Lo scorso 10 gennaio ha avuto luogo l’incontro tra Biden e Putin a Ginevra. Gli argomenti principali che sono stati toccati dalle due potenze si sono concentrati sulla sicurezza, nello specifico la delicata situazione dell’Ucraina e la questione nucleare.
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A distanza di un anno dall’assalto al Campidoglio – e dopo numerosi twists and turns – la situazione è mutata radicalmente. Il cambiamento non è avvenuto solamente per quanto riguarda il presidente. Biden, infatti, si prepara ad affrontare alcuni incontri dalla massima importanza in materia di sicurezza internazionale. In effetti, lo scorso 10 gennaio ha avuto l’incontro a Ginevra tra Biden e Putin al quale sono seguiti, qualche giorno dopo – rispettivamente 12 e 13 gennaio – i colloqui tra Russia e NATO ed il meeting tra Russia, Stati Uniti ed altri membri della Organization for Security and Co-operation in Europe (OSCE).
Tra i punti di maggiore importanza che sono stati approfonditi nel corso dell’incontro tra i due presidenti – che hanno parlato per circa sette ore – vi è, senza dubbio, quello inerente alla situazione di guerra nella regione del Donbass, in Ucraina, che perdura dal 2014. In particolare, lo scorso 23 dicembre due sono state le dichiarazioni di fondamentale importanza rispetto a tale conflitto. Da un lato, l’agenzia di stampa britannica Reuters ha riportato in un articolo che i mercenari russi si sono schierati (qualche settimana prima dell’articolo stesso) nella parte dell’Ucraina orientale controllata dai separatisti filorussi in opposizione al governo ucraino. Inoltre, nello stesso periodo l’agenzia ha riportato che lo stato russo ha schierato decine di migliaia di truppe regolari nei punti di sosta più vicini all’Ucraina (CNN scrive che delle foto satellitari hanno mostrato la presenza di armamentario da guerra russo a circa 300 km dal confine ucraino).
Dall’altro lato, la risposta di Mosca allo schieramento non si è fatta attendere. Sembrerebbe, infatti, che la Russia abbia schierato queste truppe per “ragioni difensive”. Tuttavia, a livello ufficiale Mosca respinge qualsiasi responsabilità e le affermazioni del presidente russo Vladimir Putin sono state tutt’altro che inequivocabili. Egli ha infatti dichiarato che il Cremlino deve reagire ed essere pronto a rispondere ai piani ucraini, che avrebbero in previsione di attaccare i territori filo-russi nel Donbass.
A seguito di questi recenti avvenimenti, il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ha dichiarato su Twitter che qualunque tipo di dialogo tra Stati Uniti, Unione Europea, NATO e Russia è ben visto da parte di Kiev, a patto però che il focus della conversazione ricada sul porre un freno al conflitto internazionale armato che sta avendo luogo nella regione del Donbass. Tra l’altro, afferma il ministro – poiché la sicurezza euro-atlantica è messa a dura prova – ogni conversazione in materia di sicurezza regionale dovrebbe includere Kiev.
E proprio a questo proposito, già a fine anno – precisamente il 29 dicembre – il Segretario di Stato degli USA Antony Blinken ed il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, hanno avuto un colloquio telefonico. In quell’occasione il segretario statunitense ha ribadito – in risposta al rafforzamento militare russo lungo il confine ucraino – il sostegno da parte degli Stati Uniti nei confronti dell’indipendenza, della sovranità nonché integrità territoriale dell’Ucraina. Proprio il Segretario di Stato americano ha sottolineato il fatto che, affinché gli incontri diplomatici in programma abbiano successo, la Russia debba assolutamente ridurre le tensioni con l’Ucraina. Blinken ha affermato, inoltre, che due sono le strategie messe in atto da parte degli Stati Uniti e della comunità internazionale nei confronti della Russia in vista degli incontri della prossima settimana. La prima è quella della diplomazia e della de-escalation delle tensioni da parte della Russia. La seconda, invece, è quella della deterrenza, che consiste nel presentare allo stato russo le conseguenze, tanto in termini di costi quanto di reazioni diplomatiche, in cui incorrerebbe Mosca in caso di aggressione di Kiev. In questo senso, il presidente Biden aveva già sottolineato qualche tempo prima che la Russia pagherà un “prezzo terribile” qualora dovesse decidere di invadere l’Ucraina.
