La “tradizione”, secondo Francesco, si divide in due ordini. Lo ha comunicato a Cipro. Uno è maiuscolo, è la Tradizione vera alla quale ispirarsi, l’altro è minuscolo e rappresenta l’incidente storico della differenziazione, della scissione, della αἵρεσις (ovvero l’eresia in senso etimologico), della scelta di una verità personale non coincidente con quella riconosciuta dalla Chiesa.
E’ evidente come il cammino verso l’unità sia consustanziale ad una Chiesa che si definisce “cattolica” (cioè universale), e tuttavia la posizione di Francesco è molto netta ed aggiunge un qualcosa di nuovo, leggibile in modo specifico nella contemporaneità, anche politica: arrivato in Grecia, nel suo intervento presso la Presidenza della Repubblica il 4 dicembre, invita a “partecipare” anziché a “parteggiare”. Si tratta di un invito a non appartenere a partigianerie e piuttosto a collaborare concretamente. Un invito ad abbandonare un po’ di αἵρεσις (scelta personale e critica) per aderire al flusso del bene comune. Ne ha bisogno “la comunità internazionale” che non deve essere ostacolata “da eccessive pretese nazionaliste”. Un invito dunque al singolo, inteso tanto come persona fisica quanto come persona politica, collettiva, lo Stato insomma.
Per Francesco la via maestra è quella del multilateralismo, lo dice apertamente. Anche in questo, ricalca molto la politica di Biden. Menziona apertamente l’Accordo di Prespa, che loda ( e che era stato blindato proprio da Biden con un Ordine Esecutivo dell’8 giugno scorso), e passa poi al Mediterraneo ed all’olivo che potrebbe “esserne simbolo”. L’olivo lo porta a parlare del cambiamento climatico. E’ un peccato vederne tanti devastati “dal cambiamento climatico”. Cita Francesco il ramo d’olivo portato a Noè dopo il diluvio: è una ripartenza, un ordine nuovo che, come quello di Noè, deve essere non particolare ma universale, mondiale. Come la ripartenza dopo la tragedia del diluvio deve ripartire un mondo nuovo a seguito delle tragedie attuali, quelle già in essere e quelle che verranno, sanitarie ed ambientali. Le proprietà e la simbologia dell’olivo, già sacro a Minerva, sono note. Francesco poi bacchetta rigorosamente gli ipocriti citando Omero: “Per me odioso, come le porte dell’Ade, è l’uomo che occulta una cosa nel suo seno e ne dice un’altra”. Seguono riferimenti ai contrasti ideologici in Europa (citata ulteriormente), lacerata da confronti nazionalistici, ed alla Grecia come “memoria d’Europa”.
Qui un indiretto riferimento alla Turchia, nel dichiararsi lieto di visitare il Paese nel bicentenario della sua indipendenza. Un riferimento concreto alla Turchia è fatto invece (potevamo attendercelo) da Ieronymos II, arcivescovo ortodosso di Atene. A parte un riferimento alla vittoria della fede sugli Ottomani in occasione dell’indipendenza, alla quale (come è ovvio e doveroso) Francesco non replica, questi si trova perfettamente concorde col Pontefice tanto in funzione del discorso della unità d’intenti da ricercarsi a livello mondiale quanto delle problematicità della crisi ecologica. La comunione di visione e di intenti fra i due Vescovi è notevole, viste le divergenze esistenti fra le due Chiese (pur oggetto di svariati tentativi di ricomposizione). Anche Ieronymos, dunque, vota per l’esistenza di due T (“Tradizione” e “tradizione”)? Non vi sono rimandi espliciti e diretti ma l’idea di (ri)costruire un’unità su una Tradizione è evidente. Francesco si è espresso in forma esplicita sulla necessità di considerare la “fraternità” nella fede come propria dell’intera cristianità e non del solo cattolicesimo – bisogna però specificare come la stessa cosa sia stata detta nei confronti dei Musulmani in diverse occasioni, ricevendo risposte di maggiore entusiasmo nel campo sunnita (si rimanda qui allo speciale di Geopolitica.info alla visita papale in Iraq), e come Francesco punti ad un’idea di “fraternità” in realtà universale -. Un altro passo verso un ecumenismo che la Chiesa non conosceva prima del Concilio.
Interessantissimo il rimando di Francesco a Paolo come colui che inaugurò, proprio in Grecia, la sintesi fra il primo cristianesimo e la cultura classica in quel “laboratorio per l’inculturazione della fede” che è stata la Grecia del primo secolo. La portata dell’affermazione è la vera chiave dei tempi che stiamo vivendo, la T che cercavamo, la gamba greca (Paolo) di quel discorso che (con Barnaba) aveva cominciato a Cipro.Francesco riporta l’episodio di Paolo portato all’Aeropago dai dotti del tempo e dei suoi tre atteggiamenti, facendo riferimento a quel processo di trasformazione del cristianesimo che avrebbe portato la primissima chiesa, petrina, una setta ebraica, alla religione universale di oggi: lo stesso “laboratorio” che cerca di ricostruire oggi Francesco? ⸂Ὃς ἔχει⸃ ὦτα ἀκούειν ἀκουέτω.