La situazione di attuale instabilità presenta un quadro da tenere in considerazione per la sua complessità, in ragione dei potenziali sviluppi che potrebbero insorgere. La risoluzione di queste crisi disseminate richiede un’analisi generale, che intraveda le connessioni tra situazioni anche apparentemente lontane. Lo scenario di permacrisi necessita altresì una risposta coordinata e condivisa da parte di organizzazioni e istituzioni, al fine di contenere il dilagare dei danni di una reazione al momento lenta e inefficiente. Gli anni a venire saranno cruciali, per evitare che le emergenze odierne conducano a dinamiche irreversibili che possano cambiare radicalmente la società e i nostri stili di vita.
Questa posizione è stata supportata dal World Economic Forum, organizzazione senza scopo di lucro finalizzata alla cooperazione e alla risoluzione delle controversie a livello globale. Da questo punto di vista, il Global Risks Report 2023 discute le situazioni di rischio attualmente presenti e definisce questo stretto legame con un termine ben preciso: “policrisi”. Di fatto si intende la concettualizzazione di un cluster che considera l’effetto composto dei rischi attuali e futuri, allo scopo di informare e raggiungere un livello di resilienza tale da poter mitigare la probabilità che tali criticità si realizzino.
L’analisi in questione ha inizio tramite l’approfondimento delle dinamiche legate alle risorse naturali e al cambiamento climatico, perno delle potenziali conseguenze a livello economico, sociale e geopolitico. La mancanza di cibo, acqua ed energia può portare a crolli irreversibili, soprattutto in zone particolarmente sensibili del globo. La destabilizzazione comporterebbe disordini sociali e politici, nuovi flussi migratori e ingenti perdite di vite umane. In quest’ottica, un fattore d’influenza è la crescita della popolazione mondiale, che si stima possa raggiungere gli 8,5 miliardi di persone entro il 2030. In secondo luogo, lo sviluppo industriale non mantiene il passo del consumo alimentare e idrico, previsto in aumento per la prossima decade. Ugualmente, si consideri la richiesta globale sempre maggiore di materiali come litio, grafite e cobalto. Questi fattori d’allarme influenzano il contesto d’insieme nel medio e lungo periodo, causando una reazione a catena che interessa il costo della vita, le catene di approvvigionamento e il confronto geoeconomico tra Stati.
Nella finestra temporale che si frappone tra oggi e il 2030, per colmare il divario tra domanda e offerta, sarà necessaria una cooperazione che permetta la circolazione transfrontaliera di risorse insieme ad una strategia coordinata verso la low-carbon transition. Sulla base di queste due linee direttive sono possibili quattro scenari di diverso impatto.
Il primo futuro è quello della collaborazione, data dall’apertura alla condivisione di risorse verso l’esterno. La circolazione internazionale di capitali, tecnologie e informazioni permette la messa in atto di catene di fornitura flessibili e di soluzioni innovative che possano incentivare la produttività agricola nella maggior parte dei Paesi. Si prospetta comunque una carenza di risorse, a fronte di una crescente domanda e di prezzi maggiori causati dall’andamento dell’inflazione. A tal proposito, si manifesta una frenata nel processo verso la transizione green, con la decisione da parte di alcune economie a basso reddito di tornare all’uso intensivo del carbone al fine assicurare la sicurezza energetica. Resta da monitorare attentamente lo stress idrico di alcune regioni, al netto dei miglioramenti ottenuti verso un consumo più contenuto e consapevole.
Il secondo futuro è il manifestarsi di un vincolo alle risorse che ne limita la condivisione. In questo caso, l’azione climatica non resta al passo della cooperazione internazionale, la quale non è sufficiente a risolvere la carenza di offerta mondiale. Le conseguenze ricadono così sui commerci e sulla stabilità del tessuto socio-economico degli Stati. In mancanza di un intervento appropriato, la disponibilità di acqua diventa una priorità globale, causando severe problematiche al settore agricolo. La quantità e la qualità dei raccolti diminuiscono in svariate zone, dall’America all’Europa, fino all’Asia. Inoltre, nei territori a scarsità idrica si possono verificare rallentamenti e ostacoli nell’estrazione di metalli e minerali. Queste mancanze, che riflettono il rialzo dei prezzi, conducono all’aumento continuo del costo della vita, causando scioperi e disordini sociali. Inoltre, è possibile avere ricadute anche nelle industrie delle economie più avanzate, soprattutto nei settori più sensibili come quello dei trasporti e della manifattura, rendendo concreto il rischio di reazioni a catena incontrollate.
Nel terzo futuro viene data maggior enfasi all’azione climatica, adottando però un approccio conservativo delle risorse chiave: metalli e minerali sono al centro della competizione globale. I primi effetti si possono intravedere nelle divergenze tra Paesi relativamente alla sicurezza alimentare: i Paesi più sviluppati beneficiano di tecnologie e capitali che rendono più efficienti i processi agricoli, mentre i Paesi meno avanzati hanno meno probabilità di scalare la produzione di cibo senza il supporto internazionale. Povertà diffusa, malnutrizione e malattie dovute alla dieta sono solo alcuni elementi di un quadro più complesso di crisi umanitaria. In questo caso, il processo di militarizzazione si intensifica: materiali come litio, cobalto e platino sono al centro delle tensioni. Si ha quindi un rafforzamento dei blocchi commerciali, che danno priorità alla sicurezza piuttosto che al vantaggio comparato. La ricerca di risorse si spinge in territori nuovi, come le regioni polari e le acque internazionali, generando ulteriori tensioni e controversie sul piano giurisdizionale.
Nel quarto futuro si manifesta il pericolo concreto di conflitti per le risorse: l’intervento degli Stati diventa più aggressivo, al fine di soddisfare la propria domanda interna ed esercitare un controllo più stretto sull’offerta nazionale. Si fa ricorso alle fonti alimentari prodotte autonomamente, ma senza un adeguato sostegno all’agricoltura la produttività del settore diminuisce nel tempo. Al cambiamento dello stile di vita delle comunità locali si aggiungono le emissioni globali e la deforestazione, causate da pratiche intensive che esacerbano la degradazione del suolo, l’inquinamento e il declino della capacità produttiva; ne risente anche lo stress idrico diffuso su larga scala. La conseguenza finale di questo scenario è che queste risorse verranno utilizzate come uno strumento di soft power da chi le detiene, al fine di far valere accordi o concessioni. Ciò porta a tensioni profonde e alla rottura di alleanze, avviando un nuovo processo di nazionalizzazione su più settori. La carenza di risorse determina quindi la polarizzazione e il malcontento sociale, tanto nelle economie avanzate quanto in quelle in via di sviluppo. La violenza e i disordini interstatali diventano una conseguenza naturale, aumentando il rischio di atti di terrorismo e dell’utilizzo di armi tecnologicamente avanzate.
Gli scenari descritti mettono insieme il contesto attuale e futuro, partendo dall’approccio che in questi anni potrà essere adottato da istituzioni, imprese e cittadini. Se si vuole dipanare la complessità attuale è necessario adottare uno sguardo più ampio, cercando di arrivare alla radice del problema tramite un’azione che parta prima di tutto dal mondo politico. Nonostante ciò, non sarà possibile evitare la policrisi, dato che al momento se ne intravedono già gli effetti. Questa, tuttavia, si potrebbe contenere, se si iniziasse ad agire il prima possibile.