uniti, infatti, uno scenario caratterizzato da una distensione delle tensioni tra Tokyo e Seul rappresenta un’occasione d’oro per poter cooptare entrambi gli alleati in iniziative di cooperazione trilaterale maggiormente consolidate e volte a rispondere congiuntamente al crescente pericolo posto sia da Pyongyang che da Pechino.
La possibile evoluzione degli accordi
Rimane da vedere, però, se l’accordo sarà in effetti, come sostenuto da Biden, rivoluzionario. Il rischio che l’iniziativa possa cadere vittima di nuove ondate di politicizzazione non è del tutto scontato. In Corea, l’iniziativa dipenderà molto dalla capacità di Yoon di vendere l’accordo all’opinione pubblica: al momento, parte della popolazione sembra infatti insoddisfatta del risultato e si è già mobilitata organizzando proteste nella capitale. Ciò rischia di minare il capitale politico dell’attuale amministrazione che, secondo gli ultimi sondaggi, gode di un indice di gradimento altalenante.
Inoltre, se è vero che l’accordo del 2015 era stato abbandonato in quanto non rispondeva adeguatamente alle richieste delle vittime, non è chiaro come il nuovo sia diversamente sostenibile. Se, da un lato, questo offre sicuramente l’opportunità ai due paesi asiatici di rilanciare le proprie relazioni bilaterali, dall’altro, sembra essere dettato più da esigenze ed interessi economici che da una genuina volontà di lasciarsi tali controversie storiche alle spalle.
Seppur rappresentando un importante passo avanti, l’accordo non preclude, quindi, la possibilità di un ritorno a nuove frizioni. Alla luce degli incentivi geoeconomici dietro al piano, è però plausibile ipotizzare un approccio più pragmatico da parte di entrambe le parti nel navigare tali disaccordi, approccio che non vada verosimilmente a minare le necessità tecnologiche e commerciali delle imprese giapponesi e coreane. Se la longevità di questi accordi sarà, quindi, fortemente influenzata dalle situazioni contingenti future, che peseranno inevitabilmente sulle leadership dei due Paesi, è probabile che le differenze e le divergenze tra fattori economici e sociopolitici emergano più visibilmente che in questo momento.