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La Politica europea di vicinato nella crisi libica : limiti e riforme

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La Politica europea di vicinato, elaborata nel 2004 con lo scopo di promuovere il progresso economico, la stabilità ed il rispetto dei valori democratici nei paesi limitrofi all’Unione europea, ha mostrato la sua debolezza nell’affrontare i recenti sconvolgimenti politici che hanno attraversato i paesi partner dell’area orientale ed euro-mediterranea.

A seguito della caduta del regime del Rais Mu’ammar Gheddafi nel 2011, la PEV e l’Unione per il Mediterraneo hanno perso l’occasione di costituire i canali privilegiati di intervento politico e diplomatico per la risoluzione della crisi libica. In quest’ottica è apparsa necessaria alle istituzioni europee una riforma della PEV che permettesse di migliorare il coordinamento tra gli Stati membri, di rafforzarne la dimensione politica e di allargarne il raggio d’azione agli attori regionali più influenti.

Il ruolo strategico della Politica europea di vicinato

Nel 2004, alla vigilia dell’ingresso nell’Unione europea di dieci nuovi Stati membri, venne avviata la Politica europea di vicinato (European Neighbourhood Policy) che aveva come scopo principale l’apertura di un dialogo economico e politico con i paesi limitrofi ai rinnovati mutati confini comunitari. La PEV si configura come una politica bilaterale che opera attraverso piani d’azione concordati tra l’UE ed ogni Stato partecipante per difenderne la stabilità mediante lo sviluppo di società democratiche ed inclusive e l’integrazione economica con la partecipazione ai programmi comunitari. Tra i sedici stati facenti parte della PEV vi è anche la Libia alla quale è stato riconosciuto dall’UE un ruolo strategico nella gestione del fenomeno delle migrazioni irregolari. La PEV è stata integrata inoltre da due iniziative di cooperazione regionale : il Partenariato orientale e l’Unione per il Mediterraneo. Quest’ultima, fortemente voluta dalla Francia, ha preso avvio al vertice di Parigi del 2008 come continuazione del partenariato euro-mediterraneo, ispirandosi ai principi e agli obiettivi della Dichiarazione di Barcellona del 1995. All’indomani dello scoppio delle rivoluzioni arabe nei paesi facenti parte della PEV tra il 2010 e il 2011 e della crisi ucraina, l’Unione Europea ha preso coscienza del fallimento del proprio programma di stabilizzazione economica e politica dell’area euro-mediterranea e ha ritenuto necessaria una sua riforma. I rinnovati obiettivi della PEV sono dunque stati incentrati significativamente sulla promozione di democrazie solide e sostenibili attraverso libere elezioni, lotta alla corruzione e controllo democratico sulle forze armate; è stato inoltre stabilito il principio del more for more : maggiori aiuti nei paesi in cui si riscontri un maggiore impegno.

Gli insuccessi della PEV nella crisi libica : una riforma necessaria

La debolezza della politica estera comunitaria è emersa chiaramente nella gestione della crisi libica. Con la caduta del regime di Gheddafi a seguito dell’intervento militare a guida NATO, lo scenario che allora si prospettava per la Libia era particolarmente incerto : la pluralità di fazioni e di clan che era stata tenuta insieme dal Rais attraverso la distribuzione delle rendite delle risorse petrolifere e dell’impiego di un consistente numero di dipendenti pubblici nell’amministrazione statale, era entrata in lotta. A complicare il quadro libico, già frammentato, è stato poi l’intervento degli attori regionali. Con la Camera dei rappresentanti, eletta nel giugno del 2014 e trasferitasi nella città di Tobruk, riconosciuta dalla comunità internazionale, si è schierato il generale Haftar presentatosi come strenuo difensore dello stato da ogni forma di terrorismo islamico, identificato non solo nei jihadisti dell’ISIS ma anche negli oppositori di Tripoli. Haftar ha trovato appoggio nell’Egitto di al-Sisi, nell’Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti. Il Congresso nazionale generale, espressione delle elezioni del 2012, con sede a Tripoli e con cui si sono schierate le milizie di Misurata e Alba libica, ha invece trovato fedeli alleati nella Turchia e nel Qatar, schierati con la Fratellanza musulmana.

In questo contesto instabile, nelle politiche condotte dagli stati membri dell’Unione Europea è prevalsa un’ottica di interesse nazionale che ha ostacolato l’elaborazione di una strategia comune ed efficace. Il collasso di uno stato come la Libia, ricco di risorse energetiche, e la presenza sul suo territorio dell’ISIS, ha comportato una grave minaccia alla sicurezza degli stati comunitari a cui le istituzioni europee hanno dovuto far fronte senza disporre di strumenti adeguati. Le sfide che la Libia si trova ad affrontare nella lotta al terrorismo di matrice islamica e nella gestione dell’afflusso dei migranti e richiedenti asilo sono le stesse con cui si scontra oggi l’Unione Europea e che possono essere risolte solo attraverso un approccio politico olistico che si ponga come obiettivo principale la risoluzione della crisi istituzionale del paese in una prospettiva di lungo periodo. In questo senso è stato dato l’appoggio al governo di unità nazionale presieduto da al-Sarraj.

Nel marzo del 2015 la Commissione europea e il Servizio europeo per l’azione esterna hanno avviato una consultazione per una nuova revisione della PEV improntata sulla ridefinizione del concetto di vicinato, ovvero allargando il raggio d’azione strategico dai soli paesi confinanti agli attori statali che giocano un ruolo fondamentale negli equilibri regionali, come avvenuto nel caso libico, sulla riforma degli strumenti per renderli flessibili e capaci di adattarsi ai mutamenti in atto e alle esigenze dei paesi partner, sul rafforzamento del coordinamento tra la PEV e la Strategia europea di sicurezza e sul sostegno e l’inclusione della società civile nel dialogo politico.

La nuova riforma presentata dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, e dal Commissario per la politica di vicinato e i negoziati per l’allargamento, Johannes Hahn, ha confermato un orientamento più pragmatico e flessibile della PEV. L’esito della riforma e la capacità dell’UE di agire come un attore unitario saranno dunque determinanti per il futuro della PEV e della politica estera comunitaria nell’area euro-mediterranea.

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