Nel pomeriggio del giorno successivo, il 30 dicembre, l’argomento è stato toccato direttamente dai presidenti Biden e Putin nel corso di un colloquio telefonico durato 50 minuti. Se leader americano si era già premurato – nel corso dell’altro vertice da remoto che li ha visto i due presidenti protagonisti – di avvertire la Federazione russa che un’invasione dell’Ucraina avrebbe comportato gravi conseguenze, tra cui sanzioni economiche e rafforzamento militare degli Stati Uniti sul fianco orientale NATO, in questa seconda occasione questo punto è stato rimarcato ampiamente. Ogni possibile dialogo può avvenire, ha evidenziato Washington, solo se Mosca agisce con lo scopo di disinnescare, e non di fomentare, la situazione.
Dal canto suo, Putin ha risposto a questa – non troppo – velata minaccia con un’altra minaccia. Secondo quanto riportato dal The Guardian, il consigliere di politica estera di Putin Yuri Ushakov ha affermato quanto che “il nostro presidente ha immediatamente risposto che, qualora l’Occidente decidesse in questa o in altre circostanze di imporre queste menzionate sanzioni senza precedenti, allora questo potrebbe condurre verso una rottura completa dei legami tra i nostri due paesi, e così facendo causare il danno più grave alle relazioni tra la Russia e l’Occidente”. Inoltre, il vice Ministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov, nel corso di un’intervista telefonica ha dichiarato che Putin ricerca un risultato immediato da questi incontri diplomatici. “Il presidente ha detto che occorrono dei risultati immediati, e questa non è una figura retorica. Non possiamo neanche parlare di mesi qui, figuriamoci di anni”.
A commento della conversazione tra i due leader, un ufficiale dalla Casa Bianca ha affermato che, a questo punto, la strategia americana non sarà quella di trarre conclusioni da quanto è stato detto – o non detto – nel corso di questa conversazione. Invece, l’attenzione dal punto di vista strategico verrà puntata sulle azioni e sui fatti: traducendo, si continuerà a monitorare attentamente ogni movimento delle forze russe lungo il confine ucraino. E, nel frattempo, resta valido quanto ripreso da Blinken rispetto alle due strade di cui Biden – con il supporto dell’Alleanza Atlantica – si è avvalso e continuerà ad avvalersi nei riguardi della Federazione russa: diplomazia e deterrenza.
Ad ogni modo, sembra che l’incontro di Ginevra abbia lasciato degli effetti positivi: infatti, sia il viceministro degli Esteri russo, Sergei A. Rjabkov sia il sottosegretario di Stato americano Wendy Sherman, hanno affermato di volere proseguire il cammino del dialogo. Rjabkov, inoltre, ha dichiarato non soltanto che la Russia non ha intenzione di invadere l’Ucraina, bensì anche che gli americani hanno preso in considerazione le richieste russe con grande serietà. Nonostante ciò, non è possibile affermare che siano stati compiuti dei passi in avanti rispetto ad uno dei punti cruciali dell’incontro: l’adesione dell’Ucraina alla NATO. E tra le “linee rosse” che Rjabkov ha ribadito a Ginevra figura proprio la rinuncia da parte della NATO a ogni ulteriore avanzamento a Est, così come la conclusione di ogni attività dell’Alleanza Atlantica all’interno dei Paesi dell’Europa orientale. Dunque, se da un lato la Russia ha evidenziato che ogni dialogo sarà – di fatto – vano se non ci saranno riscontri sui temi da questa considerati cruciali, dall’altro Rjabkov ha rassicurato gli Stati Uniti, dicendo che non c’è alcuna intenzione di minacciare nessuno e che proprio Washington non deve temere un’escalation.
In questi giorni – secondo molte testate giornalistiche – sembra quasi di vivere una sorta di anacronismo. Sembra, cioè, di essere tornati agli anni ’70, ai tempi del leader sovietico Leonid Brezhnev, con la presenza di una retorica fortemente guerrafondaia e di un’immancabile critica nei confronti della decadenza occidentale. E, se per certi versi il dialogo russo-statunitense ha mostrato la volontà di trovare un compromesso, almeno a parole, al contempo le garanzie richieste da parte russa sono – dal punto di vista di Washington e dei Paesi europei – non negoziabili.