Se è lecito fare dei commenti ancora a caldo sull’esito delle elezioni europee, devo subito dire che gli esiti ottenuti dai tre principali contendenti sono stati molto diversi e imprevisti e vanno interpretati. Il PD ha ottenuto un successo storico per ampiezza e estensione sfruttando errori molteplici dei due oppositori, errori che hanno portato molti elettori a votare per esclusione. Forza Italia ha subito un tracollo prevedibile perché è in crisi di identità e di leadership e perché deve rappresentare il doppio e contraddittorio ruolo di un’opposizione che sostiene il governo. Sorprendente invece la sconfitta di Grillo se paragonata ai successi ottenuti nei comizi di piazza. Sulle ragioni di questa sconfitta è bene riflettere perché interessano un po’ tutto il modo di fare politica in Italia in una epoca di transizione. Sono ragioni diverse che si cumulano fra loro. Sono questioni sulle quali avevo già avanzato alcune perplessità a qualche mio studente simpatizzante per il M5S.
In primo luogo il leader del M5S sembrerebbe non aver ben chiari i meccanismi che muovono la scelta politica in un regime di massa. L’Italia è oggi, fra i paesi europei, quello più “massificato” e lo spirito di massa è caratterizzato da variabilità e vulnerabilità. Non ci sono scelte razionali e convinte ma scelte guidate da sensazioni umorali che possono cambiare di momento in momento. Non c’è cultura politica. Non c’è dialettica seria fondata sui valori e sulle condizioni culturali del paese. Ci si chiede oggi come mai i sondaggi abbiano sbagliato in modo anche più vistoso rispetto al passato. Ma è proprio questo che serve a dimostrare che la nostra è un cultura del presente e le masse reagiscono agli stimoli più superficiali e soprattutto alla paura. La volatilità è superficialità. Si decide all’ultimo istante sull’onda delle emozioni più recenti. Perciò il livello di volatilità annulla anche le tecniche più raffinate dei sondaggi, che diventano allora solo un gioco, con scarse probabilità di anticipare i risultati. Alla fine infatti vincono sempre le “maggioranze silenziose”. Su questa base non esiste più carisma, mentre Grillo deve aver pensato invece di poterlo ottenere.
In secondo luogo è mancato al M5S un nucleo di intellettuali di riferimento, una specie di “certificato di garanzia” del valore politico e perciò anche una ideologia in positivo coordinata e coerente. E’ quanto invece ha permesso a Tsipras di superare la soglia del 4% in solo pochi mesi di presenza politica. E non è difficile ipotizzare che i voti che ha avuto Tsipras siano voti che ha perso Grillo. Un movimento dal volto innovatore, per non dire rivoluzionario, ha ancora più bisogno di intellettuali. Tanto la Rivoluzione francese quanto la Rivoluzione russa hanno avuto alle spalle un gruppo di intellettuali. Che cosa pensa Grillo degli intelletuali? Li snobba o li teme? Su quali basi ideologiche pensa di orientare il suo movimento?
Un terzo errore è stato quello di aver agitato fantasmi e paure del secolo scorso. Ha usato i toni del Savonarola, non le argomentazioni di Machiavelli, dimenticando che le maggioranze sono in gran parte conservatrici e che non amano gli agitatori se non quando sono già vincitori. Bene ha fatto al confronto la Le Pen in Francia a dare nelle ultime giornate il senso della misura e dell’ordine rendendo più accettabile il suo mito-nazione. Grillo ha fatto tutto il contrario, ha eccitato al momento l’entusiasmo delle folle ma ha fatto fuggire i voti conservatori che voleva invece guadagnare. La media borghesia, per quel che è, già messa in crisi dagli ultimi governi, ha bisogno di rassicurazioni e di potersi fidare, ha bisogno di essere guidata sul terreno della ragione. Con l’effetto Grillo ha invece avuto paura e nel dubbio si è affidata alle presunte certezze del governo, cioè alla stabilità e agli allettamenti e promesse che dovrà ora verificare.
La democrazia, in gran parte formale, che c’è in Italia potrà riprendersi solo se sostenuta da una solida maggioranza di governo, a sua volta accerchiata da una consistente e agguerrita opposizione, che svolge così un ruolo importante per il Paese contrastando le possibili derive autoritarie. Occorre anche però che l’azione del governo segua le vie del pragmatismo, evitando le illusioni, le stupidità e gli errori di percorso. Ora le condizioni ci potrebbero essere. Mancherebbe solo l’intelligenza degli uomini, che non è risorsa da poco in un’Italia sempre sprovvista di veri uomini di Stato.