Negli ultimi anni, l’Indo-Pacifico è divenuto il punto di convergenza delle priorità strategiche degli Stati Uniti e di alcuni dei suoi principali alleati e partner. La centralità di questa regione è legata a due principali fattori. Da un lato, il dinamismo economico dei Paesi dell’Indo-Pacifico rende quest’area il «motore della crescita economica globale». Dall’altro, l’ascesa politica, economica e militare della Repubblica Popolare Cinese (RPC) e la sua crescente postura revisionista hanno trasformato questa regione nel principale teatro della competizione strategica tra la potenza emergente e quella statunitense in declino. Per gli Stati Uniti, la RPC ha, infatti, assunto il ruolo di «rivale strategico» a tutti gli effetti. Il comportamento assertivo di Pechino in quest’area cruciale per l’economia e il commercio mondiale non è tuttavia fonte di preoccupazione solo per Washington. I principali partner e alleati statunitensi in Asia, così come alcuni degli alleati europei, condividono le stesse apprensioni. Ciò ha favorito un approfondimento delle alleanze e partnership volte a garantire la stabilità e sicurezza dell’Indo-Pacifico. Negli ultimi mesi, due meccanismi hanno assunto particolare rilievo: il Dialogo di Sicurezza Quadrilaterale (QUAD) e il nuovo patto militare AUKUS. La centralità di questi strumenti all’interno delle politiche di Biden sembra indicare una postura essenzialmente in linea con la traiettoria strategica consolidata già durante l’amministrazione precedente.
Gli Stati Uniti iniziano a guardare a ovest
Il ribilanciamento delle priorità strategiche di Washington in risposta all’ascesa della rpc ha inizio con il Pivot to Asia dell’amministrazione Obama. Tale approccio si proponeva di rafforzare la posizione e gli interessi strategici americani nella regione asiatica attraverso un irrobustimento delle alleanze esistenti e il perseguimento di nuove partnership, anche quindi con la Cina. Quest’ultima era, difatti, vista come un attore simultaneamente da «coinvolgere ma limitare» e alla cui assertività Obama si proponeva di rispondere rassicurando gli alleati della solidità delle garanzie fornite dagli usa ma allo stesso tempo migliorando i rapporti con Pechino.
L’intensificarsi della competizione tra Washington e la rpc sotto l’amministrazione Trump si tradusse in un ulteriore irrobustimento, seppure a volte incostante, della collaborazione strategica con alleati e partner regionali. Da un lato, le affermazioni di Trump riguardo a burden-sharing e costi di difesa, e l’approccio unilaterale adottato nei confronti della questione Pyongyang instillarono dubbi sull’affidabilità di Washington e misero a rischio i rapporti con i principali alleati asiatici, Corea del Sud e Giappone. Dall’altro, gli Stati Uniti riconfermarono il proprio coinvolgimento ed interesse per la stabilità dell’Indo-Pacifico. Washington adottò, ad esempio, la Free and Open Indo-Pacific (FOIP) Strategy, in linea con la visione FOIP promossa dal Giappone, e formulò la strategia per l’Indo-Pacifico. Questa riaffermava i principi della FOIP e la centralità delle alleanze e partnership asiatiche. Pertanto, in risposta a una Cina ora definita «revisionista», Washington ambiva a trasformare le alleanze e partnership in «un’architettura a rete volta a sostenere un ordine internazionale fondato sulle regole», in quanto il network di alleati e partner era riconosciuto come «un moltiplicatore di forza per conseguire pace, deterrenza e interoperabilità delle capacità di combattimento». È in tale contesto che il quad assunse rinnovata vitalità.
Il QUAD nell’approccio americano
Le origini del quad si possono far risalire al 2004-05 quando Stati Uniti, Australia, Giappone e India coordinarono operazioni marittime congiunte in risposta al maremoto nell’Oceano Indiano. Negli anni successivi, l’idea di approfondire la collaborazione quadrilaterale fu riproposta dal Primo Ministro giapponese Abe Shinzō che lanciò una serie di iniziative strategiche a sostegno della libertà di navigazione nell’Indo-Pacifico. Dopo il primo incontro informale quad del 2007, non vi furono però ulteriori passi avanti1 e l’idea fu progressivamente abbandonata in quanto ritenuta troppo provocatoria agli occhi di Pechino, che l’aveva, infatti, duramente denunciata come una “nato asiatica” intenzionata a contenere la Cina.
