Considerata un’alleanza anacronistica, messa in discussione da politici come Donald Trump ed Emmanuel Macron, fiaccata dagli insuccessi in Afghanistan, l’invasione russa dell’Ucraina ha dato nuova centralità all’Alleanza Atlantica. Che ora definisce la Russia come principale minaccia, rafforza il fianco Est e vede la possibilità di nuove adesioni.
La NATO alla vigilia e nelle prime fasi del conflitto
Non stupisce che, tra le possibili cause che hanno portato Vladimir Putin ad invadere l’Ucraina nel febbraio 2022, ci sia stata una sua valutazione sulla debolezza dell’Occidente e della NATO. L’organizzazione, infatti, iniziava il 2022 ancora scossa da quanto successo l’estate prima in Afghanistan, dove un conflitto ventennale si concludeva con una caotica ritirata delle forze occidentali e il ritorno dei Talebani al potere. L’epilogo della campagna nel Paese asiatico era solo uno dei motivi per dubitare sulla compattezza dei Paesi dell’Alleanza Atlantica, criticata negli ultimi anni anche dall’interno: il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron nel 2019 parlò di una NATO “cerebralmente morta”, l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump più volte si è scagliato contro gli alleati europei che, a suo dire, non contribuivano economicamente in maniera sufficiente minacciandoli – neanche troppo velatamente – di un mancato intervento americano in caso un altro stato membro venisse attaccato; in altri termini, la negazione stessa dell’Articolo 5 del Patto Atlantico, caposaldo della difesa transatlantica. Questo ha portato, durante la sua presidenza, a riunioni dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi NATO sempre più tese. Infine, l’Alleanza è stata messa a dura prova anche dalle azioni del suo membro più a Oriente: destò scalpore infatti, nel 2019, la decisione di Recep Tayyip Erdogan di acquistare sistemi di difesa missilistica S-400 da Mosca, causando le ire di Washington e Bruxelles.
È in questo contesto di divisioni e tensioni interne all’Alleanza, che la Federazione Russa, a fine 2021, iniziò ad ammassare truppe al confine con l’Ucraina e a inoltrare a NATO e Stati Uniti richieste su un loro disimpegno in Est Europa. Nel mese di febbraio 2022, quando la tensione al confine russo-ucraino cresceva di giorno in giorno, i leader occidentali più volte si recarono a Mosca per chiedere a Putin di fermare l’escalation e trovare una soluzione diplomatica alla crisi, come chiesto anche dal segretario generale della NATO Jens Stoltenberg alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco il 19 febbraio, solo cinque giorni prima dell’inizio del conflitto. La situazione, come una pallina su un piano inclinato, precipitò il 21 febbraio 2022, quando il leader del Cremlino riconobbe l’indipendenza delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, e in un incendiario discorso alla Nazione, affermò che fu Lenin a creare l’Ucraina, i cui territori sono storicamente parte dell’impero russo: senza troppi giri di parole, Stoltenberg affermò di essere davanti al “momento più pericoloso per la sicurezza europea da generazioni”.
Furono giorni frenetici questi, in cui si provarono a fare gli ultimi appelli a Mosca affinché smettesse di alimentare il conflitto e scegliesse la diplomazia; appelli che cadranno nel vuoto. È la notte tra il 23 e il 24 febbraio 2022, e con un altro discorso alla Nazione, Putin ha annunciato l’inizio dell’invasione dell’Ucraina; non ha ancora concluso il leader del Cremlino che i primi missili stanno cadendo su Kyiv e su tutta l’Ucraina.
Non si fecero ovviamente attendere le reazioni della comunità internazionale, specialmente dell’Occidente schierato in maniera compatta a favore dell’Ucraina.
