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TematicheAmbiente, Infrastrutture ed EnergiaPolonia e Trimarium: un esempio di lungimiranza

Polonia e Trimarium: un esempio di lungimiranza

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Con il proseguire del conflitto in Ucraina e l’inasprimento delle sanzioni, il Cremlino ricorre a uno strumento tradizionale nella politica estera russa per rispondere alle pressioni occidentali, ossia quello del ricatto energetico. Una modalità già collaudata per anni nei confronti dell’Europa ex sovietica, che mira a dissuadere i paesi più dipendenti dal gas russo dall’intraprendere azioni contrarie all’interesse del Cremlino. Chi l’ha subito per anni però ha imparato come difendersi.

Lo stop di Mosca all’export di gas

Lo scorso 27 aprile, la compagnia energetica russa Gazprom ha sospeso l’export di gas verso le rispettive compagnie nazionali di Polonia e Bulgaria, PGNiG e Bulgargaz, a causa del mancato pagamento delle forniture del mese di aprile, da effettuare, secondo le direttive del Cremlino nei confronti dei “paesi ostili”, in rubli. Essendo entrambi paesi di transito, le autorità russe hanno fatto sapere che non bloccheranno totalmente il flusso tramite Polonia e Bulgaria, ma semplicemente sottrarranno la quota loro destinata.

Le ragioni dell’interruzione del flusso di gas non risiedono solamente in questioni tecniche come la valuta usata per la transazione, ma hanno a che fare con la difficile situazione in cui la Russia si trova al momento rispetto alla guerra in Ucraina. Guerra finanziata e combattuta, seppur indirettamente, anche dagli europei, che hanno mostrato una compattezza inaspettata, anche se non sappiamo fin quanto potrà durare: prima o poi riemergeranno le diverse posizioni che europei orientali e occidentali – con qualche eccezione, come il Regno Unito – hanno nei confronti di Mosca. I primi disposti a tutto per contrastare l’assertività russa; i secondi, per quanto sdegnati dall’invasione dell’Ucraina, interessati a mantenere relazioni economicamente salde col Cremlino. Proprio su queste differenze punta Mosca, cercando in ogni modo di farle diventare delle crepe. Alcune di queste sono già evidenti, come dimostra il fatto che l’Ungheria è stata esclusa, insieme alla vicina Slovacchia, dalla decisione della Commissione Europea di interrompere entro la fine dell’anno l’acquisto di petrolio russo, e che diversi importatori europei sembrano disponibili a pagare in rubli, come confermato nel bilaterale tra Mario Draghi e Joe Biden.

La posizione della Polonia

In quest’ottica, l’interruzione del flusso di gas verso la Bulgaria, ma soprattutto la Polonia, è volto a colpire, tra i membri europei della NATO, chi più si è mostrato in prima linea nella difesa dell’Ucraina. A livello retorico, attraverso l’accoglienza dei profughi ucraini, e grazie alla posizione di bastione armato tra Alleanza Atlantica e sfera d’influenza russa. In secondo luogo, è un monito nei confronti di quei paesi che da un giorno all’altro hanno cambiato la loro posizione nei confronti della Russia senza poterselo realmente permettere, data la notevole dipendenza che questi hanno nei confronti del Cremlino: Germania in primis, ma anche il nostro paese.

Entrambi i paesi colpiti non sembrano però eccessivamente preoccupati dall’interruzione delle forniture. In particolare, Piotr Naimski, ex Segretario di Stato polacco, ha dichiarato: “Siamo preparati […] Abbiamo la capacità di portare abbastanza gas in Polonia […] Possiamo rimanere calmi”.“ Naimski, plenipotenziario del governo per le infrastrutture energetiche strategiche dal 2011 al 2019, come riportato dal Washington Post, può essere considerato l’artefice della politica energetica polacca.

