Nella giornata del 16 gennaio 2022 è deceduto l’ex presidente del Mali Ibhraim Boubacar Keita, a capo del paese dal 2013 fino alla sua deposizione da parte di una giunta militare nell’agosto del 2020. Keita è scomparso a Bamako dopo una lunga malattia, dovuta ad un ictus che l’ha colpito poco dopo la caduta del suo governo.
L’elezione di Keita a Capo di Stato, nell’agosto del 2013, era avvenuta a seguito della firma degli accordi di Ouagadougou, tra attori internazionali e ribelli, dopo alcuni scontri avvenuti a Timbuktu, Kidal e Gao, tre importanti città nel nord del paese. All’interno di questi accordi veniva richiesto da parte della comunità internazionale di effettuare progressivamente la transizione da governo militare a uno civile.
Complici le perduranti fragilità socioeconomiche ancora irrisolte e la presenza di milizie jihadiste nel nord del Paese, le iniziative di pace non sono state però sufficienti ad imprimere un nuovo slancio al processo di stabilizzazione e democratizzazione. Nonostante ciò, nel 2018 Keita è stato riconfermato alla guida del paese con larga maggioranza e le elezioni di marzo 2020 gli hanno conferito nuovamente mandato di guidare lo Stato maliano.
Fin dal primo momento, però, la vittoria elettorale ottenuta a marzo 2020 è risultata sospetta: il Primo Ministro Soumaila Cissé è stato sequestrato da agenti armati non identificati e la Corte costituzionale, ribaltando gli esiti elettorali, ha assegnato la vittoria a Keita. Le successive proteste popolari, scoppiate il 5 giugno e protrattesi fino all’agosto 2020, hanno portato ad un colpo di stato militare guidato dal colonnello Assimi Goita, che ha successivamente prestato giuramento come presidente ad interim dopo aver arrestato Bah Ndaw, ex capo della giunta di transizione.
Nonostante le garanzie offerte dagli ufficiali golpisti, le organizzazioni internazionali africane hanno condannato apertamente il colpo di stato militare. In particolare, la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS), si è schierata contro la compagine governativa imponendo numerose sanzioni, tra cui il congelamento dei beni di stato del Paese e la sospensione delle transazioni finanziarie. L’ECOWAS, di concerto con la giunta militare maliana, aveva stabilito un periodo di transizione di 18 mesi dopo i quali si sarebbero tenute le nuove elezioni, ma il governo maliano non è riuscito a mantenere la promessa. Dopo un summit tra gli Stati parte, il 9 gennaio 2022 l’organizzazione internazionale ha annunciato l’imposizione di ulteriori sanzioni economiche e la chiusura dei confini con il Mali.
L’instabilità politica del paese è una delle conseguenze dei problemi economici e securitari propri della regione saheliana e del Mali. Il Sahel è una regione sub-sahariana afflitta da molteplici criticità e il deterioramento della situazione securitaria, dal 2012 in poi, ha portato all’intervento di numerosi attori internazionali, tra cui la Francia e l’Unione Europea. Ad oggi, l’operazione francese Barkhane è ufficialmente conclusa e il paese transalpino ha annunciato, a giugno 2021 il ritiro di più di 2000 soldati dalla regione e, in particolare, da una città d’importanza fondamentale come Timbuktu.
I rapporti tra le autorità maliane e il governo francese, già tesi, sono ulteriormente peggiorati per due diverse ragioni. In primo luogo, il sentimento anti-francese presente in Mali è divenuto sempre più popolare tra la popolazione, rendendo sempre più complesso portare a termine le operazioni per il contingente transalpino. In secondo luogo, le notizie del dispiegamento di mercenari russi del Gruppo Wagner hanno alimentato la polemica tra le due fazioni, trasformando in modo più eterogeneo un teatro d’operazione già composito.
Al fine di ottenere una maggiore stabilità politica ed economica, e la piena restaurazione dello stato di diritto, l’obiettivo del governo maliano sembra essere quello di conciliare le diverse istanze interne, tentando di migliorare i rapporti con gli attori coinvolti nel teatro maliano, a partire da quelli locali e regionali, senza dimenticare l’importante ruolo svolto dagli Stati europei. Un compito non facile attende l’esecutivo di Assimi Goita: ricostituire la “presunta” stabilità ottenuta durante la presidenza di Ibhraim Boubacar Keita, e rilanciare il Paese nel tentativo di stabilizzare gli equilibri regionali.