Tra questi, non mancò la presa di posizione di Stoltenberg che dichiarò: “Condanno fermamente l’attacco sconsiderato e non provocato della Russia all’Ucraina, che mette a rischio innumerevoli vite civili. Ancora una volta, nonostante i nostri ripetuti avvertimenti e gli instancabili sforzi per impegnarsi nella diplomazia, la Russia ha scelto la strada dell’aggressione contro un Paese sovrano e indipendente. Si tratta di una grave violazione del diritto internazionale e di una seria minaccia alla sicurezza euro-atlantica. Invito la Russia a cessare immediatamente l’azione militare e a rispettare la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina. Gli alleati della NATO si riuniranno per affrontare le conseguenze delle azioni aggressive della Russia. Siamo al fianco del popolo ucraino in questo momento terribile. La NATO farà tutto il necessario per proteggere e difendere tutti gli alleati”.
Già nel pomeriggio si riunì il Consiglio dell’Atlantico del Nord, il primo dopo il ritorno della guerra nel Vecchio Continente, per decidere quali contromisure avrebbe adottato la NATO per sostenere l’Ucraina e per aumentare la deterrenza nei confronti della Russia.
Il rafforzamento del fianco Est
Come prevedibile, a essere maggiormente preoccupati delle azioni russe furono i Paesi baltici e la Polonia: ovvero quegli Stati, che durante la guerra fredda erano parte integrante del blocco orientale e che oggi compongono quello che viene comunemente definito come il Fianco Est dell’Alleanza. Fin dai giorni immediatamente successivi al 24 febbraio, l’attenzione della NATO si è rivolta a come rafforzare i suoi confini orientali, quelli più prossimi a Mosca. Vennero attivati i piani di difesa, che prevedono lo schieramento di un maggior numero di truppe nel fianco Est e la messa in stato di allerta di 100 jet e 120 navi (inclusi tre strike carrier groups), operanti in circa 30 basi situate dal Mar Mediterraneo al Mare del Nord. Inoltre, per la prima volta venne schierata la Very High Readiness Joint Task Force (VJTF), un’unità multinazionale composta da 5000 soldati capace di essere pienamente operativa in pochi giorni e parte della NATO Response Force, che dal 2014 ha triplicato le sue forze, arrivando a poter schierare, in totale, 40mila truppe.
Oltre a queste nuove ed emergenziali misure, la deterrenza verso il Cremlino avveniva già dal 2014 con le missioni di Air Policing. La protezione dello spazio aereo dell’Alleanza è diventata ancor più importante nell’ultimo anno, con numerosi avvicinamenti di velivoli russi e, in risposta, i decolli immediati – in gergo Alpha Scramble – dei jet NATO, la maggior parte di questi svolti dell’Aeronautica Militare italiana.
Il summit di Madrid e il nuovo Strategic Concept
Oltre alle azioni militari di cui si è parlato nel paragrafo precedente, la NATO nei primi mesi del 2022 si è occupata dell’organizzazione del Summit di Madrid, tenutosi a fine giugno; forse la riunione più importante degli ultimi trent’anni per l’Alleanza.
A 12 anni dal Summit di Lisbona del 2010, infatti, è stato adottato un nuovo Strategic Concept, un documento per delineare le policies e le sfide che dovrà fronteggiare la NATO.
12 anni in cui il mondo è profondamente cambiato, in cui si è assistito a un indebolimento della democrazia liberale e all’ascesa di una nuova potenza globale come la Cina, crisi – solo apparentemente – non politiche come il cambiamento climatico e la pandemia. E, ovviamente, il ritorno della guerra sul suolo europeo.
Proprio da qui parte il nuovo Strategic Concept, in cui la Russia viene definita la minaccia più diretta per la sicurezza dei Paesi membri; un cambiamento sostanziale rispetto al documento approvato a Lisbona nel 2010, in cui Mosca era considerata partner potenziale.