Infatti, per quanto la Polonia importi ancora circa la metà del proprio gas dalla Russia – poiché più facilmente accessibile ed economico – esso conta ora per meno del 10% del mix energetico di Varsavia, composto primariamente da energia prodotta a carbone. 

La strategia polacca attraverso il Trimarium

La Polonia in questo senso può essere considerata un esempio di lungimiranza (intesa in risposta alle politiche del Cremlino) poiché, memore della propria storia e decisa a rendersi il più possibile indipendente dalla Russia – a livello energetico ed economico, ma soprattutto politico – ha intrapreso un processo di diversificazione delle fonti. Prima di tutto, aumentando l’import di GNL dagli Stati Uniti e la costruzione del rigassificatore di Świnoujście, presso Stettino. In secondo luogo, opponendosi alla transizione energetica in corso, mantenendo piuttosto stabile l’estrazione e il consumo di carbone. Infine, consolidando i rapporti con gli altri paesi della regione, tramite la Three Seas Initiative. Il progetto, noto con il nome di Trimarium, riprende la classica strategia polacca di creare un cuscinetto tra Germania e Russia, per evitare di essere schiacciata tra le due potenze. Storicamente, il Commonwealth polacco-lituano nel XVIII secolo arrivò a lambire le coste del Mar Nero, ma fu ripetutamente sconfitto proprio da russi e tedeschi, finché la Polonia non sparì dalle mappe geografiche, spartita tra gli imperi centrali. Con la fine della Grande Guerra e la nascita della Repubblica di Polonia, il controverso leader Jozef Piłsudski portò avanti il progetto dell’Intermarium – “Tra i mari” – una confederazione di stati tra Mar Baltico e Mar Nero. Ma la sua morte prematura e l’ascesa del regime nazista mandarono in fumo le aspirazioni polacche.

Nella sua versione moderna, il progetto del Trimarium prende la forma della Three Seas Initiative, nata nel 2015 su iniziativa di Polonia e Croazia per incentivare una più stretta collaborazione tra i membri dell’UE racchiusi tra Mar Baltico, Mar Nero e Mar Adriatico – da cui il nome Three Seas – e rafforzare l’interconnessione nel campo dell’energia, delle infrastrutture e del digitale, in modo da sopperire al forte divario che divide Europa occidentale e centro-orientale. L’iniziativa fu fortemente sostenuta dagli Stati Uniti, soprattutto durante l’amministrazione Trump, poiché in linea con la creazione di un fronte est della NATO compatto e risoluto nei confronti dell’assertività russa. Infatti, prima di essere parte dell’Unione Europea, i 12 Stati  che formano il Trimarium – con l’eccezione dell’Austria – sono diventati membri dell’Alleanza Atlantica. Nella maggior parte dei casi, l’adesione al progetto comunitario è soltanto un corollario della loro strategia geopolitica, volta verso gli Stati Uniti per contrastare la presunta assertività russa. Tra l’altro, attraverso questa iniziativa, la Polonia persegue il proposito statunitense di sganciare l’Europa dalle forniture russe e nel frattempo di divenire esportatore netto di gas, aumentando l’export di GNL verso l’Europa.

In questo quadro si inseriscono due progetti volti a diversificare gli approvvigionamenti polacchi: la Baltic Pipe, che porterà gas norvegese in Polonia attraverso la Danimarca e i cui lavori sono da poco ripresi e il Gas Interconnection between Poland and Lithuania (GIPL), che permette il flusso reciproco di GNL tra i due paesi baltici, inaugurato proprio il primo maggio scorso.

Se nel medio-lungo periodo la Polonia dovrà adeguarsi alle politiche europee di transizione energetica ed ecologia, abbandonando il carbone come fonte di energia, nel breve periodo ha centrato l’obiettivo: diminuire la dipendenza dal gas russo, diluendo in questo modo il potere di ricatto che il quasi-monopolio delle forniture di gas verso i propri vicini occidentali dà al Cremlino.

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