L’iniziativa venne nuovamente rilanciata nel 2017, sempre sotto la spinta di Abe, che, questa volta, poté contare sul supporto dell’amministrazione Trump. Questa, infatti, prediligeva un «approccio maggiormente competitivo» nei confronti del rivale asiatico. A favorire il rilancio del quad 2.0 fu quindi la crescente apprensione condivisa nei confronti del comportamento di Pechino, ad esempio in relazione a dispute territoriali, cyberattacchi e politiche economiche coercitive. In tale contesto, i rappresentanti diplomatici e militari delle quattro democrazie cominciarono a svolgere incontri abituali che sfociarono, nel 2019, nel primo incontro di carattere ministeriale. Questo incontro fu seguito da quello dell’ottobre 2020, tenutosi a Tokyo nel bel mezzo della pandemia, durante il quale i quattro ministri degli esteri si concentrarono sull’opportunità di regolarizzare la struttura di questa collaborazione informale. Su iniziativa statunitense, si era inoltre iniziato a parlare di un possibile quad Plus, ovvero un dialogo allargato con ulteriori partner nell’Indo-Pacifico. Già nel marzo 2020, i delegati dei quattro membri avevano, ad esempio, tenuto un importante incontro con i rappresentanti di Nuova Zelanda, Corea del Sud e Vietnam, in cui avevano discusso il tema della pandemia.
La centralità del quad nella strategia americana è proseguita sotto Biden, il quale ha continuato ad espanderne l’agenda. Nel marzo 2021, Biden ha convenuto, seppure virtualmente, lo storico vertice dei leader quad a seguito del quale i quattro capi di Stato hanno rilasciato il primo comunicato congiunto del gruppo. La dichiarazione testimonia un approfondimento della collaborazione tra i partner oltre alle tradizionali questioni di sicurezza marittima. Sono stati infatti formati dei gruppi di lavoro incaricati di occuparsi di varie tematiche, tra cui la fornitura di vaccini per il Covid-19, cambiamenti climatici, innovazione tecnologica e catene del valore. L’impegno a collaborare in una più ampia gamma di iniziative è stato riconfermato durante il vertice di settembre a Washington, il primo incontro di persona dei quattro leader. Ancora una volta, il vertice ha approfondito la cooperazione nel settore economico e tecnologico, delineando i principi per lo sviluppo, utilizzo e governance di tecnologie critiche. Questi sviluppi si inseriscono in quella che Giulio Pugliese definisce un’evoluzione verso un quad 3.0, la cui agenda va a incorporare la cooperazione in campo della sicurezza non tradizionale. Il quad 3.0 è quindi uno strumento che cerca di andare oltre alle tradizionali modalità di cooperazione in materia di sicurezza, ma che ambisce a promuovere una collaborazione multilivello e intersettoriale. Se il tacito obiettivo rimane quello di dissuadere, o meglio, contenere la rpc, il più ampio spettro di strumenti e settori attraverso cui questo scopo è perseguito offre maggiore versatilità e spazio di manovra.
Nonostante l’ampliamento della collaborazione strategica, il quad rimane, tuttavia, uno strumento informale ad hoc. Si tratta, infatti, di un partenariato privo dell’obbligo di difesa collettiva che ha origine dalla convergenza degli interessi strategici e i valori condivisi dai partner. Sebbene, sotto Biden, le quattro democrazie sembrino sempre più allineate nei confronti del pericolo cinese, non è scontato che divergenze emergano in futuro. Pechino rimane, infatti, un partner commerciale cruciale per tutti e quattro i Paesi quad. In passato ciò ha spinto i membri a procedere con cautela, e secondo visioni spesso contrastanti. Sebbene la dichiarazione congiunta sottolinei l’impegno a garantire un Indo-Pacifico libero e aperto, Stati Uniti, Australia, India e Giappone continuano a definire il raggio geografico e d’azione in quest’area secondo criteri differenti. Pertanto, il ritorno di un pattern di competizione/cooperazione non si può completamente escludere.
Infine, il successo del quad rimane strettamente legato alle personalità dei quattro leader. Data la limitata istituzionalizzazione del gruppo, un cambio di leadership in uno dei membri potrebbe indurre un ripensamento della priorità attribuita a tale strumento. In particolare, la capacità di Washington di consolidare e mantenere sinergie strategiche con Nuova Deli rimane un punto di domanda, vista la tradizionale postura indiana di non allineamento. In conclusione, per poter rimanere uno strumento rilevante, il quad deve poter contare sul supporto non solo degli usa, ma di tutte le potenze coinvolte. Di fronte a tali incertezze, anche la possibilità che il quad evolva nel cosiddetto quad Plus rimane subordinata al consolidamento del gruppo originario. Un ulteriore dilemma riguarda la capacità di cooptare altri like-minded partners. A differenza di vari attori europei, che sembrano sempre più coinvolti nelle dinamiche geopolitiche dell’Indo-Pacifico, attori interni continuano a rimanere titubanti. Ne è un esempio la Corea del Sud, uno dei principali alleati americani in Asia, che si è finora pronunciata a favore della cooperazione con partners, evitando però un endorsement diretto sia del quad che della visione strategica per un Indo-Pacifico libero e aperto.