Ruolo importante viene poi dato alla tecnologia, su cui è importante investire per prevenire le nuove sfide e minacce che provengono dalla sfera cyber. Nel documento si analizza anche il ruolo della Cina, che pone sfide sistemiche alla sicurezza Euro-Atlantica; non si preclude, anzi si auspica, una collaborazione con la Repubblica Popolare, purché questa sia costruttiva e si salvaguardino gli interessi di sicurezza degli alleati. In quest’ottica si deve dare importanza alla partecipazione dei partner dell’Indo-pacifico, per la prima volta nella storia presenti a un Summit NATO: Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud.
Infine, seppur sia stata data una priorità ai fianchi Est e Nord dell’Alleanza, con la richiesta di adesione di Svezia e Finlandia, di cui si discuterà più avanti, si è anche parlato – come richiesto dal nostro Paese – del fianco Sud: viene infatti esplicitamente dichiarato che tra le priorità dell’Alleanza, nel prossimo futuro, c’è la salvaguardia della sicurezza e stabilità di Medio Oriente, Nord Africa e Sahel, quell’area che viene anche detta Mediterraneo allargato.
Nelle dichiarazioni finali congiunte adottate dai Capi di Stato e di Governo, si è data primaria importanza alla difesa di democrazia, libertà, diritti umani e stato di diritto; si è ribadita la condanna alle azioni della Russia e il sostegno all’Ucraina, il cui Presidente Zelensky ha partecipato ed è intervenuto al Summit. Vengono inoltre confermate la politica delle porte aperte (Open Door policy) e le decisioni sul budget adottate durante il Summit di Cardiff del 2014, ovvero stanziare per la difesa il 2% del PIL dei vari Stati membri.
Il prossimo Summit dell’Alleanza è già programmato l’11-12 luglio 2023 a Vilnius, in Lituania; una scelta politica ben precisa, per riaffermare il sostegno ai Paesi più esposti alla minaccia russa e la promessa di “difendere ogni centimetro di territorio NATO”.
Una NATO di nuovo attrattiva? Le nuove adesioni e l’azione diplomatica
Dopo anni in cui il ruolo e l’esistenza stessa della NATO sono stati messi in discussione poiché, a detta di alcuni commentatori e policymakers, finita la Guerra fredda si trattava di un’organizzazione anacronistica, le azioni della Russia in Ucraina le hanno dato nuovamente importanza e lustro.
L’Alleanza, infatti, ha assunto il ruolo di bastione contro l’aggressiva politica estera russa e di porto sicuro per i Paesi che ne fanno parte; di conseguenza, questo ha portato Paesi storicamente riluttanti (Svezia e Finlandia) e altri, direttamente minacciati e già in passato invasi da Mosca (Ucraina e Georgia), a iniziare l’iter per aderire all’Alleanza. Da questo punto di vista, a un anno dall’inizio dell’invasione, si può dire che l’azzardo del Cremlino si sia rivelato un boomerang e che, se nei piani del Cremlino c’era anche indebolire la NATO per questa, al contrario, stia per iniziare un periodo di nuove adesioni.
Tuttavia, in un mondo sempre più interconnesso e con nuove minacce alla sicurezza degli alleati provenienti non più solo dall’area euroatlantica, anche la NATO sta cambiando la propria postura. Come detto nel paragrafo precedente, al Summit di Madrid sono stati invitati anche Stati non membri dell’Alleanza, seppur definiti partners globali. Questo nuovo approccio, per quella che si potrebbe definire Global NATO, ha visto per la prima volta da anni il Segretario Generale Stoltenberg fare un importante viaggio in Giappone e Corea del Sud, in cui è stato esplicitamente detto che “Cosa accade in Europa importa all’Indo-pacifico. E cosa accade in Asia importa alla NATO”.
La visita di Stoltenberg ha quindi voluto sottolineare l’interdipendenza della sicurezza in Europa e in Asia, invitando nuovamente Corea del Sud e Giappone al prossimo Summit NATO in programma a Vilnius.Il messaggio, indirizzato non solo a Mosca ma anche a Pechino, è stato dato: nel nuovo scenario internazionale, la NATO e i suoi global partners agiranno sempre più in sintonia.