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TematicheMedio Oriente e Nord AfricaElezioni Israeliane: le quinte in meno di quattro anni

Elezioni Israeliane: le quinte in meno di quattro anni

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Il 1 Novembre 2022 i cittadini israeliani sono stati chiamati alle urne per la quinta volta dal 2019. Sulla base dei risultati delle elezioni, il Likud, principale partito di destra guidato da Benjamin Netanyahu, si è affermato come il vincitore, ottenendo la maggioranza dei seggi in parlamento. Si ricorda che il numero di seggi della Knesset, il Parlamento unicamerale israeliano, è di 120, i cui membri vengono eletti ogni quattro anni. 

Perché nuovamente alle urne

Il governo uscente, conosciuto anche come “Change Coalition“, era l’espressione di una coalizione di otto partiti appartenenti ad anime politiche molto distanti tra loro, accumunati dall’obiettivo di estromettere definitivamente Benjamin Netanyahu dalla Knesset. A capo dell’intesa politica erano il primo ministro Yair Lapid, leader del partito di centro Yesh Atid, e il ministro degli esteri Naftali Bennet, leader del partito di destra Yamina. In aggiunta ai precedenti, facevano parte dell’intesa due partiti di destra, New Hope (guidato da Gideon Sa’ar, ex membro del Likud) e Yisrael Beiteinu (guidato da Avigdor Lieberman); il partito di centro Blue and White (diretto da Benny Gantz) e i due di sinistra, ovvero il Partito Laburista e Meretz (entrambi guidati da ex giornalisti, rispettivamente Merav Michaeli e Nitzan Horowitz). Per la prima volta nella storia di Israele il partito arabo Ra’am, guidato da Mansour Abbas, faceva parte del governo, mentre il partito Likud di Netanyahu era all’opposizione. 

La coalizione si basava su un sistema di rotazione di leadership del governo tra Bennett e Lapid: nel corso della quadriennale legislatura, Bennett avrebbe dovuto ricoprire la carica di primo ministro nei primi due e Lapid gli sarebbe succeduto in un secondo momento nell’agosto 2023. In vista delle dimissioni di alcuni membri, tra cui Idit Silman nell’aprile 2022, i due leader, lo scorso 20 giugno, hanno preso congiuntamente la decisione di dimettersi e di sciogliere la coalizione di governo, inaugurando un periodo transitorio in cui Yair Lapid ha assunto l’incarico di primo ministro fino all’esito dei risultati delle nuove elezioni. 

Risultati elettorali delle principali forze politiche israeliane 

È necessario chiarire quali partiti si sono candidati alle elezioni del 1 Novembre con le rispettive inclinazioni politiche e i corrispondenti risultati elettorali. A contraddistinguere questa campagna elettorale è la coalizione formatasi tra quattro partiti appartenenti alla destra conservatrice e religiosa, ossia il partito Likud guidato da Netanyahu, con un orientamento conservatore di destra che ha ottenuto il 23,41% dei voti; il Religious Zionist Party, appartenente alla destra sionista religiosa che vede come principale esponente Itamar Ben-Gvir, affermandosi come terza forza politica del paese con il 10,83% dei voti; lo Shas, presieduto da  Aryeh Deri, rappresentante degli ideali degli ebrei sefarditi ultra-ortodossi con l’8,24%, ed infine lo  United Torah Judaism, coalizione di due partiti ultra-ortodossi, portavoce degli interessi degli ebrei haredim aschenaziti, che ha ottenuto il 5,88% dei voti. 

Lo Yesh Atid di Yair Lapid, il quale si definisce un partito di centro, si afferma con il 17,78% dei voti, un ottimo risultato che lo porta ad essere la seconda forza del paese, ma non tale da permettergli di ottenere la maggioranza dei seggi in parlamento. Il resto delle forze politiche, tra cui Yisrael Beytinu (4.49%) The United Arab List (4.07%), Hadash Ta’al (3.75%), Labour Party (3.69%) hanno ottenuto meno del 5% dei voti. 

Per quanto riguarda la ripartizione dei seggi in parlamento, si procede con l’assegnazione di 64 seggi alla coalizione guidata dal partito Likud, 51 seggi conferiti alla coalizione guidata dal leader del partito di Yair Lapid (Yesh Atid, National Unity, Yisrael Beytenu, Ra’am ed il Labour Party), e cinque seggi riconosciuti al partito Hadash-Ta’al. 

Cosa ci si aspetta da questo nuovo governo  

La sera stessa delle elezioni, Netanyahu ha rassicurato la popolazione israeliana con tali parole: “I will establish a national government that will take care of all of Israel’s citizens, without any exception, all of them”, assicurando sostanzialmente che si tratterà di un governo equo ed imparziale. Tuttavia, ciò che si ha di fronte è una coalizione di estrema destra, ultranazionalista e religiosa, ragione per la quale il primo ministro palestinese, Mohammad Shtayyeh, ha dichiarato pubblicamente che la vittoria di Netanyahu non può che essere una “bad news” per il popolo palestinese, dimostrando il suo pessimismo rispetto ad un potenziale futuro accordo di pace con lo stato ebraico. Sarà un governo che si assicurerà di tutelare tutte le minoranze del paese? Questo è quanto si aspetta il presidente americano Biden, consapevole che l’ex primo ministro israeliano Netanyahu si è assicurato l’aiuto dell’estrema destra per ottenere la maggioranza dei seggi in parlamento. A prescindere da ciò, Biden si attende una continua devozione verso i valori della democrazia, della tolleranza e del rispetto dei diritti umani. Presupposti che se non rispettati potrebbero creare tensioni con l’attuale amministrazione americana. Last but not least, ulteriore vincitore di questa campagna elettorale è, infatti, il leader del partito sionista religioso di estrema destra Religious Zionism, Itamar Ben Gvir. Come ha dichiarato il 2 novembre di fronte ai suoi sostenitori, il suo impegno andrà alla sicurezza interna del paese in quanto la popolazione israeliana esige cambiamenti che possano garantirgli ciò. D’altronde, già lo scorso 30 settembre aveva prescisato qualcosa al riguardo: “Whoever raises his hand against a soldier, whoever goes against the state of Israel, whoever wants to turn this into Palestine, it’s not his place (…) whoever wants to live here in peace, serenity and quiet, that’s great”. Pertanto le sue posizioni sono chiare: non ci sarà nessuno spazio per sovvertire l’ordine interno del paese ebraico. 

Ad ogni modo, Netanyahu dovrà procedere con negoziati e trade-offs con le forze della coalizione per definire gli obiettivi politici del nascente governo, per assicurarsi il supporto delle molteplici forze politiche e per fare in modo che la coesione interna rimanga salda. 

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