AUKUS: la novità della politica asiatica di Biden
A dimostrare ulteriormente la concentrazione delle priorità strategiche americane nell’Indo-Pacifico è il nuovo patto di sicurezza trilaterale stipulato con Regno Unito e Australia (aukus). Come si evince dalla dichiarazione congiunta del 15 settembre, attraverso l’aukus, i tre partner si impegnano ad approfondire la collaborazione trilaterale in campo diplomatico, di sicurezza e difesa. La prima iniziativa promossa prevede il trasferimento di sottomarini a propulsione nucleare a Canberra, una mossa che permetterà all’Australia di potenziare le proprie capacità deterrenti ed estendere il suo ruolo nell’Indo-Pacifico4. Si tratta di un accordo storico: gli usa hanno infatti condiviso questa tecnologia soltanto una volta, nel 1958 con il Regno Unito. Inoltre, ad essere condivise saranno anche le capacità informatiche, di intelligenza artificiale, e tecnologie quantistiche.
L’accordo AUKUS non va a sostituire meccanismi e accordi securitari già presenti nella regione. Al contrario, si sovrappone ad alcuni di questi. Australia e Regno Unito sono alleati storici degli Stati Uniti. Sotto la spinta di Washington, Londra è sempre più coinvolta nel quadrante asiatico. A marzo, il governo britannico ha difatti annunciato un «Indo-Pacific tilt» e ha successivamente dispiegato il gruppo d’attacco della portaerei HMS Queen Elizabeth nell’Indo-Pacifico dove ha partecipato a una serie di esercitazioni multilaterali a cui era presente anche l’Australia. usa, Australia e Regno Unito sono inoltre legati dall’accordo di intelligence sharing noto come Five Eyes, di cui fanno parte anche Canada e Nuova Zelanda. Come menzionato in precedenza, Canberra e Washington sono invece parte del quad. Gli altri due partner quad, assenti dall’AUKUS, si sono espressi a favore dell’accordo. Una loro futura inclusione è, però, stata prontamente smentita da Washington. In sostanza, l’AUKUS va ad invigorire, seppur indirettamente, tutte le iniziative già presenti senza, però, rimpiazzarle. L’AUKUS non è, inoltre, concepita come un’alleanza in stile nato. Si fonda infatti sulla condivisione di tecnologie e manca di un meccanismo per la difesa collettiva.
Agli occhi di Washington, questa alleanza strategica è una prova dell’impegno statunitense nella regione, un impegno che vuole fondarsi su una stretta collaborazione con gli alleati. L’obiettivo non è semplicemente quello di garantire una continua e robusta presenza militare statunitense nella regione, un intento che emerge, ad esempio, dalle nuove us-Australia force posture initiatives, ma è quello di sostenere gli alleati asiatici affinché questi riescano a potenziare le proprie capacità per far fronte alle provocazioni di Pechino. Quest’ultimo proposito è perseguito anche a costo di sacrificare i rapporti con gli alleati non in prima linea.
Conclusioni
Le alleanze e partnership nell’Indo-Pacifico, in particolare il quad e il più recente accordo aukus, rappresentano i pilastri portanti della postura strategica di Biden in Asia. Il rafforzamento della rete di alleanze e partenariati asiatici trova ragione nella crescente apprensione per il revisionismo cinese, una preoccupazione sempre più condivisa da alleati e partner. Seppur fondato su una retorica più moderata, l’approccio di Biden mostra, al momento, continuità con iniziative avviate sotto l’amministrazione precedente: il riconoscimento della competizione strategica con Pechino e l’importanza di definire un fronte allineato. Il rilancio del quad sotto Trump evidenzia che, nonostante la retorica a volte polemica nei confronti degli alleati, gli Stati Uniti ambivano ad approfondire la rete di alleanze nell’Indo-Pacifico, e a incoraggiare forme di collaborazione minilateral6, per ridurre gli oneri sostenuti da Washington.
Tale obiettivo non è cambiato. Il merito di Biden è quello di aver dato una forma più concreta all’assetto della cooperazione nell’Indo-Pacifico. Con Biden, il quad è divenuto più chiaramente uno strumento della Indo-Pacific Strategy americana. L’ampliamento dell’agenda del gruppo ne ha ribilanciato l’immagine, allontanandola dall’idea di una coalizione apertamente anticinese e rendendola più appetibile agli occhi dei partner più titubanti. Il lancio dell’AUKUS ha, inoltre, aggiunto un nuovo tassello alla complessa rete di strumenti bilaterali, trilaterali e multilaterali a disposizione degli Stati Uniti per sostenere l’assetto securitario della regione. L’effetto combinato di queste iniziative è quello di produrre una strategia integrata che intervenga in molteplici ambiti e che sia fondata su un più ampio coordinamento con alleati e partner. Marginale, però, è rimasta la componente economica degli accordi. Nonostante usa, alleati, e partner abbiano discusso ampiamente, sia all’interno del quad che al di fuori di tale strumento, di questioni economiche quali la politica delle catene del valore, in particolare quelle dei semiconduttori, tale dibattito rimane confinato alla dimensione securitaria. Inalterata è, invece, al momento, la postura di Washington a livello commerciale, soprattutto in relazione al Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership (CPTPP) a cui, per altro, la RPC ha recentemente fatto domanda di adesione. Ciò rischia di minare la trasversalità dell’approccio strategico americano. Rimane quindi da vedere se e fino a che punto la linea promossa da Biden avrà successo.